“Giallo” (come scrivono i giornali) sulla croce celtica neofascista esposta in un ufficio al secondo piano di un commissariato di polizia in via Cadamosto a Milano, zona Porta Venezia. Il simbolo fascista è stato fotografato da un passante il pomeriggio del Primo maggio. La bandiera, appesa alla parete della sede della Digos (l’ufficio politico del commissariato), era ben visibile dalla strada attraverso la finestra centrale del secondo piano.
A una prima richiesta informale di spiegazioni da parte di alcuni abitanti della zona, il commissariato avrebbe risposto che si era trattato soltanto di “un atto goliardico”. Poi hanno dichiarato che si trattava di una bandiera che la Digos aveva sequestrato due giorni prima, assieme con una mazza con la scritta “Forza nuova”, ed era rimasta provvisoriamente “appesa” alla parete dell’ufficio. Infine il vicequestore ha dichiarato: “Quei simboli, come altri, sono totalmente estranei alla nostra ideologia” (ideologia!? le forze dell’ordine seguono una particolare ideologia?).
Non è forse inattendibile anche una terza spiegazione: che si tratti di una traccia minima di quella collaborazione fra “squadrismo legale e illegale” di cui già parlava Luigi Fabbri nel 1921 fra le pagine della Controrivoluzione preventiva. E che in Italia da oltre dieci anni fa morti e feriti: Bolzaneto, la Scuola Diaz, Carlo Giuliani, Marcello Lonzi, Federico Aldovrandi, Riccardo Rasman, Aldo Bianzino, Giuseppe Turrisi, Stefano Brunetti, Manuel Eliantonio, Stefano Frapporti, Francesco Mastrogiovanni, Stefano Cucchi…