Il Questore di Milano, Giuseppe Petronzi, ha negato proprio qualche giorno fa che un gruppo di compagnə anarchicə si radunasse in Piazza Duomo in solidarietà ad Alfredo Cospito.
Nulla di sorprendente: la questura di Milano ha deliberatamente deciso di salvaguardare i festeggiamenti natalizi della borghesia milanese vietando un presidio chiamato in solidarietà ad Alfredo.
Ma facciamo un passo indietro.
L’iter carcerario di Cospito non è di certo una notizia degli ultimi mesi; difatti Alfredo sta scontando una pena detentiva da sei anni che nell’ultimo periodo, a seguito anche dell’avanzamento del processo, ha subito l’ennesimo svolta repressiva dello Stato: il 41-bis.
Nel 2013 Cospito fu condannato a dieci anni e otto mesi di carcere per aver ferito a Genova, con colpi di pistola alle gambe, il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi. Quando era già in carcere venne accusato di aver posizionato, nella notte tra 2 e 3 giugno 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, esplosione che non causò né morti né feriti. Con questa ulteriore accusa, Alfredo fu nuovamente sottoposto a un nuovo processo.
In sede processuale, i giudici decretarono la Fai-Fri (Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale) come associazione terroristica. Cospito e Anna Beniamino, moglie di Cospito, furono condannati rispettivamente a 20 e 16 anni di reclusione secondo l’articolo 442 del codice penale, ossia: “chiunque […] al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, come l’ergastolo. Se è cagionata la morte di una sola persona, si applica l’ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore ai quindici anni”. In aggiunta a suddetta sentenza, i giudici affermarono in sede di appello che fu solamente una mera casualità il fatto che l’attentato alla caserma non provocò delle vittime poiché “sarebbe stato più che sufficiente ad assicurare la presenza sul posto di personale incaricato dei primi rilievi”:
Dunque, dopo la condanna, Alfredo venne inserito nel circuito penitenziario ad alta sicurezza- circuito in cui sono riuniti i detenuti per reati di tipo associativo che sono sottoposti a sorveglianza più stretta e che prevede limitazioni ma salvaguarda alcune garanzie e diritti. Dopo sei anni di reclusione ad alta sicurezza, nel 2022, il ministero della Giustizia ha deciso di sottoporlo al regime del 41-bis senza che sia sopraggiunto un fatto nuovo atto a motivare suddetta decisione.
La ministra della Giustizia Marta Cartabia giustificò l’applicazione del 41-bis a Cospito con i «numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all’esterno del sistema carcerario; si tratta di documenti destinati ai propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci». Secondo la versione del ministero della Giustizia, dunque, Cospito non mandò quindi questi messaggi in forma segreta o nascosta, ma attraverso testi pubblicati su riviste anarchiche. Per questo, dice il suo avvocato, per impedire queste comunicazioni era sufficiente attuare un controllo più stretto sulla corrispondenza, o emettere uno specifico provvedimento per quello specifico reato.
«Invece, a sei anni di distanza dalla condanna è stata decisa l’applicazione di questo regime detentivo. Cospito è stato trasferito dal carcere di Terni, in cui era detenuto, a quello di Sassari. È il primo anarchico a cui viene applicata questa misura. Lui stesso si definisce anarchico individualista, il che è un’altra contraddizione rispetto al ruolo di capo che gli viene attribuita», dice il legale di Cospito.
La detenzione all’interno del 41-bis di Alfredo ha destato – e sta destando – numerosi dibattiti pubblici nonché numerosi presidi, manifestazioni e piazze in solidarietà ad Alfredo atti a richiedere la liberazione di Alfredo dal 41-bis e l’eliminazione di questo regime detentivo.
A tal proposito è doveroso fare una postilla a riguardo. Come tuttə sappiamo, la repressione dello Stato è strutturale e trasversale e dietro la grande maschera della salvaguardia dei cittadini e delle cittadine da “facinorosi individui”, lo Stato ha istituito dei regimi e delle voci penali atti a colpire in maniera puntuale e sistemica ə compagnə dei movimenti. In questo quadro il regime del 41-bis rientra perfettamente: pensato per attuare una serie di misure estremamente restrittive tra cui l’isolamento totale, la limitazione dell’ora d’aria (solo due ore e anch’esse in isolamento), la limitazione dei colloqui (solo con i familiari, con un vetro divisorio), il visto di controllo della posta in entrata e in uscita, la privazione di giornali e libri. L’altra misura a cui è stato sottoposto Alfredo è la possibilità che la sua pena venga tramutata in quella di ergastolo ostativo, ossia la pena senza fine prevista all’interno dell’ordinamento penitenziario italiano che “osta” a qualsiasi modificazione e che, quindi, non può essere né abbreviata né convertita in pene alternative.
Ma a cosa è dovuta questa nuova decisione?
Va evidenziato come, nel Luglio scorso la Cassazione ha modificato l’imputazione applicando l’articolo 285 del Codice Penale, “Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage [422] nel territorio dello Stato o in una parte di esso è punito con l’ergastolo”, condannando sia Cospito che Anna Beniamino all’ergastolo.
Tra i due articoli non vige una reale differenza formale: il 285 prevede la pena all’ergastolo anche se l’attentato non ha causato vittime; inoltre, la gravità del reato rende probabile l’applicazione dell’ergastolo ostativo che interviene automaticamente anche su reati gravi escludendo in tal modo la possibilità di accedere ai benefici, a meno che non si decida di collaborare con la giustizia.
Riportiamo questo per sottolineare come lo Stato decida arbitrariamente quali sentenze dare in base alle persone coinvolte e, dunque, richiamare e/o far riferimento ai numerosi articoli del Codice Penale. Per la strage di Capaci e via d’Amelio, così come per la strage di Bologna nel 1980 che causò ben 80 vittime, venne applicato solo l’articolo 442 e cioè “strage comune”; ben diverso invece è stato mosso per la strage di Fossano che, a differenza delle stragi di cui sopra, non provocò nè morti nè feriti ed è stata ritenuta ben più grave.
A seguito di quanto emesso dalla Cassazione, sono state organizzate diverse iniziative in solidarietà e supporto di Alfredo e di tuttə ə compagnə incarceratə o che stanno scontando pene detentive all’interno del circuito del 41-bis.
Come anarchicə e compagnə denunciamo aspramente la reclusione nel 41-bis e tutto il sistema carcerario, che altro non è se non isolazionismo violento, prodotto di una società basata sul dominio e sullo sfruttamento. Lungi dall’essere una soluzione ai problemi sociali, rappresenta una delle tante facce della violenza dello Stato. Al di là di quanto affermano istituzioni (o chi ne fa le veci) sulla necessità di “recupero” dellə detenutə alla vita sociale, queste pene evidenziano lo scarto che vige tra le classi meno abbienti e la classe dominante e come quest‘ultima tengano coloro che finiscono nella sua rete di “giustizia”: isolamento, violenza.
Nonostante la stessa Corte Costituzionale sia espressa nel 2021 dichiarando incostituzionali queste misure il “nuovo” Governo – in linea con la prassi dei precedenti- ha invece ribadito la necessità dell’applicazione dell’ergastolo ostativo.
Purtroppo l’arbitrarietà della repressione non ci desta stupore alcuno, basti pensare al decreto legge “anti-rave”, oramai tramutato in legge. Nonostante la propaganda mainstream abbia creato uno story telling focalizzato sulla questione dei rave e di quanto questa nuova legge sia pensata sui suddetti, sappiamo benissimo che è solamente uno specchietto per le allodole. Nel testo della nuova legge si parla di raduni musicali e/o pensati all’intrattenimento, ma all’interno della stessa legge è stato apportata una riforma all’ergastolo ostativo.
Da anni assistiamo all’accanimento particolare delle istituzioni repressive contro i movimenti con teoremi giudiziari sempre più fantasiosi e condanne sempre più pesanti anche per episodi di normale conflitto sociale.
Sosteniamo la loro lotta così come tutte le lotte portate avanti dai detenuti e dalle detenute in tutte le carceri per rivendicare condizioni di esistenza meno opprimenti, per l’abolizione definitiva del 41bis e degli altri regimi di carcerazione speciale e per la chiusura del sistema carcerario tutto.