È certo sorprendente come i media di regime, a cominciare dal «Resto del Carlino», non siano riusciti a menzionare la vicenda della Uno Bianca dinanzi all’arresto del vicequestore Giovanni Preziosa che in quella vicenda ebbe un ruolo dubbio o comunque indefinito.
Fatto sta che il fascistoide vicequestore Preziosa, di cui «Umanità Nova» ebbe a scrivere nel 1999, senza tema di smentite o di querele, «Giovanni Preziosa, ex picchiatore di compagni e manifestanti, ex amico di Roberto Savi [il capo della Uno Bianca]», è stato arrestato perché indagava sì, ma – scrive il «Corriere» – «al soldo degli indagati»…
Un altro neofascista, Massimiliano Mazzanti, ha scritto anni fa un libro sulla Uno Bianca per negare che fosse una banda di fascisti e per difendere proprio l’amico «dottor» Preziosa. La tesi del suo libro è semplice. È quella già espressa a caldo da Fabio Savi: «Cosa c’è dietro la Uno bianca? Dietro la Uno bianca ci sono soltanto i fanali, il paraurti e la targa». Nessuna ideologia, nessun retroscena, nessun mandato informale dall’alto. Solo armi e soldi.
Sono pochi ormai a ricordare quella ridicola farsa che si consumò nella primavera del 1995 quando l’allora magistrato Antonio Di Pietro arrivò a Bologna, stette tre ore in Questura e la «ripulì» sostenendo che non vi era né un terzo livello, né un burattinaio occulto, né una matrice ideologica della banda della Uno Bianca, e ripulendo pure il «dottor» Preziosa che indagava su quei crimini ed era amico stretto dei fratelli Savi… Anche allora «al soldo degli indagati»?… Comunque sia, verso l’una Di Pietro entrò in un ristorante e mangiò a quattro palmenti. Aragoste, si disse.
Non s’indagò nemmeno sullo «strano» suicidio di un poliziotto di Bologna, Claudio Bravi, avvenuto nel 1987 a Loiano. L’uomo, che abitava allora non lontano dalla residenza di Fabio Savi, s’era sparato alla testa. Era addetto alla decrittazione di messaggi riservati. Prima di morire avrebbe detto ai familiari: «Voglio andarmene in Inghilterra, sto scoprendo cose che mi spaventano».
Per noi la Uno Bianca è l’ultimo capitolo della strategia della tensione ed è una vicenda dai chiari tratti neofascisti. Né è un caso che neofascisti siano stati i difensori del «dottor» Preziosa, da Mazzanti ad Enzo Raisi che lo impose come assessore alla «sicurezza» nel 1999.
Senza verità e giustizia, la pace sociale è solo una menzogna. Si possono dare tutte le medaglie d’oro che volete ai morti, ma quel sangue pesa ancora sullo Stato e sulle istituzioni ipocrite di questa città.
Riaprire l’inchiesta sulla Uno Bianca è l’unica medaglia che quei morti meriterebbero!