Gli atti di squadrismo xenofobo a Treviso e a Roma non sono certamente un fenomeno nuovo, ma l’esito di anni e anni di istigazione all’odio da parte di integralisti cattolici, neofascisti e leghisti.
Da anni le Questure autorizzano, presidiano, difendono tutte le manifestazioni delle destre anche quando incitano alla violenza razzista o quando sono palesemente diffamatorie.
Da anni i media di regime conducono una campagna sistematica di spoliticizzazione degli atti di squadrismo e razzismo.
Ora, giustamente, Christian Raimo si chiede sull’«Internazionale»: «Perché non si usano le categorie del fascismo e dell’antifascismo?». Così scrive fra l’altro Raimo:
I mezzi di informazione hanno parlato di «esasperazione», di «guerra tra poveri», di «comitati spontanei di cittadini», di «rabbia». I politici hanno commentato con le dichiarazioni prevedibili. Matteo Salvini ha detto: «Accoglieteli in prefettura o a casa vostra, se proprio li volete»; il responsabile sicurezza del Partito democratico, Emanuele Fiano: «Il governo e la maggioranza sono impegnati con l’Europa e con le proprie forze per accogliere chi richiede asilo in Italia fuggendo da paesi dove è sottoposto a persecuzioni o a rischio di morte ed è contemporaneamente al lavoro per rimpatriare chi si trova in condizione di clandestinità». Basta dare un’occhiata ai filmati per vedere i manifestanti che urlano insulti o che alzano il braccio destro per fare il saluto romano e capire una cosa semplice: questi sono stati due episodi di fascismo e squadrismo.
Se i media non usano le categorie del fascismo e dell’antifascismo, è perché gran parte dell’informazione fiancheggia la propaganda razzista, magari da posizioni «moderate» di perbenismo democratico.
E ciò si vede anche dal convergere di tutta la politica italica su posizioni più o meno apertamente razziste, secondo una gamma di sfumature che va dal nero di Forza Nuova e CasaPound al grigio scuro del PD. Per i ceti dirigenti l’ideale è infatti il migrante «sfrutta e getta». Persone che, vessate e sfruttate, devono essere quanto meno fuori dal campo visivo. È un aspetto sottolineato da un’analisi di ∫connessioni precarie:
Il problema non è la repressione dei fascisti di CasaPound, che pure sarebbe uno spettacolo nuovo e avvincente. Su questo piano, semmai, ciò che spicca è l’evidente disparità di trattamento garantita dalle forze dell’ordine. Il problema è l’incapacità politica del governo e del Partito Democratico di articolare un discorso sulle migrazioni e sulla presenza di profughi e migranti in Europa. In realtà un discorso lo fanno, ma è lo stesso di Salvini. La differenza è solo una questione di misura. L’unico discorso pubblico del governo e dei suoi sostenitori è che, se l’Europa facesse «il suo dovere», ce ne sarebbero di meno. E allora sarebbe più facile non notarli. Il problema del governo è come tenere nascosti i migranti, mentre fascisti e leghisti fanno quelli che li cercano e li trovano. Migranti e profughi sono in ogni caso una presenza indecente.
Per la circostanza si sveglia anche «La Repubblica», senza però scomodare le categorie del fascismo e dell’antifascismo. Si tratta anzi di un giornale che, in questi anni, non ha mai perso occasione di minimizzare lo squadrismo neofascista e di screditare l’antifascismo. In un suo articolo, ora Carlo Bonini suggerisce che vi sia ben poco di spontaneo o di «patriottico» nelle recenti proteste xenofobe:
C’è di più. Nelle retrovie della campagna di odio di CasaPound e di Salvini, protetti dalla maschera posticcia dei «Comitati di quartiere» e la loro «lotta agli immigrati», si muovono, almeno fino a quando sono stati in grado di farlo, tre figure chiave della destra «politica» romana che dicono molto del doppio fondo della «rivolta». Gianni Alemanno, Luca Gramazio, Giordano Tredicine (per dirne una, partecipano nel novembre scorso alla «marcia delle Periferie sul Campidoglio»). Colpiti tutti e tre dall’inchiesta «Mafia Capitale», lavorano – per quanto ha sin qui documentato la Procura di Roma – per l’associazione mafiosa di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati il cui core business, guarda un po’, è proprio l’accoglienza dei migranti. In piazza, crocefiggono la nuova giunta Marino per le politiche e i costi dell’accoglienza e soffiano sulla rivolta identitaria che, di fatto, costringe il governo e il prefetto della città a un’affannosa e costosissima rincorsa a nuove sistemazioni per i migranti. In privato, si fanno strumento del cartello (La 29 giugno di Buzzi e la Cascina) che ha il monopolio della gestione dei centri di accoglienza e dunque tratta in posizione di forza tariffe e quote.
Già, gli affari. Affari perduti per la destra romana, affari che rendevano «più della droga». Perché per diffondere odio ci vogliono soldi. Perché il neofascismo non è un fenomeno spontaneo, ma un prodotto di laboratorio, una velenosa pianta di serra che ha bisogno di cure e finanziamenti continui per far fiori e frutti.
Per questo a Bologna noi non vorremmo vedere neppure l’ombra di un banchetto di neonazisti, neofascisti o leghisti. Cominciano con una raccolta di firme e poi passano alla propaganda razzista, ai raid, ai pestaggi… E se ogni tanto ci provano anche qui, ciò è reso possibile da istituzioni complici con lo sfascismo civile e sociale di questi anni e da un partito come il PD che pensa solo ai suoi affari dietro il paravento della «democrazia» e della «sicurezza».
Eia eia alla larga!