Il bollettino della violenza padronale si è chiuso nel 2018 con 1113 morti sul lavoro. Erano quasi 900 nel 2017. Ogni tanto si sente qualche parola di circostanza, i media parlano di «tragica fatalità» o di «imprevedibile disgrazia», ma in realtà è una guerra dei ricchi contro i poveri che devasta e uccide ogni giorno, ovunque, sotto il velo dell’ipocrisia e del silenzio. Per i poteri che ci sovrastano siamo solo numeri buoni per riempire una statistica. Ma i responsabili della strage non sono affatto ignoti…
PADOVA MAGGIO 2018: OMICIDI BIANCHI ALLE ACCIAIERIE VENETE
di Gianni Sartori
L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Valeria Anzari ha confermato quanto già si presupponeva, ossia «la violazione delle norme per la tutela della salute e della sicurezza in ambiente di lavoro». Il tragico evento, costato la vita a due lavoratori, risaliva al 13 maggio dell’anno scorso.
Alle Acciaierie Venete di Riviera Francia (provincia di Padova), a causa della rottura di un perno, era precipitata una siviera piena di acciaio fuso.
Il materiale incandescente colpì alcuni operai ustionandoli. Due lavoratori morirono dopo – rispettivamente – settimane e mesi di agonia, altri due sopravvissero.
Le vittime sono Sergio Todita (moldavo) e Marian Bratu (rumeno). Per i due sopravvissuti (Simone Vivian e David Di Natale) – rispettivamente – 40 e 300 giorni di prognosi.
Sei gli iscritti al registro degli indagati. Cinque per omicidio colposo e lesioni (Alessandro Benzato e Giorgio Zuccaro, presidente e direttore dello stabilimento di Acciaierie Venete; Dario Fabbro, presidente della Danieli centro Cranes spa; Giampietro Benedetti e Giacomo Mareschi Danieli, presidente e amministratore delegato della Danieli & C. officine meccaniche), uno (Vito Nicola Plasmati della Hayama Teac Service) solo per lesioni.
Tre le aziende ritenute «responsabili amministrative del tragico evento». Oltre a quelle di Acciaierie Venete, per le altre due aziende (Danieli & C. e Danieli Centro Cranes) è stata individuata una precisa responsabilità sia nella inadeguatezza del perno che sosteneva la siviera, sia nel non aver segnalato nel libretto di manutenzione la necessità di controllarlo, né compiuto verifiche adeguate. I manager di Acciaierie venete, oltre a non aver adottato la normativa vigente sulla distanza di sicurezza, non avrebbero informato la Hayama Teac che aveva preso in appalto le lavorazioni.
Tale ditta comunque a sua volta non avrebbe adottato sistemi di sicurezza adeguati nei riguardi dei suoi dipendenti.
Secondo il PM, i reati sarebbero stati commessi nell’interesse e vantaggio delle aziende allo scopo di contenere i costi produttivi e accelerare tempi e ritmi di lavoro per aumentare la produttività. Da manuale.
Gianni Sartori