Proprio le recenti, ampie contestazioni a Polverini e Moratti durante le manifestazioni del 25 aprile hanno messo in luce il divario tra due linee dell’antifascismo:
− quella che ritiene che la “legalità” costituzionale possa essere un valido baluardo di resistenza contro la barbarie e si tratti quindi di non indebolirla con proteste troppo minoritarie o intempestive;
− quella secondo cui l’autoritarismo attuale ha la sua premessa storica nella mancata defascistizzazione dell’Italia, nell’amnistia di Togliatti e nel reintegro dei funzionari fascisti, nella soppressione del “diritto di resistenza” riconosciuto già nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 (nel 1947 i maggiori partiti politici cancellarono dalla bozza di Costituzione questo articolo: “Quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è un diritto e un dovere del cittadino”), e insomma nelle ombre lunghe del Fascismo sulla storia repubblicana.
Oggi, dinanzi a una nuova barbarie ogni giorno più aggressiva e violenta, è necessario ricomporre in una pluralità concorde o convergente tutte le molteplici esperienze militanti e culturali dell’antifascismo e delle pratiche di resistenza. Per questo risultano importanti i momenti di incontro e dibattito come il Festival sociale delle culture antifasciste che si terrà a Bologna dal 28 maggio al 6 giugno presso il parco Togliatti. Qui il calendario in aggiornamento del Festival. Questo l’articolo di presentazione uscito il 24 aprile sul Manifesto:
Bologna antifascista
Le nuove resistenze si incontrano
di G. Marcante
Torna il Festival sociale delle culture antifasciste, per il secondo anno a Bologna ci sarà un luogo dove ragionare sul fascismo che è prima di tutto «una cultura, un modo di essere, di comportarsi, è la volontà di dominio sulle persone, la natura, il territorio, è l’arroganza, la negazione di ogni diritto, la repressione del dissenso, la negazione e il disprezzo per le diversità». Saranno dieci giorni che si annunciano pieni di convegni, tavoli tematici, seminari, presentazioni di libri, fumetti e video, spettacoli teatrali e concerti. Il primo festival che nel 2009 si è tenuto nel parco delle Caserme Rosse (che dopo l’8 settembre 1943 funzionò come campo di prigionia e smistamento verso la Germania) è stato un successo. La conferma che si può vincere la scommessa di costruire un’iniziativa completamente autogestita, un progetto “dal basso, aperto e partecipato” come si legge sul sito www.fest-antifa.net dove si possono trovare tutte le informazioni. L’appuntamento quest’anno raddoppia nella durata, dal 28 maggio al 6 giugno e si sposta nel parco Togliatti nella prima periferia della città. Ma il festival uscirà anche in città e per il 3 giugno è prevista un’intera giornata di iniziative in giro per Bologna, in via del Pratello ad esempio dove tutte le osterie si sono rese disponibili per organizzare iniziative.
Come l’anno scorso sono le reti cittadine e nazionali degli antifascisti con la collaborazione dell’Anpi stanno preparando le dieci giornate; rapporti in alcuni casi nati nella prima edizione e che si sono cementati in questi mesi. Al lavoro ci sono, oltre ai bolognesi, i siciliani, i milanesi le reti romane e quelle del basso Lazio, antifascisti di Fermo nelle Marche e tante altre realtà che si sono incontrate in questi mesi anche nei tavoli tematici. Sul sito è infatti possibile trovare gli indirizzi di posta elettronica di tutti i tavoli che si stanno organizzando. «L’evoluzione dello scenario istituzionale e politico è ancora più cupa dell’anno scorso – spiega Vittorio, uno degli organizzatori del nodo bolognese – durante la prima edizione abbiamo lavorato molto sul concetto della paura, per fare un esempio era in preparazione la legge che è poi diventata il pacchetto sicurezza. Adesso stiamo ragionando sul concetto di autoritarismo». Il festival promette molteplici scenari di riflessione tra i quali quello che sfocerà nel tavolo sulla crisi della democrazia: in Italia da Genova 2001 in poi si è assistito ad una perdita progressiva dei diritti. Sul concetto di autoritarismo, che secondo gli organizzatori non si esprime solo a destra ma anche a sinistra, si inseriscono a pieno titolo le diverse storie delle persone che sono morte mentre erano nelle caserme o nei commissariati italiani. Vicende che hanno iniziato ad occupare anche le pagine dei giornali con un protagonismo molto forte dei familiari che hanno chiesto verità e giustizia. A Bologna arriveranno quindi i parenti di queste che sono vittime di una violenza autenticamente autoritaria: dai genitori di Federico Aldrovandi alla sorella di Stefano Cucchi e altri. Sarà anche un’occasione per ragionare con esperienze territoriali come le associazioni che lavorano assieme e per i diritti degli immigrati a Rosarno o i movimenti No Ponte e No Tav. Si ragionerà anche di antisessismo, sicurezza sul lavoro, antiproibizionismo, di psichiatria e fascismo e l’assemblea che ha preparato lo sciopero dei migranti del primo di marzo terrà una riunione in queste giornate. Potrebbe dare l’idea di essere una grande vetrina di tutti i nodi resistenti che esistono in Italia e in un certo senso l’appuntamento bolognese lo sarà, ma il collante che tiene unito tutto quello che attraverserà il festival è la consapevolezza che vanno trovati altri e nuovi strumenti oltre la mobilitazione e che il neofascismo non si trova solo nelle manifestazioni più eclatanti o più scontate come quelle dei gruppi di estrema destra. Per questo ha un senso che venga presentata una tesi di una giovane studentessa che ha studiato la Lega Nord, i suoi attivisti e chi vota il Carroccio.
Nel 2009 venne scelta una frase di Pier Paolo Pasolini scritta nel 1962 come incipit dell’iniziativa: «L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo». Nel 2010 il ragionamento del grande intellettuale rimane più che mai valido e urgente ma alle sue parole sono state aggiunte quelle di Ennio Sardelli, il partigiano Foco: «Dimenticare significa perdere l’eredità di una lotta che è ancora inconclusa. Non dimenticare obbliga a comprendere, a smascherare, a continuare quella lotta. Per combattere questo nuovo fascismo non ci saranno i vostri nonni, o i padri dei vostri nonni. Affrontarlo toccherà a voi».
Gli organizzatori continuano a pensare che sia fondamentale agire sul livello dell’immaginario e delle percezioni che tanto condizionano il cittadino che poi vota; per questo le giornate bolognesi saranno anche una chiamata a raccolta di tante produzioni culturali che hanno l’antifascismo tra i loro presupposti. Ci saranno meno nomi noti rispetto all’anno scorso (ma il concerto degli Avvoltoi vale la pena di essere visto) e più produzioni autenticamente dal basso e funzionerà il mediacenter. E sarà l’occasione per fare il punto sullo stato di salute delle reti antifasciste nei vari territori che si riuniranno e incontreranno a Bologna.