Non molti sanno che nell’Italia fascista vi furono numerosi campi di concentramento per internati civili in cui finirono soprattutto ebrei, slavi, omosessuali, oppositori politici.
Fra il 1940 e il 1943, rastrellamenti e internamenti divennero un dispositivo persecutorio contro tutte quelle persone che erano considerate, a vario titolo, pericolose per la «pubblica sicurezza».
Solo in Abruzzo il regime fascista organizzò e gestì 15 campi di concentramento e ben 59 località d’internamento. Ora è consultabile on line l’Archivio del campo di concentramento abruzzese di Casoli che si apre con una frase di Walter Benjamin:
«È più difficile onorare la memoria dei senza nome che non quella di chi è conosciuto. Alla memoria dei senza nome è consacrata la costruzione storica».
E anche oggi sono ancora tanti i «senza nome» a cui dobbiamo una nuova costruzione storica…