Finalmente ce l’hanno fatta! Spulcia che ti spulcia, hanno trovato un loro «eroe» dopo le tante appropriazioni furfantesche e manipolatorie degli ultimi anni: da Capitan Harlock, il pirata libertario creato dalla mano di Lejii Matsumoto, a Jack Kerouac, a Madre Teresa di Calcutta, fino ad anarchici, sovversivi e antifascisti come Luciano Bianciardi, Rino Gaetano e il Che… Tutta gente che non poteva più mandarli a quel paese.
Comunque sia, dopo i confusionismi culturali, le spranghe tricolori e le lunghe faide interne per i proventi del clientelismo di centrodestra, ecco che i fasciofuturisti di CasaPound adesso non cercano più travestimenti rossobruni e puntano sulla loro identità squadrista, celebrando con qualche striscione affisso nella notte «Primo Carnera il campione in camicia nera».
Era un buon uomo, alto più di due metri, che prese tanti pugni in testa sul ring da lasciarsi strumentalizzare da tutti quelli che aveva intorno, manager, impresari, mafiosi, e anche da Benito Mussolini. Ed ora, a strumentalizzarlo un’ultima volta, è il turno dei fasciofuturisti di CasaPound in crisi d’identità, che hanno inviato il solito autoscatto dei loro tre striscioni alle compiacenti redazioni locali dei giornali di regime.
Ma non sanno nemmeno bene di cosa parlano. Così scriveva nel 1931 il fascistissimo «Carroccio»:
«Non diremo che il tipo fisico Carnera sia il tipo italiano in cui gli stranieri debbano individualizzare la nostra razza. Né diremo che il suo metodo di menar pugni rappresenti una singolare scuola da menarne vanto nazionale. Per queste due semplici ragioni non ci siamo mai scalmanati per Carnera: le abbia date o le abbia prese. Per questo non ci siamo mai spiegati perché si dovesse fare, per lui, scritturato da un manager qualsiasi, dell’italianità. Siamo abituati a usar questa parola in casi ben diversi».
Anzi, nel 1931 Mussolini si adirò violentemente con chi aveva arruolato Primo Carnera nella milizia fascista perché il «Duce» lo riteneva un «gigante di cartapesta», una «stravaganza di natura», un «diverso» vagamente mostruoso. E poiché Carnera era stato riformato alla leva militare per vene varicose e piedi piatti, il «Duce» dichiarò con la sua impareggiabile idiozia: «Alti o bassi, gli scarti del regio esercito nelle mie legioni non li voglio!». Salvo poi riprenderselo ed esaltarlo nel 1933 come «campione della razza italica», quando diventò Campione del mondo dei pesi massimi.
Ma pochi anni dopo Carnera cadeva di nuovo in disgrazia per aver paragonato nel 1935 le sue imprese di pugile alle conquiste coloniali di Mussolini, per l’asportazione di un rene indegna dell’«uomo forte» e infine per il matrimonio con una ragazza non «italica», d’origine slava, che lo rese felice nonostante tutte le tragiche idiozie del Ventennio.
Che dire? Non si può che rimormorare fra sé le parole con cui Carlo Emilio Gadda commemorava il capo del Fascismo: «quello che hanno così santamente appeso al gancio con la testa in giù»…