Oggi, per governare la crisi e garantire i profitti, gli Stati puntano sul compattamento nazionalista e razzista della società e i risultati si vedono un po’ ovunque in Europa: xenofobia, antisemitismo, complottismi e sovranismi… Riceviamo e volentieri condividiamo un resoconto, scritto da una compagna tedesca, della manifestazione che si è tenuta il 9 novembre a Berlino in ricordo dei pogrom antiebraici del 1938. Ora e sempre resistenza!
Sabato scorso, il 9 novembre, ha sfilato per le strade di Berlino Moabit il corteo antifascista in commemorazione e ricordo della così detta “Notte dei Cristalli”, ovvero dei pogrom antiebraici avvenuti tra il 7 e il 13 Novembre 1938, culminati nella notte del 9 novembre 1938, durante i quali nazisti, SS, SA e tedeschi comuni distrussero e diedero alle fiamme migliaia di negozi e di sinagoghe e picchiarono, stuprarono, deportarono e uccisero centinaia di uomini e donne ebree.
Come ogni anno, l’evento si è aperto con un presidio nella Levetzowstraße, sul piazzale dove si trovava la sinagoga del quartiere, attaccata nella notte dei cristalli e trasformata nel 1941 in un “Sammellager”, primo luogo di concentramento per la deportazione degli ebrei berlinesi. Oggi non c’è più traccia della sinagoga ma al suo posto sorge un monumento in ricordo delle vittime dell’Olocausto passate da questo luogo.
L’ora passata al presidio è scandita da interventi di contestualizzazione storica, testimonianze di sopravvissuti e musica. Vengono deposti fiori ai lati del monumento e della lapide che riporta i nomi delle vittime conosciute.
Dopo la conclusione del presidio dedicato alla commemorazione, parte un corteo di circa mille persone, dal carattere più militante: vengono scanditi cori, letti interventi sulla situazione politica attuale e informati i passanti del motivo della manifestazione.
Il corteo ripercorre le strade che dalla Levetzowstraße portavano alla stazione che veniva utilizzata per le deportazioni, al tempo chiamata “Deportationsbahnhof Pulitzbrücke”, oggi non più visibile. Dal 1941 al 1944 in pieno giorno, lungo queste stesse strade, nel bel mezzo della città, vennero condotti alla deportazione centinaia di ebrei berlinesi. Ripercorrendo queste strade il mantra del “noi non sapevamo niente” si mostra più che mai nella sua ipocrisia.
Un’ipocrisia che è condivisa e sostenuta istituzionalmente dallo stato tedesco, che preso a modello in tutto il mondo per la sua capacità di rielaborazione storica, ha comunque passato il 9 novembre festeggiando in pompa magna la caduta del muro tra Germania Est e Ovest. Il 9 novembre, come prima vera e propria esplosione di violenza pubblica verso gli ebrei nella Germania nazista, cade così in secondo piano.
La narrazione che la Germania odierna vuole affermare è quella di uno stato, che dopo aver passato dei momenti bui, è finalmente tornato ad essere unito e forte. Finalmente anche il tedesco non deve più sentirsi appesantito da una responsabilità storica connotata negativamente. Anche lui può essere di nuovo fiero di sventolare la sua bandiera nero, rosso, oro e di essere tedesco, festeggiando la vittoria della democrazia – e del capitalismo – che rendono oggi la Germania la prima potenza europea. Evidentemente, si tratta di un meccanismo attraverso il quale viene legittimato il nazionalismo all’interno del moderno stato neoliberale.
Prima di compiere l’ultimo pezzo del percorso, la salita al ponte dal quale si ha la vista sui binari dai quali partivano i treni, il corteo ammutolisce. Fino al monumento di commemorazione ai deportati, posto al centro del ponte, si rimane in silenzio, in ricordo alle vittime della violenza e dell’ideologia nazionalsocialista. Un ultimo intervento spezza il silenzio e termina il corteo, non prima di aver ricordato diversi episodi di antisemitismo che ancora persistono nella Germania moderna.
Il monumento di fronte al quale il corteo si trova, sulla quale spicca una grande stella di Davide, viene vandalizzato più volte all’anno. Gli attacchi verso ebrei sono, da decenni, parte della normale quotidianità tedesca, con centinaia di casi ogni anno. L’attentato antisemita e razzista di Halle non è stato portato avanti in uno spazio vuoto, ma in una Germania (ed Europa) che non ha mai sradicato del tutto le radici antisemite del proprio pensiero e della propria identità. Così la madre dell’attentatore ha potuto dichiarare qualche giorno dopo l’attacco, senza troppi scandali, che suo figlio non aveva niente contro gli ebrei, ma “lui aveva qualcosa contro le persone che stanno dietro il potere finanziario – e chi non ce l’ha?” (Articolo “Die Wirre Welt des Attentäters“, in Der Spiegel 14.10.2019).
Questo chiaro immaginario antisemita e complottista non è però solo il modo di pensare di persone comuni nella Germania post-nazista, ma è lo stesso lessico che viene utilizzato dalla stragrande maggioranza dei partiti sovranisti europei: basti pensare agli attacchi di Salvini e Orban allo “squalo Soros” o ai poteri forti e nascosti, colpevoli di tutti i “mali”, dall’immigrazione di massa, al gender, alla crisi finanziaria.
Come ogni 9 novembre da sedici anni una rete di diversi gruppi antifascisti fa in modo che la memoria della violenza antisemita nazista e l’attualità dell’antisemitismo odierno, siano portate e affermate lungo le strade di Berlino.