Oggi le ragioni dell’internazionalismo e della rivolta sono più forti che mai. Perché neocapitalismo e sovranismo portano ovunque le medesime cose: devastazione ambientale, sfruttamento, razzismo, fascismo e violenze poliziesche…
PAPUA OCCIDENTALE COME TIMOR EST?
di Gianni Sartori
La Nuova Guinea occidentale (divisa in due province: Papua e Papua occidentale, autonoma) si estende sulla porzione ovest dell’isola Nuova Guinea. Dopo anni di relativa “convivenza pacifica” con il governo centrale, negli ultimi tempi cresce la tensione, si riaccendono focolai mai del tutto spenti di contestazione. Alimentati soprattutto dai comportamenti discriminatori delle forze dell’ordine nei confronti della popolazione (anche di quella “emigrata” in altre isole indonesiane).
A Manokwari, il 19 agosto, migliaia di persone hanno voluto esprimere vigorosamente la loro protesta contro gli arresti di decine di giovani indipendentisti avvenuti nei giorni precedenti. E non sono mancati, per le strade della capitale della provincia di Papua occidentale (sotto amministrazione-occupazione indonesiana) disordini e azioni dirette: negozi e auto incendiati, segnali stradali divelti, lanci di pietre contro la polizia…
Quasi una sollevazione che ha avuto il suo culmine nell’incendio del Parlamento regionale e di un carcere (da cui sarebbero fuggiti, cogliendo l’occasione, non meno di 250 detenuti ora freneticamente ricercati). Dopo tali avvenimenti nella provincia ribelle sono stati inviati nuovi contingenti di polizia.
Il 17 agosto (data dell’indipendenza dell’Indonesia), una cinquantina di studenti papuani “fuori sede” erano stati arrestati a Surabaya (isola di Giava) per aver distrutto una bandiera indonesiana (o, secondo un’altra versione, averla gettata in una fogna). Episodio di cui declinavano ogni responsabilità.
Ma la polizia interveniva ugualmente con cariche e lanci di lacrimogeni per costringere gli studenti a uscire dai loro alloggi. Stando alle dichiarazioni ufficiali, la maggior parte dei giovani (ma forse non i presunti distruttori della bandiera) sarebbero stati rilasciati dopo gli interrogatori nei commissariati.
Già due giorni prima, il 15 agosto, centinaia di militanti indipendentisti della Papua occidentale e loro sostenitori indonesiani avevano manifestato in varie città per l’anniversario dell’accordo di New-York (sottoscritto negli USA) con cui – nel 1962 – la sovranità della regione passava dai Paesi Bassi all’Indonesia.
Nella città di Amboine (Maluku, Isole Molucche) una dozzina di studenti venivano picchiati e arrestati dopo che la manifestazione era già stata dispersa dall’intervento della polizia. A Ternate (Maluku) la protesta era stata organizzata dal KMP (Movimento studentesco di Papua) e dal FRI-WP (Fronte dei popoli indonesiani per la Papua occidentale). Anche in questo caso la manifestazione è stata immediatamente attaccata e dispersa. Almeno 15 militanti venivano picchiati, arrestati e portati al commissariato. Altra aggressione a Malang (Giava) contro gruppi di studenti che manifestavano. In questo caso ad agire sarebbero stati miliziani nazionalisti indonesiani (o forse paramilitari) in abiti civili.
Inevitabile pensare ai gruppi analoghi (mercenari, collaborazionisti, vigilantes…) che agivano contro gli indipendentisti di Timor Est nel secolo scorso.
Qui, a Malang, si contavano 24 feriti, cinque dei quali in maniera grave.
Altra manifestazione a Giacarta dove la gente si è radunata prima davanti all’ambasciata statunitense e poi al “palazzo dello Stato” cantando l’inno dell’Organizzazione per una Papua libera. Tra le loro richieste, la fine dello sfruttamento e della deforestazione e l’indipendenza totale dall’Indonesia.
In totale i fermati dalla polizia sarebbero stati circa 150 e almeno 60 manifestanti – stando alle ultime informazioni reperibili – erano ancora detenuti dopo due-tre giorni.
Da qualche anno le forze di sicurezza di Giacarta (anche se ora la capitale verrà trasferita in Borneo) vengono spesso accusate di atti di estorsione e di razzismo nei confronti della popolazione di Papua e anche dell’assassinio di militanti indipendentisti, di sindacalisti e di esponenti ambientalisti. Sia per alcuni osservatori che per le autorità indonesiane gli avvenimenti di questi giorni evocano fatalmente lo “spettro” di una seconda Timor Est.
Gianni Sartori