Ogni sommovimento sociale suscita sempre tentativi di controrivoluzione fascistoide. Di recente lo abbiamo visto con la «Rivoluzione italiana» dei Forconi che ha suscitato il fallimentare tentativo di egemonia di Forza Nuova. Né diverso pare il caso dell’Ucraina dove si va sviluppando una rivolta di destra contro un regime reazionario.
Già le immagini dei giorni scorsi la dicono lunga. Qui una simil svastica sull’elmo. Qui una bella croce celtica sul casco. Qui uno scudo con celtica e il numero 1488 che è l’emblema del neonazismo suprematista bianco.
Si tratta di una situazione in evoluzione rapida e che potrebbe avere anche sviluppi impensati, ma in cui per ora l’estrema destra è riuscita ad affermarsi nelle piazze e a propagandare la propria ideologia ultranazionalista: sciovinismo antirusso, neonazismo, razzismo, antisemitismo, omofobia.
Ed è questa una lezione rilevante anche per noi: non si può lasciare il radicalismo violento alle destre, né si può lasciar loro la lotta contro la UE neoliberale, né si può giustificare alcuna forma, anche tenue, di rossobrunismo o di ibridismo ideologico. Come e cosa fare, resta un problema aperto.
Ecco sull’argomento un resoconto dell’ANSA:
Ucraina: c’è l’estrema destra sulle barricate a Kiev
Protagonisti degli scontri i nazionalisti di «Right Sector»
(ANSA) – KIEV, 22 GEN – A confrontarsi violentemente a Kiev con i ‘berkut’, le teste di cuoio ucraine, non sono – salvo alcune eccezioni – gli attivisti dell’opposizione che occupano pacificamente il Maidan da tre mesi, ma frange estremistiche riconducibili in gran parte a «Right sector», un gruppo poco noto di estrema destra.
Giovani, nazionalisti, spesso ultra di calcio, provenienti da varie regioni ucraine, ben equipaggiati per gli scontri, ostili alla Russia ma anche alla UE («oppressore delle nazioni europee»), abili nell’uso dei social network: sono loro gli «irriducibili» delle barricate, quelli che da quattro giorni stanno tenendo testa ai poliziotti in assetto antisommossa con pietre e molotov nella centralissima via Grushevski, tra lo stadio della Dinamo e i palazzi del potere, non lontano dal Maidan.
«Right sector» si è formato sin dai primi giorni delle proteste ma non ha né un quartier generale permanente né leader né tantomeno iscritti o gruppi formalmente affiliati. Il movimento include però diversi gruppi di estrema destra, da Tridente a Patriota dell’Ucraina, alcuni membri del quale sono stati condannati per aver distrutto una statua di Lenin. Patriota dell’Ucraina è peraltro in ottimi rapporti con Svoboda (Libertà), il partito ultranazionalista di Oleg Tiaghnibok (accusato di razzismo, antisemitismo e omofobia), quello dei tre dell’opposizione più incline agli scontri.
Gli estremisti delle barricate, tra i quali a volte non mancano neppure sedicenti anarchici con tanto di A sullo scudo, indossano generalmente maschere, elmetti e protezioni per mani e piedi, e usano bastoni o sbarre di ferro in caso di scontri con la polizia. Per comunicare con i loro sostenitori, «Right sector» usa il sito dell’organizzazione nazionalista Tridente, Facebook e Vkontakte, popolare rete sociale russa. Tutti i tre leader della protesta, compreso il campione di pugilato Vitali Klitschko, hanno criticato gli attacchi del movimento alla polizia e hanno definito i suoi attivisti come dei provocatori. Ma la presa di distanza non è servita finora ad impedire gli scontri: il rischio ora per l’opposizione è quello di perdere il controllo della piazza e di essere identificata con il radicalismo violento.
«Right sector» ha già fatto proclami di guerra, sostenendo che le recenti leggi anti protesta hanno «messo fine alle aspirazioni dell’Ucraina per una soluzione pacifica della crisi»: l’attuale situazione è un’opportunità per «distruggere lo scheletro statale» e costruire un nuovo Stato.