Riceviamo e condividiamo dal Coordinamento antifascista Murri una riflessione sulla strage neofascista del 2 agosto 1980. Quest’anno, dopo 38 anni di depistaggi istituzionali e politici, dal generale Musumeci a Enzo Raisi e a Galeazzo Bignami, la novità è che il testimone è passato direttamente agli assassini per cancellare la verità e la memoria della violenza neofascista. Lo stragista Ciavardini si è dichiarato «l’ottantaseiesima vittima della strage». Lo stragista Fioravanti ha dichiarato «Non sono mai stato fascista» e «Mi definivo “fascista” tra virgolette, per comodità». Ma la gente poi la uccideva senza virgolette, ottantacinque morti nella Stazione di Bologna e più di trenta altri omicidi e tantissime violenze, feriti e attentati…
La verità è che le bombe nelle piazze e nelle stazioni le hanno messe i fascisti e le hanno pagate i padroni. E in fondo lo si può vedere tutti i giorni: lo Stato mette sempre mano alla violenza, ogniqualvolta sia necessario difendere profitti e privilegi. Ora e sempre resistenza.
2 agosto 1980: 85 morti e 200 feriti. Chi sono i mandanti?
Da 38 anni i cittadini e le cittadine di Bologna e non solo vanno ripetendo che la strage alla stazione del 2 agosto 1980 è da ascriversi ai fascisti nella sua realizzazione pratica e a diverse strutture dello Stato nella sua ideazione e progettazione.
Da 38 anni queste cittadine e cittadini individuano più precisamente la regia della strage nei servizi segreti e nelle strutture clandestine della destra anticomunista che facevano capo al fascista Licio Gelli e che si sono servite della manovalanza neofascista per concretizzare il proprio piano.
Da 38 anni la verità viene sottoposta ad attacchi e depistaggi continui provenienti da più parti.
L’anno scorso, quando è arrivata la notizia del rinvio a giudizio del neofascista Gilberto Cavallini (il cosiddetto “quarto uomo”) e da più parti si pensava che potesse essere giunto il momento per fare luce anche sui mandanti, il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato ha sostenuto “lo spontaneismo” dei Nar dichiarando in modo arrogante: “Mandanti, il capitolo è chiuso. Non è una indagine che si conclude in termini incerti rispetto al tema da cui è partita. Non c’è un quid che rimane inesplorato”.
Ora che il processo per concorso in strage nei confronti di Cavallini si è aperto, è il turno di neofascisti ed esponenti dei servizi segreti a dare manforte a questa opera di negazione e occultamento della verità.
La tecnica è sempre quella: provare a seppellire la verità sotto un cumulo di menzogne.
Francesca Mambro, esponente del gruppo neofascista Nuclei armati rivoluzionari, afferma che i Nar sarebbero estranei al 2 agosto 1980, cosa che pensava – dice la condannata – anche Falcone! Parole che nessun altro ha mai sentito e che Falcone certamente non può smentire… E ancora: la Mambro, che nel corso degli anni ha dato tre diverse versioni su dove fosse il 2 agosto del 1980, ha aggiunto di fronte al PM, tra un “non ricordo” e l’altro: “siete stati depistati, stanno coprendo altri scenari, noi siamo stati condannati sull’altare della necessità storica”. Questi “altri scenari” sarebbero l’immortale “pista palestinese”, un’improvvisata teoria volta a far ricadere le responsabilità della strage sulla guerriglia palestinese, frutto di un depistaggio e archiviata nel 2015.
Le dà manforte Francesco Pazienza che chiama in causa, come responsabile dei fatti, il leader libico Gheddafi. Un’altra versione insussistente che fa il paio con la “pista palestinese” e che viene tirata fuori con periodica regolarità. Esattamente come successo con altri depistaggi secondo cui la strage sarebbe dovuta all’esplosione di una caldaia, a un’esplosione accidentale, al “più feroce terrorista di tutti i tempi” Carlos, al Mossad, ecc. Chi è Pazienza? Un “faccendiere”, ovvero un esponente dei servizi segreti, già braccio destro di Licio Gelli e condannato a dieci anni per avere tentato di depistare le indagini sulla strage alla stazione sistemando lo stesso tipo di esplosivo su un treno Milano-Taranto nel 1981.
Insomma le menzogne e i depistaggi si sommano le une agli altri, moltiplicandosi tutte le volte che si intravede la possibilità di individuare i mandanti.
La strage alla stazione di Bologna è l’episodio più efferato di una guerra non ortodossa per scoraggiare e sconfiggere con la violenza le lotte operaie e le proteste sociali promuovendo un clima di paura e smarrimento. Tale guerra ha determinato una “stagione delle stragi”, iniziata con la strage di piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969) e conclusasi nei primi anni Novanta.
Una strategia della tensione i cui burattinai sono ufficialmente ancora ignoti.
Eppure la verità è lì, per chi la vuole vedere. Basti ricordare che al momento del suo arresto a Ginevra nel 1982, fra le carte di Licio Gelli furono trovati documenti che attestavano la movimentazione di un totale di 15 milioni di dollari tra il luglio 1980 e il febbraio 1981 dal suo conto svizzero a beneficio di alti esponenti dei ministeri dell’Interno e della Difesa.
Eccoli quindi i mandanti: i ministeri dell’Interno e della Difesa dello Stato italiano.
Dopo 38 anni noi, insieme a molti altri, saremo in piazza a indicare con chiarezza i responsabili.
Oggi come ieri gli apparati dello Stato provano a governare i nostri corpi e le nostre con i dispositivi della paura. Oggi come ieri alziamo la bandiera della libertà contro il terrore. Oggi come respingiamo le menzogne. Oggi come ieri esigiamo la verità.
Ora e sempre Resistenza!