Proprio quando alla «macelleria messicana» del G8 di Genova nel 2001 segue oggi una più vasta e destabilizzante «macelleria sociale», pare che sia venuta «l’ora delle scuse» dello Stato. Si scusa il capo della polizia per le torture della Diaz e di Bolzaneto. Si scusa per l’assassinio di Aldrovandi.
Ma il registro non cambia. Ecco un rifugiato politico picchiato da agenti in borghese che si rifiutano di identificarsi. Oppure un manuale dei carabinieri secondo cui l’omosessualità è una «degenerazione sessuale».
Abituati dopo il 2001 alla piena impunità in nome di una presunta «sicurezza», negli ultimi undici anni tanti agenti delle cosiddette forze dell’ordine hanno compiuto soprusi, violenze, pestaggi, stupri, torture. Una Bolzaneto diffusa.
E non cambia l’uso fantasioso e vendicativo delle leggi contro i movimenti di liberazione sociale.
Venerdì 13 luglio, dalle 10.30, si terrà in piazza Nettuno un presidio promosso dal nodo bolognese della campagna “10×100” in solidarietà ai manifestanti sotto processo per il G8 di Genova.
G8Genova 2001 non è finita!
Dieci, nessun@, trecentomila
VENERDÌ 13 LUGLIO 2012
ALLE 10.30 PRESIDIO AL NETTUNO – PIAZZA MAGGIORE
IN SOLIDARIETÀ AI 10 MANIFESTANTI PROCESSATI PER IL G8 DI GENOVA
Son passati ormai 11 anni dal G8 di Genova nel 2001.
Il 20 e il 21 luglio c’erano in strada 300.000 persone: tante si sono trovate a reagire alle violenze della polizia, altre hanno attaccato simboli del capitalismo, qualcuno portò la protesta anche sotto al carcere di Marassi. Migliaia furono le persone picchiate per le strade, centinaia furono le persone fermate e arrestate. E l’organizzazione repressiva andò ben oltre lo scontro di piazza, portando la violenza anche dentro la caserma di Bolzaneto nella quale centinaia di persone furono costrette a subire torture e umiliazioni e nella scuola Diaz Pertini dove manifestanti dormienti subirono una violenta spedizione punitiva delle forze dell’ordine giustificata da false prove (due molotov portate sul luogo del blitz dall’ufficiale di polizia Luperi).
Tra tutti i manifestanti di quei giorni, 10 sono le persone che saranno giudicate il 13 luglio dalla Cassazione e rischiano, in totale, 100 anni di carcere. La pesante accusa mossa contro di loro è di Devastazione e Saccheggio. Si tratta di un articolo del Codice Rocco, che risale al periodo fascista e non è mai stato abrogato dallo Stato italiano. Praticamente non è stato mai utilizzato fino ad ora e si distingue per la pesantezza delle pene che prevede, addirittura più alte che per l’omicidio; si tenga conto che in questo caso stiamo parlando di danni a cose e non a persone! Il suo scopo è fondamentalmente quello di dissuadere ogni forma di protesta considerata non pacifica (dal potere) e far sì che le persone si abituino a subire in silenzio. Negli anni abbiamo assistito ad una diminuzione costante dei diritti e all’affievolirsi sempre maggiore delle proteste.
Questa sentenza, se confermasse le accuse di devastazione e saccheggio, diventerebbe un pesantissimo precedente di repressione da parte dello stato per tutti i movimenti di lotta e le situazioni di conflitto sociale.
Il 5 luglio è terminato il processo di Cassazione per i pestaggi compiuti dalla polizia dentro la scuola Diaz con 28 condanne, quasi tutte prescritte, e l’interdizione dal pubblico servizio di alcuni dirigenti, ma solo per 5 anni. Questa sentenza, scalfisce solo leggermente l’impunità generalizzata delle condotte di polizia-carabinieri-finanzieri (almeno sul piano simbolico), ma parlare di giustizia è altra cosa: niente potrà mai compensare le aggressioni violente, i punti di sutura, le torture, l’omicidio di Carlo Giuliani, le ripercussioni fisiche e psicologiche per chi ha subito “la più grave sospensione del diritto in un paese europeo dal dopoguerra”.
In nessun caso la sentenza di condanna dei 28 poliziotti della Diaz deve lasciar pensare che “giustizia è fatta”, come moneta di scambio per giustificare così l’allucinante accusa di Devastazione e Saccheggio montata contro 10 persone. Proprio al contrario è evidente l’attuazione di un differente trattamento tra manifestanti e forze dell’ordine, dove vige il principio e la pratica dei “due pesi, due misure”. Lo stato nei fatti si autoassolve poiché non c’è un nome dietro l’assassinio di Carlo Giuliani e dei mattatori della Diaz e cerca una rivalsa esemplare su 10 manifestanti assurti a capro espiatorio.
Ricordiamo inoltre che il 6 luglio si è aperto anche il processo per gli scontri avvenuti in Val Susa l’anno scorso, attaccando un intero movimento che da anni si oppone alla devastazione del territorio. Così come la giustizia scoraggia l’organizzazione di manifestazioni di piazza, cerca anche di indebolire le lotte sociali dal basso.
Campagna 10×100.it Bologna