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Amnesie dell’Unità sul post-fascista Mirko Tremaglia

Può sorprendere che «l’Unità» dia l’annuncio della scomparsa dell’ultraottantenne Mirko Tremaglia ripulendo interamente la notizia da qualsiasi riferimento alla sua coerente, inossidabile militanza nazifascista e poi neofascista: dapprima ufficiale della RSI al fianco dei nazisti, poi politico dell’MSI e stretto collaboratore di Giorgio Almirante, infine parlamentare di lungo corso in AN e nel PdL…

Nel 1990 Mirko Tremaglia, ancora dirigente dell’MSI, dava inizio alla manipolazione revisionista e strumentale della storia della Resistenza con interpellanze parlamentari fondate sul nulla, ma supportate dai giornali e da una pubblicistica in cerca di «novità» purchessia da proporre a una borghesia annoiata e avida.

Sempre pronto a minimizzare il razzismo e l’antisemitismo fascista, più volte Tremaglia disconobbe la collaborazione della Repubblica di Salò nello sterminio ebraico: «Mi auguro che non si debba addebitare a noi persino l’infamia dell’Olocausto», dichiarava come ministro ed ex repubblichino («Secolo d’Italia», 17 settembre 2002).

Fino all’ultimo ha negato la verità storica e difeso l’indifendibile: «I ragazzi di Salò hanno rappresentato una parte viva e eccezionale della gioventù italiana», sosteneva in un’intervista al «Giornale» del 23 settembre 2008.

Parlamentare di una «Repubblica nata dalla Resistenza», sempre nel 2008 dichiarava: «No, l’antifascismo non è un valore. Bisogna pensare al clima in cui è nato l’antifascismo, un contesto di contrapposizione e di odio tra italiani. Da quell’odio non può nascere qualcosa che rappresenti un valore».

Un altro esempio dello strumentale, ipocrita bifrontismo neofascista. Un po’ come il fascio-console Mario Vattani, che si è recato ad Auschwitz in doppio petto al seguito del sindaco Alemanno, ma sotto i vestiti porta tatuati simboli nazifascisti…

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