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Contro la violenza razzista: mobilitazioni il 19 a Modena e il 20 sull’Adriatico


Come funzionino i presidi indetti da Forza Nuova, e in genere le adunanze di neofascisti, lo si può evincere da questo caso d’intimidazione razzista accaduto il 12 giugno in provincia di Varese.

Sabato pomeriggio a Gallarate un ragazzo marocchino, mentre si trovava in centro in compagnia di un amico e della ragazza, è stato avvicinato da un militante di Forza Nuova che, in malo modo e a voce particolarmente alta, gli ha ordinato di spostarsi perché doveva affiggere un manifesto. Il manifesto, oltre ad un generico invito al tesseramento, riportava il ben noto slogan «prima di tutto gli italiani». Il militante neofascista ha iniziato a provocarlo, con insulti ed intimidazioni, fino ad arrivare a forti spintoni. A questo punto il ragazzo marocchino ha reagito sferrando un pugno al volto dell’italiano, ma è stato a sua volta colpito alle spalle da un altro militante di destra che, con un terzo uomo e una donna, completava il gruppetto. La situazione è così rapidamente degenerata: il neofascista ha tentato di colpirlo, insultandolo anche con offese razziste. E la reazione è stata pronta: il giovane marocchino ha afferrato una zuccheriera prelevata da un tavolino all’esterno di un bar e ha colpito al volto il neofascista, fuggendo subito dopo per non essere raggiunto dai suoi camerati.

Ovviamente i giornali parlano di «rissa» e non di aggressione.

Come funzioni la «sicurezza» leghista non è difficile immaginarlo. Ad Albenga tre migranti sono stati multati dai vigili urbani con una sanzione di 300 euro perché parlavano in piazza. I tre, con regolare permesso di soggiorno, avrebbero violato l’ordinanza «antiassembramento» firmata dal neosindaco leghista Rosy Guarnieri.

Poi ci sono le cellule in sonno del razzismo istituzionale di base: branchi di ragazzini benestanti che si esercitano bruciando senzatetto o picchiando migranti. A Napoli un gruppo di quindicenni ha aggredito e pestato due immigrati filippini e poi li ha minacciati: «Se denunciate vi tagliamo la testa». E non è la prima volta che accade: è un fenomeno in espansione. «È gravissimo quello che è successo — spiegano i due feriti — Non sappiamo perché ci hanno aggredito, forse per noia, per divertirsi. Come noi tanti filippini vengono picchiati per strada. A uno hanno lanciato addosso da una moto una lattina di coca cola, a molti li prendono a schiaffi dai motorini. È da un anno che la situazione sta peggiorando. E molti nostri connazionali per paura non denunciano».

Tra chi tace per paura, le reticenze complici dei giornali, il razzismo di Stato, ormai il fenomeno razzista in Italia sfugge a una valutazione complessiva, ma appare in crescita costante quantitativa e qualitativa.

Spesso il razzismo c’è ma non si vede. A Bologna il 15 giugno due giovani brasiliani di 23 e 26 anni, scrive il “Resto del Carlino”, «sono rimasti seriamente feriti nel corso di una lite scoppiata questa notte per futili motivi in via Zamboni» (una zona in cui già vi sono state aggressioni xenofobe). Secondo l’articolo, un italiano ha colpito i due giovani brasiliani con un coltello e con calci e pugni. Ma il “Resto del Carlino” titola «Lite tra stranieri, spunta il coltello» (spunta da solo!), poi si parla di «futili motivi», si aggiunge una foto qualsiasi con sotto la didascalia: «rissa»…

Oggi non si possono chiudere i CIE senza sconfiggere il razzismo diffuso, non si può sconfiggere il razzismo diffuso senza demolire il razzismo di Stato e i CIE. Occorre trovare un patto d’azione che sappia unire pratiche e metodologie differenti. Senza fronti unitari, ciascuno con le sue modalità, ma con unità di intenti e la consapevolezza della situazione di crescente barbarie e sfruttamento che opprime il mondo. E che rende urgente una risposta credibile e rivoluzionaria.

A cominciare dal 19 giugno a Modena e dal 20 giugno sull’Adriatico.

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