Mentre Einaudi Stile Libero, per completezza merceologica, prova a mettere sul mercato anche un “New Italian Epic” di destra, a Verona CasaPound si appresta a festeggiare un poeta che era sul libro paga di Mussolini, come è documentato dal volume recente di Giovanni Sedita, Gli intellettuali di Mussolini. La cultura finanziata dal Fascismo, Firenze, Le lettere, 2010, pp. 40 e 191. Anche in questo caso, l’aveva detta giusta l’antifascista Walter Benjamin quando scriveva: «Non esiste nessun documento di cultura che non sia allo stesso tempo un documento di barbarie».
Riceviamo e condividiamo il comunicato delle/degli antifascisti/e di Verona:
Né Pound né Barbarani – Il fascismo non è poesia
Presidio antifascista giovedi 23 febbraio ore 20.00 in Piazza Isolo – Verona
Giovedì 23 febbraio p.v. alle ore 21 nel Palazzo Da Lisca in piazza Isolo Blocco studentesco renderà omaggio alla poesia di Berto Barbarani. Lo farà con la partecipazione di un poeta dialettale veronese e dell’assessore all’edilizia pubblica, ai rapporti con i veronesi nel mondo, al turismo sociale e alle pari opportunità Vittorio Di Dio, non si sa in quale veste.
Per la ghiotta occasione i muri dell’università sono stati tappezzati di manifesti che pubblicizzano l’incontro con in bella vista il nome dell’assessore del Comune di Verona.
Non sono una novità le affissioni a tappeto di CasaPound e Blocco Studentesco che prive di qualunque autorizzazione, stazionano per settimane senza alcun intervento di rimozione. Immaginiamo che l’assessore Di Dio si farà carico personalmente del pagamento delle multe che fioccheranno sui firmatari dei manifesti o forse come per tutte le ordinanze, i regolamenti e i divieti dell’epoca Tosi vige un principio di grande discrezionalità.
Discrezionalità che ha caratterizzato anche la concessione della sala del palazzo Da Lisca: negata ai facinorosi di “Naturalmente Verona” perché priva dei requisiti di sicurezza per gli incontri pubblici ma concessa senza problemi ai teneri ragazzotti del Blocco. CasaPound e Blocco Studentesco godono del resto a Verona di grande tolleranza e dichiarati sostegni. Dall’indegna pagliacciata dentro l’università con sventolio di orrendi bandieroni neri dello scorso dicembre alle strette di mano tra il suddetto assessore e la prima fila dei novelli squadristi fuori dall’università lunedì mattina, le complicità sono evidenti.
Il deserto che è oggi piazza Isolo rende difficile immaginare quello che è stata: un centro vivo nel quartiere di Veronetta con la stazione delle corriere, il mercato della frutta e del pesce, i bar e poi nei locali forzatamente abbandonati in vista di uno dei tanti dissennati progetti di “riqualificazione”, la nascita di esperienze politiche e sociali, il rifugio di migranti e senza casa, la rete di solidarietà e accoglienza che intorno a loro si era creata.
La piazza e i dintorni sono dunque un luogo fortemente simbolico che, fermo restando che i vecchi e i nuovi fascisti devono rimanere a fare le loro iniziative nelle proprie sedi, non va insozzato con certe inquietanti presenze.
Gli/le antifascisti/e veronesi provvederanno quindi, giovedì 23 febbraio, a ripulire il quartiere da tutti i manifesti fascisti e leghisti, tra l’altro abusivi. L’appuntamento è alle 19 all’università.
Si recheranno quindi in piazza Isolo dove, dalle 20 in poi, parteciperanno ad una veglia-presidio-reading per l’estinzione del fascismo, vecchio, nuovo, sociale che sia.
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Promemoria – Per non dimenticare la storia di piazza Isolo
Nel 1998, in piazza Isolo, sotto la pensilina della stazione degli autobus che adesso non c’è più, oltre alla libreria di Giorgio Bertani, c’erano gli uffici della Brec Viaggi, occupati dal Kollettivo Porcospino nella primavera di quell’anno e diventati il c.s.o.a. Isola, e il circolo anarchico “La Pecora Nera”. Fuori, sotto i portici, vivevano una quindicina di migranti, europei dell’est e maghrebini, con cui gli occupanti dell’Isola avevano fatto amicizia, dando loro la possibilità di dormire al coperto e di utilizzare i servizi igienici. Una situazione durata pochi mesi, nonostante l’interessamento di Bertani, allora consigliere in prima circoscrizione, e la presenza della Ronda della Carità.
In maggio l’amministrazione comunale, sindaca Sironi e numerosi assessori nazionalalleati, sgombera il centro sociale e fa murare gli ingressi. I migranti tornano fuori, esposti alle ripetute aggressioni di elementi appartenenti all’estrema destra e agli interventi della polizia municipale e dell’Amia che sequestrano loro le coperte e lavano con l’acqua il pavimento del portico (su questi episodi ci fu un’interrogazione parlamentare di Tiziana Valpiana). Nel frattempo l’emergenza “igienica” allarma l’opinione pubblica più dell’emergenza freddo e solo l’operato di Bertani, aiutato dai ragazzi del Porkospino e dalla Ronda, limita i danni.
Nell’inverno 1998-1999 il circolo “La Pecora Nera” decide di aprire i propri locali per ospitare i senzatetto. In primavera i senzatetto tornano a dormire all’aperto. Nella notte tra il 16 e il 17 aprile 1999 una decina di camerati appartenenti a gruppi diversi dell’estrema destra locale, muniti di ombrelli e bastoni, effettuano un raid punitivo contro i senzatetto, ferendone uno in modo grave. Saranno poi fermati grazie alle testimonianze di alcuni passanti.
Intanto si ha notizia del progetto relativo alla costruzione di un parcheggio sotto piazza Isolo con l’abbattimento della pensilina. Il circolo anarchico “La Pecora Nera” riceve la notifica di sgombero. Nell’autunno del 1999 gli anarchici lasciano spontaneamente i locali, poi sigillati dai vigili urbani.
Torna l’inverno, gli ingressi vengono riaperti e i migranti tornano nei locali sotto la pensilina. Ci resteranno, tra alterne vicende e minacce di sgombero, fino all’estate del 2000. Inutili le pressioni di Giorgio Bertani, che sollecita in circoscrizione la realizzazione di un’uscita di sicurezza, mentre l’imprenditore Paolo Favale, che dall’autunno del 1999 garantisce una sostanziosa colazione a quanti la richiedano, promette di aprire un centro di prima accoglienza in borgo Roma, cui si opporranno strenuamente Alleanza nazionale e Lega Nord, con l’attuale sindaco di Verona in testa. In settembre lo sgombero sembra imminente ma la notte del 14 un incendio divampa nei sotterranei e “Cezarro”, l’immigrato polacco Cesar Karaboskji o Karwoskji perde la vita.
Antifascisti/e veronesi
Ancora (perdonate la petulanza): la citazione da Benjamin va vista nel suo contesto. “Chiunque ha riportato fino ad oggi la vittoria, partecipa al corteo trionfale in cui i dominatori di oggi passano sopra quelli che oggi giacciono a terra. La preda, come si è sempre usato, è trascinata nel trionfo. Essa è designata con l’espressione ‘patrimonio culturale’. Esso dovrà avere, nel materialista storico, un osservatore distaccato. Poiché tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo sguardo ha immancabilmente un’origine a cui non può pensare senza orrore. Esso deve la propria esistenza non solo alla fatica dei grandi geni che lo hanno creato, ma anche alla schiavitù senza nome dei loro contemporanei. Non è mai documento di cultura senza essere, nello stesso tempo, documento di barbarie. E come, in sé, non è immune dalla barbarie, non lo è nemmeno il processo della tradizione per cui è passato dall’uno all’altro. Il materialista storico si distanzia quindi da essa nella misura del possibile. Egli considera come suo compito passare a contrappelo la storia”. Ogni atto di cultlura è atto di barbarie perché è espressione di vincitori che hanno schiacciato i vinti. Oggettivamente, la cultura di sinistra ha vinto su quella di destra. Non sto dicendo che la vittoria non sia motivata e legittima. Ma se ogni cultura è atto di barbarie in quanto trionfo su una cultura antagonista (questa è del resto la visione dialettica), allora anche la cultura di sinistra è atto di barbarie. Forse lo è addirittura ancor più di quella di destra, che nell’agone della storia è uscita sconfitta.
Se invece mi dite che la poesia non deve essere strumentalizzata a fini ideologici (credo che i nerboruti e maneschi militanti casapoundini non abbiano letto i “Cantos”, e se anche li leggessero non ci capirebbero nulla, trattandosi di un testo assai arduo anche per persone coltissime, addirittura per gli stessi studiosi di professione), allora non si può che concordare.
Il Fascismo, di per sé, in effetti non è poesia, ma quasi solo retorica. Per di più vuota, e spesso (peggio ancora) pericolosa e violenta. Tuttavia, alcuni grandi poeti e scrittori (D’Annunzio, Ungaretti, Benn, Pound, Céline, a tacer d’altri…) aderirono al fascismo. Secondo voi andrebbero tutti buttati nella spazzatura? Andrebbero ignorate anche le opere di D’Annunzio di molto antecedenti al Fascismo (“Alcyone” se non ricordo male uscì nel 1903)? La bellissima “Epigrafe per un caduto della rivoluzione” di Ungaretti (la cui prima racclta uscì addirittura con una prefazione di Mussolini, ma un decennio prima della nascita del fascismo) andrebbe espunta, cancellata, erasa da tutte le edizioni solo perché era dedicata ad un giovane squadrista morto in uno scontro? Berto Barbarani fu un grande poeta dialettale, apprezzato (e antologizzato) anche dal comunista Pasolini. Cancellare anche Barbarani? Non eccedete in intransigenza ideologica?