Oggi l’Iran detiene il primato mondiale per numero di prigionieri politici in rapporto alla popolazione ed è capillare la repressione di ogni dissenso politico, culturale, religioso o esistenziale: giornalisti, artisti, scienziati, studenti, insegnanti, femministe, attivisti per i diritti dei bambini, ambientalisti, attivisti per i diritti umani, minoranze religiose ed etniche, atei, persone LGBTQ…
UN ALTRO PRIGIONIERO POLITICO CURDO IMPICCATO DA TEHERAN
di Gianni Sartori
Ci risiamo. Pur sotto il tiro perenne della Casa Bianca, il regime iraniano non trova niente di meglio che intensificare la repressione. Sui curdi del Rojhilat (Kurdistan dell’Est, territori curdi sotto amministrazione-occupazione iraniana) in particolare.
Un altro militante curdo, Hedayat Abdollahpour, è stato impiccato e la famiglia – tenuta all’oscuro e a cui non era stata nemmeno concessa l’ultima visita – lo ha saputo soltanto 20 giorni dopo (il 10 giugno). Inoltre, come avviene regolarmente, il corpo non è stato restituito ai parenti ma sepolto in un luogo segreto.
Quanto alla richiesta di informazioni avanzata dei familiari, per ora le autorità iraniane non l’hanno nemmeno presa in considerazione.
Hedayat Abdollahpour era stato arrestato nel giugno 2016 con altri sei curdi nei pressi di Oshnavieh (Azerbaidjan occidentale). Tutti loro erano accusati di aver fornito cibo e riparo a esponenti del PDKI (Partito democratico del Kurdistan d’Iran). Stando alle accuse mosse in tribunale, si sarebbe trattato di guerriglieri che poco prima si erano scontrati con alcuni Guardiani della rivoluzione, il braccio armato del regime.
Una prima condanna nei confronti di Hedayat (finora, a quanto è dato di sapere, l’unico condannato a morte tra i sette arrestati) era stata annullata dalla Corte suprema e rinviata al Tribunale rivoluzionario islamico di Oroumihe per essere riesaminata. Nuovamente condannato a morte, la sentenza veniva definitivamente confermata anche dalla Corte suprema.
Come in Bakur (territori curdi sotto amministrazione-occupazione turca) anche nel Rojhilat la popolazione curda subisce discriminazioni e repressione. Vive in condizioni di povertà (in buona parte dovute alla politica di Teheran nei confronti di questi territori) e viene penalizzata in ogni modo. Quello di non restituire i cadaveri dei giustiziati e di inumarli in località sconosciute è solo un esempio. Un inasprimento brutale, un ulteriore carico di sofferenza per i familiari.
Negli ultimi mesi nei territori curdi posti entro i confini iraniani si è registrato un incremento delle esecuzioni capitali. Per Hedayat Abdollahpour la cosa è stata ancora più grave in quanto l’impiccagione di un prigioniero il cui caso è ancora sottoposto alla Commissione di amnistia e di grazia risulterebbe illegale (stando alla legislazione iraniana). Non mancano tuttavia i precedenti. Nel settembre 2018 nella prigione di Rajai Chahrun veniva ugualmente impiccato un altro detenuto curdo, Ramin Hossein Panahi. E anche il suo caso avrebbe dovuto venir prima esaminato dalla Commissione di amnistia e di grazia.
Gianni Sartori