Non è un mistero che lo Stato italiano non si sia mai del tutto defascistizzato. Nel 1960 si calcolò che 62 dei 64 prefetti in servizio erano stati funzionari sotto il Fascismo. Lo stesso valeva per tutti (tutti…) i 135 questori e per i loro 139 vice. Poi, dopo il ’68, vennero le stragi di Stato.
Ecco una pagina della Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi di Paul Ginsborg riguardante l’amnistia che mandò liberi tutti i fascisti nel 1946:
«Proposta per motivi umanitari, l’amnistia sollevò una valanga di critiche. Grazie alle sue norme sfuggirono alla giustizia anche i fascisti torturatori. Venne stabilita una distinzione grottesca e disgraziata tra “torture normali” e “sevizie particolarmente efferate”. Con questa formula i tribunali riuscirono ad assolvere crimini quali lo stupro plurimo di una partigiana, la tortura di alcuni partigiani appesi al soffitto e presi a calci e pugni come un sacco da pugile, la somministrazione di scariche elettriche sui genitali attraverso i fili di un telefono da campo. Per quest’ultimo caso la Corte di Cassazione stabilì che le torture “furono fatte soltanto a scopo intimidatorio e non per bestiale insensibilità come si sarebbe dovuto ritenere se tali applicazioni fossero avvenute a mezzo della corrente ordinaria”. Alla fin fine l’unica effettiva epurazione fu quella condotta dai ministri democristiani contro i partigiani e gli antifascisti che erano entrati nell’amministrazione statale subito dopo l’insurrezione nazionale. Lentamente ma con determinazione De Gasperi sostituì tutti i prefetti nominati dal Clnai con funzionari di carriera di propria scelta. E nel 1947-48 il nuovo ministro democristiano degli Interni, Mario Scelba, epurò con sveltezza la polizia dal consistente numero di partigiani che vi erano entrati nell’aprile 1945».
Meno scontato è che oggi lo Stato tenda a recuperare e restaurare le proprie tradizioni più nere con il pretesto falsificante della «memoria condivisa».
Ha premiato con la medaglia del «Giorno del Ricordo» circa 300 combattenti fascisti di Salò fra cui figurano anche torturatori e criminali di guerra. Un bel mazzo di santini per neofascisti e forze dell’ordine.
Ha dato una bella medaglia anche al repubblichino Paride Mori che combatté sotto il comando del generale Globocnick, nominato direttamente da Himmler. Globocnik, che aveva organizzato la costruzione dei campi di Belzec, Treblinka e Sobibor, fece costruire il campo triestino della Risiera di San Sabba.
Ora però ci si mette anche la Corte Costituzionale che si è rifiutata di far rimuovere il busto del fascistissimo presidente del Tribunale della Razza dal luogo in cui si riunisce. Si tratta del «giurista» antisemita Gaetano Azzariti, presidente del Tribunale della Razza fra il 1939 e il 1943, poi riciclato da Palmiro Togliatti e infine premiato nel 1957 con la presidenza della Consulta.
Gaetano Azzariti fu per oltre un decennio l’uomo forte del ministero della Giustizia fascista e il suo «Tribunale» costituì non solo uno strumento razzista di persecuzione e di morte, ma anche un mezzo per arricchirsi con sopraffazioni e ricatti finalizzati a estorcere danaro, ville, gioielli, quadri e beni di pregio. Ovviamente tutte le carte del Tribunale della Razza sono poi sparite… Insomma Gaetano Azzariti era in primissima fila tra quanti selezionarono chi nel 1943 sarà salvato e chi verrà invece sommerso nei campi di sterminio.
Ora si apprende che la Corte Costituzionale ha deciso di non rimuovere il busto di Gaetano Azzariti. E questi «giudici» sarebbero i garanti della Costituzione «nata dalla Resistenza»…
Fiducia nello Stato non ne abbiamo, l’antifascismo è nostro e non lo deleghiamo!