E il fascismo turco allunga la sua ombra…
ANKARA PRETENDE CHE ATENE CHIUDA I DUE CAMPI PROFUGHI DI LAVRIO
di Gianni Sartori
L’anno scorso, verso la fine di ottobre – un convoglio – partito dalla Bretagna – carico di medicinali e apparecchiature sanitarie aveva raggiunto il campo di Lavrio in Grecia (a circa 60 di chilometri da Atene). Tra gli organizzatori, il sindacato Sud-Education, Solidaires, la CGT e l’associazione Amitiés kurdes de Bretagne.
Il viaggio rappresentava una prima missione esplorativa in risposta alle richieste dell’assemblea dei residenti, nella prospettiva di un intervento stabile, continuativo.
Particolarmente grave risultava la situazione sanitaria in quanto per Atene non esiste nulla di paragonabile agli aiuti economici che Ankara riceve dall’Unione europea (accordi del 18 marzo 2016) per trattenere i migranti nei territori sotto amministrazione turca.
Attualmente la Grecia ospita migliaia e migliaia di famiglie, entrate più o meno clandestinamente e provenienti dalle coste turche. In gran parte accampate nelle isole. Qui sorgono alcuni campi profughi di Stato come quello di Lesbo (9mila persone, mentre era stato previsto per 3mila).
Se generalmente i vari campi della Grecia versano in condizioni discutibili, quello di Lavrio – almeno in passato – costituiva una sorta di eccezione.
Costruito nel lontano 1947 per ospitare i lavoratori delle miniere locali, in seguito divenne un campo per ospitare, prima profughi e fuggitivi da oltre Cortina, poi dissidenti turchi e – dagli anni ottanta – indipendentisti curdi.
Oggi ospita sia curdi (in genere simpatizzanti di PKK e HDP), sia comunisti turchi (MLKP e MKP, m-l e maoisti).
La prosecuzione del conflitto in Siria e la repressione operata dal governo dell’AKP avevano alimentato talmente l’afflusso dei profughi che nel 2015 le autorità greche si videro costrette ad aprirne un altro a qualche chilometro dalla cittadina.
Fino al 2017 il governo greco era stato in grado di fornire un minimo di assistenza ai rifugiati (grazie alla presenza, poi venuta meno, della Croce Rossa e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Ma poi – con l’intensificarsi delle pressioni di Ankara che considera Lavrio un “luogo di formazione militare del PKK” – Atene ha preferito abbandonarlo al suo destino.
Da allora i rifugiati sopravvivono solo grazie all’aiuto locale e internazionale.
Facile immaginare come la situazione sia ulteriormente peggiorata dopo l’attacco turco contro Afrin dell’anno scorso.
E ora?
Ora Ankara torna all’assalto. Pretende che il governo greco chiuda i due campi buttandone in mezzo alla strada gli abitanti (circa 300 persone, tra cui 75 bambini). Addirittura, a fine luglio, con un’operazione di detournement da manuale, la televisione turca ha utilizzato, manipolandole, le immagini girate dalle associazioni solidali per alimentare la diceria che il campo sarebbe “nelle mani dei terroristi”. A quanto pare, il nuovo governo greco è intenzionato a chiudere vari campi profughi presenti sul suo territorio. E in particolare, assecondando il potente vicino, quelli di Lavrio. Al momento in Francia alcune associazioni si starebbero mobilitando per salvare i due campi, ma l’impresa appare ardua.
Gianni Sartori