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Come è finita la storia di Emmanuel Chidi Nnamdi ucciso a Fermo da un neofascista

Aggiornamento del 18 ottobre 2016. Amedeo Mancini, il neofascista responsabile della morte di Emmanuel Chidi Nnamdi ucciso lo scorso luglio a Fermo, è tornato a casa il 12 ottobre e la tifoseria fermana gli ha dedicato l’ennesimo striscione di saluto e complicità: «E quindi uscimmo a riveder le stelle, bentornato fratello».

«E quindi uscimmo a riveder le stelle» è l’ultimo verso dell’Inferno di Dante (Inferno, XXXIV, 139), ma l’inferno di Mancini è la sua ideologia razzista e omicida con la quale non si rivedono né stelle né verità né altro.

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Negli episodi di violenza che si sono susseguiti quest’estate a Fermo fin da subito si è notata la gran sollecitudine dei poteri locali – poliziotti, politici, giornalisti, amministratori, benpensanti – nel deviare l’attenzione dall’evidente matrice neofascista e razzista di bombe e violenze. E nell’escludere che i diversi episodi fossero collegati da un unico filo nero che magari avrebbe potuto portare verso qualche esponente della buona borghesia locale.

Pare infatti che il neofascista Amedeo Mancini che ha ucciso Emmanuel con indosso la maglietta d’ordinanza di CasaPound, ricevesse soldi da alcuni negozianti del centro per allontanare profughi e migranti che chiedevano l’elemosina davanti ai loro esercizi. E così Mancini si sarebbe abituato a «tirare le noccioline ai negri», come ha dichiarato il fratello.

Ma ora la curva dei tifosi della Fermana non ha alcun problema a definire l’assassino «vittima» e persino «eroe»: «Non mollare perché… c’è una curva che lotta per te…».

E lo stesso sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, dichiara: «Non penso nulla di male contro Emmanuel, ma sicuramente la città si è schierata con Amedeo».  Un’opaca chiusura a difesa del proprio buon nome che rende ancora più terribile e inutile quella morte.  La moglie ha preferito andarsene dalle Marche. E il corpo di Emmanuel, che doveva rientrare in Nigeria, è ancora in Italia per motivi burocratici.

Ora si apprende che il neofascista, inseguendo Emmanuel che stava già allontanandosi, dapprima gli sferrò un calcio alla gamba sinistra procurandogli la rottura del tendine e poi lo colpì con un pugno sul volto facendolo cadere a terra.

E non c’è il dna di Emmanuel sul paletto che, secondo i «testimoni oculari», il nigeriano avrebbe usato per colpire Mancini. Invece sono le tracce di Mancini ad essere molto evidenti sul segnale stradale. Proprio come aveva detto la moglie, contro cui tanti giornali hanno promosso una campagna diffamatoria cercando di trasformare la vittima in aggressore…

Ma l’assassino ha comunque ottenuto gli arresti domiciliari fra un coro di «Amedeo è uno di noi» e «Amedeo ti voglio bene» orchestrato dal Blocco studentesco e da Fratelli d’Italia. E anche il Comune di Fermo, che a luglio aveva strombazzato di volersi costituire parte civile contro Mancini, ora assicura invece che non ne ha più alcuna intenzione: «non troverete l’amministrazione nell’aula giudiziaria a improvvisarsi ispettore Clouseau», ha dichiarato il sindaco Calcinaro con la sua consueta finezza.

Intanto a Camaiore, in provincia di Lucca, si fanno le prove della caccia allo straniero.

E Coop rosse & Comunione e Liberazione intascano 11 milioni di euro l’anno per sovrintendere a uno dei tanti ghetti di Stato per immigrati…

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