Segnaliamo questo articolo di Stefano Bartolini su fascismo e neofascismo che offre alcuni validi strumenti di analisi e una prospettiva storica sul fenomeno neofascista.
I “nipoti del Duce” tra eredità, novità, persistenze e sviluppi all’alba del nuovo secolo
di Stefano Bartolini
(da “Quaderni di Farestoria” dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Pistoia, Anno X, 2009, n° 3)
La spinta a scrivere questo articolo è giunta dalla constatazione del ripetersi, quando si parla di neofascismo, di certi schemi di lettura che mostrano da anni la corda, ma tuttavia persistenti, anche a causa della quasi totale mancanza di tentativi volti ad aggiornare l’armamentario concettuale ed analitico della cultura antifascista. Una cultura farraginosa, timida di fronte ai necessari adeguamenti, spaventata di cadere nell’accusa di “revisionismo”, pur avendo ben presente che l’analisi storica è per sua natura revisionista, che è cosa ben lontana dalla “riabilitazione” o dal “negazionismo” che si cela sotto a quello che erroneamente il linguaggio mediatico ha definito per l’appunto “revisionismo”. Soprattutto incapace di cogliere la storicità, gli sviluppi e le fasi che hanno attraversato la storia del fascismo dopo il fascismo, anzi a volte ancora tutta tesa a descriverlo come un monolite senza tempo, passibile di essere letto sempre nella stessa maniera, suscettibile all’applicazione dei canoni e giudizi classici usati per il cosiddetto “fascismo storico”, come se si trattasse solo di una sua semplice ripetizione, al massimo un remake di cattivo gusto, con la sostanziale differenza della questione non proprio secondaria riguardante il potere. Senza per questo fare i conti con il fatto che lo stesso “fascismo storico” ha attraversato le sue diverse fasi, mentre oggi il dibattito sui suoi diversi aspetti non solo è più aperto che mai ma è sottoposto a rivalutazioni perniciose e segna il passo ormai da decenni un sostanziale scollamento fra gli orientamenti della ricerca storiografica e una produzione divulgativo-giornalistica orientata in tutt’altra direzione.
Chi scrive ha avuto modo negli ultimi mesi, partecipando a vari ed interessanti incontri organizzati dall’Osservatorio sulle Nuove Destre di Pistoia, di misurare personalmente quanto sia radicata questa forma mentis nella cultura diffusa, comune, dell’antifascismo nella società italiana di oggi. Eppure la storia del neofascismo supera ormai per più del doppio l’arco di tempo del “fascismo storico”. Ciononostante per buona parte degli antifascisti i riferimenti vanno sempre a quanto elaborato dai contemporanei del fascismo storico, a sinistra addirittura sono spesso quelli della Terza Internazionale che definì il fascismo né più né meno che una guardia armata del capitalismo. C’è una riottosità ad adeguarsi, a scendere nell’attualità con alle spalle una lettura dei mutamenti intervenuti nel campo avverso in grado di fornire gli strumenti atti a contrastarlo. Quando si parla di neofascismo ci si limita sempre e solo a parlare della necessità della memoria, senza poi articolare un discorso su come quella memoria può essere applicata a movimenti e partiti sorti “dopo”, alle politiche che sviluppano nel presente, si sprecano denunce morali, si richiama la strategia della tensione, gli anni del terrorismo nero ecc.. Momenti importanti e di una gravità assoluta, certo, ma che decontestualizzati e isolati servono a poco, se si recide il loro legame con le vicende storiche della destra neofascista si perde il filo conduttore del discorso e non possono dunque dare ragione della persistenza e vitalità del fenomeno. Leggi tutto su Anpi Pianoro.