Riceviamo e condividiamo un resoconto di Alessandra Kersevan relativo a un recente film di propaganda dell’estrema destra, coprodotto dalla RAI.
Red Land (Rosso Istria): un film di pura propaganda fascista
di Alessandra Kersevan
Resoconto dopo la visione (molto sofferta…) del film RED LAND
Il film è costruito con metodo goebbelsiano, punta molto sull’emotività, non si preoccupa della coerenza ma dell’impatto psicologico; il punto di vista è sempre quello degli italiani (e dei fascisti) per cui anche quando vengono dette delle frasi che sembrerebbero portare qualche elemento di informazione storica, la cosa viene subito superata dalla visione di un fatto tragico di segno contrario. La storia è completamente decontestualizzata e nei particolari in buona parte inventata.
Per spiegare meglio vale la pena citare quanto detto dal prof. Roberto Spazzali, in un libro pubblicato ancora nel 1990 addirittura dalla Lega Nazionale (i cui presidenti, come Luca Urizio, evidentemente non leggono neppure i libri che pubblicano): in Foibe. Un dibattito ancora aperto, a pag. 149, dopo avere accennato agli articoli del dicembre 1943 sul Corriere Istriano in merito al recupero della salma di Norma Cossetto, Spazzali scrive che «l’ampia letteratura di quegli anni e del dopoguerra* dedicherà un consistente spazio alla morte ed al rinvenimento di Norma Cossetto intrecciando ai fatti realmente accaduti incontrollate fantasie e presunte testimonianze»*. La narrazione di Antonio Pitamitz, sulla morte ed il rinvenimento del corpo di Norma Cossetto riprende, secondo Spazzali, «la più fantasiosa delle ricostruzioni», e cioè quella che al giorno d’oggi è diventata la versione “ufficiale”, cioè il sequestro della giovane, le sevizie, le ripetute violenze carnali cui avrebbe assistito una donna, rimasta anonima, che trovandosi in casa propria attraverso le persiane chiuse, avrebbe visto quello che accadeva nella scuola di fronte (cioè lo stupro di Norma Cossetto).
*Spazzali cita “a puro titolo di esempio”, sia il testo di Luigi Papo (Foibe, pubblicato come Paolo De Franceschi) del 1952, sia gli articoli di Antonio Pitamitz su Storia Illustrata del 1983). Uno dei mantra ripetuto durante il cosiddetto Giorno del Ricordo (e in molteplici altre occasioni) dallo stuolo dei “foibologi” nato negli anni ’90 è che in Italia non si sia mai parlato di questi fatti.
1) L’Istria viene rappresentata come abitata da italiani e da non italiani (non viene detto esplicitamente, ma in alcune brevi scene la gente parla in croato con traduzione sottotitolata), si accenna anche alla italianizzazione forzata, ma questi accenni di sfuggita non hanno alcuna importanza nel prosieguo del film, servono solo a parare la possibile critica di aver tralasciato di parlarne. Infatti poi gli “slavi” vengono presentati o come vittime degli stessi “titini” (nome continuamene usato per definire i partigiani*), oppure come sanguinari ubriaconi, assetati di vendetta e tanto stupidi da fare orribili violenze gratuite (torture fino alla morte allo “scemo di paese”, profeta della “tragedia” imminente; stupri di donne “slave” accusate di essere mogli di “italiani”; stupro della figlia di una di queste; e via di questo passo – tutto in preparazione dello stupro finale, in diretta, da parte dell’“orda” di slavi sul corpo di Norma Cossetto – tutto esplicito e “senza veli”). Una scena addirittura ridicola è quella in cui un gruppo di “ribelli” comandati dal crudele slavo protagonista (naturalmente con stella rossa sul berretto e giacca di pelle e cinturone come un nazista, con ghigno ridente sulle proprie malefatte) assaltano la caserma dei carabinieri con bombe, non si capisce se lacrimogene o a gas; fatto sta che sulla porta in controluce ad un certo punto si staglia il suddetto crudele slavo con maschera antigas.
*Nel film ci sono numerosi anacronismi; uno riguarda il fatto che i partigiani jugoslavi vengano insistentemente chiamati “titini”, termine che nei documenti del ’43, neppure in quelli fascisti, viene mai usato.
2) L’8 settembre del ’43 viene rappresentato come una tragedia per gli “italiani” dell’Istria. La rappresentazione della gioia e dei festeggiamenti della popolazione per la (creduta e sperata) fine della guerra serve solo da sfondo per il realizzarsi della tragedia. Saranno anche fascisti, dice ad un certo punto uno dei protagonisti, ma gli “slavi” prima uccideranno i fascisti e poi tutti gli italiani. Infatti poi nel film vengono uccisi tutti i personaggi “italiani” che si erano entusiasmati alle idee comuniste, presentati nella trama come traditori che però pagano il fio accorgendosi della “bestialità” degli “slavi”, e con un loro ultimo atto più o meno di eroismo o di contrizione e pentimento muoiono* (perdonati finalmente dal pubblico).
*Format narrativo con catarsi finale che da migliaia d’anni ottiene gran successo.
3) Nel film non si accenna a nessun altro contesto della guerra. Non esiste per esempio l’aggressione alla Jugoslavia nel 1941 da parte del Regio Esercito (che aveva fatto diventare il Friuli e la Venezia Giulia, con l’istria, zone di guerra), le centinaia di migliaia di morti che l’occupazione italiana fino all’8 settembre ha comportato per il popolo jugoslavo (un milione e mezzo comprendendo l’intera guerra e l’occupazione tedesca). Non esistono le rappresaglie, le fucilazioni di ostaggi, l’incendio di villaggi, la deportazione in campi di concentramento italiani di oltre 120 mila jugoslavi e la morte di almeno 7000 (donne, vecchi, bambini e uomini, di fame e malattie conseguenti)*.
*Eppure nella nostra regione ne abbiamo avuti di questi terribili campi fascisti gestiti dall’esercito (Gonars e Visco) con la morte di almeno 500 civili jugoslavi (donne, vecchi, bambini, uomini, di fame e malattie conseguenti); altri, terribili, erano vicino all’Istria e in Dalmazia (Arbe, Melada, Mamula e Prevlaka…).
4) Dopo il 25 luglio e fino al settembre avanzato, la vita in Istria sembra svolgersi ancora in pace e senza problemi (se non la sottile “paura”, ora che “il duce non c’è più”, per la sorte degli “italiani” minacciati dagli “slavi”), fino a quando il crudele slavo con stella rossa sul berretto non convince alcuni popolani non meglio identificati a una sorta di ribellione (da fumetto horror) con spreco di inutili ancorché inumane sevizie contro donne e uomini indifesi, italiani o croati italianofili.
E i tedeschi, che fanno nella finzione film? Ci sono un paio di scene: una prima in cui sembrano avanzare circospetti ma senza incontrare alcuna resistenza. Una seconda, quasi alla fine, in cui decidono l’Operazione “Nubifragio” per la conquista dell’Istria, ma anche questa volta, pur essendo armati fino ai denti, non c’è nessuna resistenza. Non si capisce quindi perché, non incontrando ostacoli, abbiano concluso la conquista dell’Istria appena il 9 ottobre (data e circostanze che nel film si guardano bene dal riferire). Infatti la cosa è trattata in maniera storicamente improponibile: i ribelli locali e i partigiani vengono presentati come dei vigliacchi che dopo aver ucciso e stuprato (come sopra), fuggono all’arrivo dei tedeschi, lasciando la popolazione in loro balia.
A questo punto le omissioni, gli anacronismi e le mistificazioni sono talmente tante che ci vorrebbe più di un articolo o volantino. Basterà ricordarne qualcuno. Cosa fanno i tedeschi nella realtà? Alla fine dell’Operazione “Nubifragio” i nazisti si vantano di aver eliminato, tra stragi, fucilazioni, incendi di villaggi e deportazioni in Lager, almeno 13 mila istriani. Si può immaginare quindi la Resistenza che incontrarono. Nella loro Operazione i nazisti furono guidati dai fascisti, ma ciò non viene rappresentato nel film. In una delle scene finali c’è una irrealistica scena in cui i tedeschi uccidono una italiana comunista “traditrice” proprio mentre viene aiutata dalle donne della famiglia Cossetto.
5) I fascisti istriani vengono presentati in maniera edulcorata, fascisti “solo perché se non avevi la tessera non lavoravi” (il prof. Ambrosin, interpretato da Franco Nero, il quale negli anni Settanta aveva invece partecipato al film jugoslavo “La battaglia della Neretva”); o fascisti “per fedeltà alla patria” o “al giuramento” (il soldato che non vuole essere “disertore”); o fascisti perché “tutti gli italiani lo erano” (lo dice la madre di Norma Cossetto); o fascisti perché il ruolo sociale lo imponeva (il padre di Norma Cossetto, podestà del paese, camicia nera e gran possidente, sfruttatore di coloni “slavi”, cosa quest’ultima non detta). Non c’è il minimo accenno ai circa 40 mila italiani giunti in Istria per esercitare un potere coloniale (gerarchi fascisti, carabinieri, finanzieri, segretari comunali, maestri, famiglie intere di agricoltori, dato che con l’Ente Tre Venezie l’Italia fascista aveva sottratto migliaia di ettari ai contadini sloveni e croati, assegnandoli a famiglie provenienti da altre regioni d’Italia).
Di tutto questo non si fa cenno nel film. Invece in una scena particolarmente truce, il crudele partigiano slavo con stella rossa sul beretto fa uccidere un colono, ne fa stuprare la figlia dai suoi sgherri e poi lui stesso la moglie, solo perché il colono aveva detto di essere stato sempre trattato bene dal padrone (fascista). Gli sceneggiatori del film non possono sapere, ottenebrati dal loro razzismo, che i partigiani jugoslavi ottennero una grande adesione di popolo proprio perché furono particolarmente bravi proprio nella propaganda politica, nello spiegare a chi aveva ancora una mentalità “servile” la necessità di ribellarsi.
6) Nel film, insomma, c’è un completo ribaltamento storico tra carnefici (i fascisti italiani) e le vittime (civili e partigiani jugoslavi) che vengono rappresentati come aggressori assetati di sangue e di vendetta, mentre stavano combattendo una strenua lotta per la loro sopravvivenza, dato che il fascismo aveva decretato la loro eliminazione (bonifica nazionale).
7) La vicenda di Norma Cossetto, con il ben conosciuto metodo della “demonizzazione del nemico” viene isolata da tutto il contesto precedente (oppressione fascista) e da ciò che stava avvenendo in quei giorni nella penisola istriana, invasione tedesca e riconquista fascista, facendole assumere una valenza quasi mitologica, se non agiografica, presentandola come un’eroina, buona per definizione, sospesa in una sorta di suo mondo fatto di giovinezza, studi, amore, amicizia, fede, bontà, e preda, improvvisamente, del “male assoluto”, rappresentato qui non dalla strega cattiva, ma dagli slavi e per di più comunisti.
Fuori dal mito, la storia personale di Norma Cossetto è quella di una delle tante donne che furono travolte dalle atrocità della guerra, atrocità che non furono certo iniziate dai partigiani jugoslavi. La versione filmica della sua sorte viene presentata come verità storica, mentre sulle circostanze, i modi e i responsabili non c’è documentazione e i particolari dello stupro, dell’infoibamento e tutte le scene raccapriccianti su cui il film si sofferma lungamente sono stati, se non del tutto inventati, basati su labili dicerie, ben usate nella guerra psicologica antipartigiana.
L’episodio viene ancora presentato come se nessuno ne avesse mai parlato prima. In realtà lo sciaccallaggio politico sulla figura di Norma Cossetto era già iniziato da parte dei repubblichini nel 1943; era uno dei tasselli di quella enorme operazione propagandistica messa in piedi dai servizi disinformativi della Xa Mas, continuata poi nel dopoguerra con un’infinità di libri, come ricordava anche Roberto Spazzali nel testo citato all’inizio di questa recensione. Le versioni del fatto sono innumerevoli e tra loro contrastanti, e chi, come Claudia Cernigoi ha analizzato i documenti dimostrandone l’inconsistenza e contraddittorietà, è stato minacciato e pesantemente diffamato da personaggi e ambienti (neo)fascisti.
Perché questa è la realtà: “Red Land” è un film di pura propaganda fascista, basato su stereotipi anticomunisti e razzisti antislavi, sullo stravolgimento della realtà storica per riabilitare il fascismo distruggendo l’immagine della Resistenza antinazifascista, e soprattutto del contributo dei comunisti. La cosa più grave è che un film di pura propaganda fascista sia coprodotto dalla RAI, quindi al di là dell’inesistente valore storico-artistico e del più o meno scarso successo di pubblico, verrà proiettato più volte dalla RAI e probabilmente da altri canali televisivi, venendo visto comunque da milioni di persone; con l’appoggio della potente lobby delle associazioni degli esuli avrà sicuramente la massima diffusione in circoli, manifestazioni di vario tipo e forse nelle scuole (anche se perlomeno la estrema crudezza di tante scene comporterebbe di vietarne la visione ai ragazzi). Quindi non dobbiamo affatto sottovalutarne l’impatto sulla coscienza della gente.
Intanto a Udine viene proiettato in un cinema come il Visionario, che è stato uno dei luoghi culturali della sinistra e dell’antifascismo. Io credo che si debba cercare di mobilitare il più possibile tutto l’antifascismo che rimane.
Udine, 27 novembre 2018
Alessandra Kersevan