Sono bastati solo sei mesi per mostrare che cosa valesse la dichiarazione di CasaPound sulla fasciomafia romana. Scrivevano quegli ipocriti di CasaPound in un comunicato del 4 dicembre 2014:
«Ci fa piacere rilevare la totale estraneità del nostro movimento all’inchiesta, laddove praticamente ogni inchiesta giornalistica sulla malavita romana ha largheggiato in riferimenti a CasaPound totalmente campati in aria, dipingendo il nostro movimento con tonalità sordide e relegandolo sistematicamente in un sottobosco criminale che invece scopriamo essere abitato da ben altre e più illustri forze politiche. È bene inoltre ricordare che, pur non avendo avuto inizialmente intenzione di candidarci per le ultime comunali di Roma, siamo alla fine stati costretti a farlo proprio per marcare la differenza fra noi e la destra romana rappresentata da Alemanno, a cui continueremo a non dare tregua dal punto di vista politico, lasciando gli aspetti giudiziari alle autorità competenti. Allo stesso modo sono da respingere le analisi che, partendo da circoscritti fatti di cronaca, tendono a fare un processo culturale a tutta un’area politica e metapolitica che ha molto da insegnare in termini di onestà e approccio etico alla politica, laddove la cappa di affarismo che soffoca la capitale è invece assolutamente trasversale alle ideologie e alle appartenenze».
Già erano note cose come queste e queste. Ora si scopre che il faccendiere istituzionale che teneva i collegamenti bipartisan e costruiva consenso per l’affarismo faciomafioso era un esponente del PdL come Luca Gramazio, proprio l’amico di CasaPound, lo sdoganatore dei neofascisti dopo Piazza Navona, che prendeva mazzette su mazzette dal gruppo guidato dal neofascista Massimo Carminati.
Luca Gramazio era il politico amico dell’estremismo nero della Capitale e intratteneva rapporti in particolar modo con CasaPound. In un’intervista all’Unità del 2009 rivendicava di aver ottenuto il patrocinio del Comune per la prossima iniziativa di CasaPound: una serata sul piano regolatore con Gramazio tra gli ospiti. E in nome di CasaPound si preparava a dare battaglia con una delibera sulla casa che «garantisca l’italianità». E in questa intervista all’Espresso Gramazio parlava della sede da assegnare a Iannone e compagnia.
Ora s’intende meglio perché i «furbi del terzo millennio» si siano messi sotto le ali di Salvini…