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Un briciolo di verità sulla strage di Brescia

Finora, tra le quattordici grandi stragi dell’Italia repubblicana, quella del 2 agosto 1980 era l’unica ad avere dei colpevoli riconosciuti. Non i mandanti, ma solo gli esecutori materiali.

Ieri, quarantun anni dopo i fatti, un tribunale ha condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte per la strage di piazza della Loggia a Brescia. Un neofascista al vertice di Ordine Nuovo e un informatore del S.I.D. (Servizio Informazioni Difesa), cioè dell’allora servizio segreto dello Stato.

Fra ripetuti tentativi di golpe e attentati neofascisti, il 28 maggio 1974 una bomba esplodeva a Brescia in piazza della Loggia. L’ordigno era stato nascosto dentro un cestino dei rifiuti, poco distante da una manifestazione antifascista indetta dai sindacati. L’esplosione uccise otto persone e ne ferì centodue.

Ci sono voluti quindici processi, cinque istruttorie, svariati depistaggi e ben quarantun anni perché un tribunale dello Stato ammettesse una verità scomoda: che, dalla strage di piazza Fontana del 1969 a quella di Bologna del 1980, l’Italia ha sperimentato dolorosamente una lunga «strategia delle stragi» condotta da uomini degli apparati più coperti dello Stato e da neofascisti da essi personalmente organizzati, indirizzati, finanziati e protetti.

Vero è che dei quattro imputati che erano stati vergognosamente assolti nell’aprile del 2012 – Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Delfo Zorzi e il generale dei carabinieri Francesco Delfino – solo due sono tornati ora a processo. Nel febbraio del 2014 la Corte di Cassazione ha infatti confermato definitivamente le assoluzioni di Delfo Zorzi e del generale Delfino per la strage di Brescia.

Stessa trafila per la strage di Piazza Fontana. Nel 1986 andavano assolti per insufficienza di prove i neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura. Nel 2004 un tribunale assolveva in via definitiva anche Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Oggi sappiamo tante cose di quella strage. Sappiamo che quelli erano i nomi degli assassini. Ma nell’ipocrisia del linguaggio giornalistico resterà sempre una «strage senza colpevoli».

Non saranno i tribunali e i media a difendere la verità. Non è certo lo Stato che può difenderci dalla violenza neofascista. Ora e sempre resistenza!

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