Filippo Tommaso Marinetti non amava i nostalgici e fra le altre cose ha scritto:
«Quand vous regrettez quelque chose, c’est déjà un germe de mort que vous portez en vous».
«Quando rimpiangete qualche cosa, vi è già un germe di morte che voi portate in voi stessi».
Fu certo un artista fin troppo acquiescente al regime fascista, ma non così asservito da non contestare la campagna antisemita e le leggi razziali del 1938 sulla rivista «Artecrazia», tanto che il periodico venne subito vietato.
Non avrebbe certo meritato che, a Milano, un gruppo di neonazisti, razzisti e nostalgici andassero sulla sua tomba a fare il saluto romano, in una ridicola parata cimiteriale per commemorare i caduti della R.S.I. Però Marinetti non «cadde», ma morì per un infarto nel 1944. E per il resto si tratta solo di una sordida banda di assassini.
La buffonata è durata circa un’ora, fra teste rasate, croci celtiche cucite ai giubbotti, gonfaloni repubblichini e nostalgici con baffi di taglio hitleriano. Oltre all’Unione combattenti della R.S.I. e ai naziskin di «Lealtà e azione», erano presenti anche esponenti di «Fratelli d’Italia».
In un telegramma del 25 giugno 1944 ai suoi capiprovincia, così Mussolini esortava gli aguzzini della Repubblica Sociale Italiana: «poiché taluni leoni vegetariani continuano a parlare di una eccessiva indulgenza del Governo della repubblica, siete pregati di mandare telegraficamente i dati sulle esecuzioni avvenute di civili e militari con processo o sommarie».
L’instaurazione della R.S.I. sotto la diretta tutela della Germania nazista fu fra l’altro l’inizio del rastrellamento metodico degli ebrei italiani, cui contribuirono attivamente i «ragazzi di Salò»: di tutti gli ebrei italiani deportati, il 35% venne catturato da funzionari o militari italiani della R.S.I. (L. Picciotto Fargion, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia 1943-1945, Milano, Mursia, 1991). Ecco l’onore infame della R.S.I. e di chi ne onora oggi la memoria: razzismo, menzogne, violenze, eccidi, subalternità idiota a una gerarchia.