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2 agosto 1980: 85 morti e 200 feriti. Chi sono i mandanti?

Questo 2 agosto saremo ancora una volta in piazza per ribadire la verità sullo stragismo neofascista, dopo le tristi manifestazioni di arroganza degli esecutori materiali della strage che, negli ultimi mesi, si sono esibiti ancora una volta in aula nell’arte della reticenza, del depistaggio e del vittimismo… Da Luigi Ciavardini che si è dichiarato l’ottantaseiesima vittima della strage… a Valerio Fioravanti che si è definito «fascista tra virgolette», dichiarando «personalmente non sono fascista, però ho una madre, un fratello e una moglie fascista»… Tanto più che Fioravanti stesso ha descritto la filosofia del suo gruppo armato per cui i processi in tribunale sono sempre stati «la continuazione della guerra con altri mezzi» e le udienze servono solo «a complicare le indagini, a lasciar fuori le persone, a fare processi più lunghi possibile»… Riceviamo e condividiamo una riflessione del Coordinamento Antifascista Murri.

2 agosto 1980: 85 morti e 200 feriti. Chi sono i mandanti?

Da 38 anni i cittadini e le cittadine di Bologna e non solo vanno ripetendo che la strage alla stazione del 2 agosto 1980 è da ascriversi ai fascisti nella sua realizzazione pratica e a diverse strutture dello Stato nella sua ideazione e progettazione.

Da 38 anni queste cittadine e cittadini individuano più precisamente la regia della strage nei servizi segreti e nelle strutture clandestine della destra anticomunista che facevano capo al fascista Licio Gelli e che si sono servite della manovalanza neofascista per concretizzare il proprio piano.

Da 38 anni la verità viene sottoposta ad attacchi e depistaggi continui provenienti da più parti.

L’anno scorso, quando è arrivata la notizia del rinvio a giudizio del neofascista Gilberto Cavallini (il cosiddetto “quarto uomo”) e da più parti si pensava che potesse essere giunto il momento per fare luce anche sui mandanti, il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato ha sostenuto “lo spontaneismo” dei Nar dichiarando in modo arrogante: “Mandanti, il capitolo è chiuso. Non è una indagine che si conclude in termini incerti rispetto al tema da cui è partita. Non c’è un quid che rimane inesplorato”.

Ora che il processo per concorso in strage nei confronti di Cavallini si è aperto, è il turno di neofascisti ed esponenti dei servizi segreti a dare manforte a questa opera di negazione e occultamento della verità.

La tecnica è sempre quella: provare a seppellire la verità sotto un cumulo di menzogne.

Francesca Mambro, esponente del gruppo neofascista Nuclei armati rivoluzionari, afferma che i Nar sarebbero estranei al 2 agosto 1980, cosa che pensava – dice la condannata – anche Falcone! Parole che nessun altro ha mai sentito e che Falcone certamente non può smentire… E ancora: la Mambro, che nel corso degli anni ha dato tre diverse versioni su dove fosse il 2 agosto del 1980, ha aggiunto di fronte al PM, tra un “non ricordo” e l’altro: “siete stati depistati, stanno coprendo altri scenari, noi siamo stati condannati sull’altare della necessità storica”. Questi “altri scenari” sarebbero l’immortale “pista palestinese”, un’improvvisata teoria volta a far ricadere le responsabilità della strage sulla guerriglia palestinese, frutto di un depistaggio e archiviata nel 2015.

Le dà manforte Francesco Pazienza che chiama in causa, come responsabile dei fatti, il leader libico Gheddafi. Un’altra versione insussistente che fa il paio con la “pista palestinese” e che viene tirata fuori con periodica regolarità. Esattamente come successo con altri depistaggi secondo cui la strage sarebbe dovuta all’esplosione di una caldaia, a un’esplosione accidentale, al “più feroce terrorista di tutti i tempi” Carlos, al Mossad, ecc. Chi è Pazienza? Un “faccendiere”, ovvero un esponente dei servizi segreti, già braccio destro di Licio Gelli e condannato a dieci anni per avere tentato di depistare le indagini sulla strage alla stazione sistemando lo stesso tipo di esplosivo su un treno Milano-Taranto nel 1981.

Insomma le menzogne e i depistaggi si sommano le une agli altri, moltiplicandosi tutte le volte che si intravede la possibilità di individuare i mandanti.

La strage alla stazione di Bologna è l’episodio più efferato di una guerra non ortodossa per scoraggiare e sconfiggere con la violenza le lotte operaie e le proteste sociali promuovendo un clima di paura e smarrimento. Tale guerra ha determinato una “stagione delle stragi”, iniziata con la strage di piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969) e conclusasi nei primi anni Novanta.

Una strategia della tensione i cui burattinai sono ufficialmente ancora ignoti.

Eppure la verità è lì, per chi la vuole vedere. Basti ricordare che al momento del suo arresto a Ginevra nel 1982, fra le carte di Licio Gelli furono trovati documenti che attestavano la movimentazione di un totale di 15 milioni di dollari tra il luglio 1980 e il febbraio 1981 dal suo conto svizzero a beneficio di alti esponenti dei ministeri dell’Interno e della Difesa.

Eccoli quindi i mandanti: i ministeri dell’Interno e della Difesa dello Stato italiano.

Dopo 38 anni noi, insieme a molti altri, saremo in piazza a indicare con chiarezza i responsabili.

Oggi come ieri gli apparati dello Stato provano a governare i nostri corpi e le nostre menti con i dispositivi della paura. Oggi come ieri alziamo la bandiera della libertà contro il terrore. Oggi come ieri respingiamo le menzogne. Oggi come ieri esigiamo la verità.

Ora e sempre Resistenza!

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