È alle prime battute il processo all’ex vicequestore Giovanni Preziosa alla sbarra perché aveva in casa una serie di armi e munizioni non denunciate e prive di matricola fra cui anche armi da guerra…
Sull’ex vicequestore in odore di neofascismo «Umanità Nova» ebbe a scrivere nel 1999, senza tema di smentite o di querele, «Giovanni Preziosa, ex picchiatore di compagni e manifestanti, ex amico di Roberto Savi [il capo della Uno Bianca]».
Ai tempi in cui Preziosa ricopriva il ruolo di dirigente della sezione rapine e omicidi della squadra mobile (1988-1995), la Questura di Bologna poteva vantare personale di eccezione: Roberto Savi era assistente capo alle volanti e alla centrale operativa/ufficio controllo del territorio assieme a Pietro Gugliotta, mentre Marino Occhipinti era in servizio alla sezione narcotici della mobile. Più della metà degli assassini della Uno Bianca era agli ordini di Preziosa che avrebbe dovuto trovarli…
Al riguardo vedi anche:
È ora di riaprire l’inchiesta sulla Uno Bianca!
Ritratto di un ex vicequestore. Parte prima
Ritratto di un ex vicequestore. Parte seconda
Anche negli anni Novanta i poliziotti della Uno Bianca avevano armi non dichiarate, con la matricola abrasa, armi da guerra…
Del resto, perché sorprendersi? Adesso la D.I.A., che sarebbe la Direzione Investigativa Antimafia, anziché occuparsi della ’ndrangheta che espande il proprio potere e i propri traffici a Bologna e in Emilia-Romagna, si preoccupa… dell’«area anarchica»…
«Il ricorso alle intercettazioni preventive si è rivelato particolarmente proficuo consentendo, unitamente ad elementi di prova raccolti in procedimenti penali, di procedere al sequestro penale della sede, occupata da decenni, dal collettivo denominato Aula C, all’interno dello stabile della locale Facoltà di Scienze Politiche».
La cattura di Riina e Provenzano è stata nulla in confronto alla mirabile operazione di chiusura dell’Aula C! Anzi, secondo la D.I.A. vi sarebbero attivisti anarchici per il cui costante controllo è giusto trascurare le antipatiche indagini su mafia e neofascisti. Si tratta di persone che contestano e fanno persino frequente ricorso a volantini…
«soggetti e gruppi […] impegnati, prevalentemente, in azioni di contestazione contro la Tav, la repressione, i Cie, e altro ancora, con continui collegamenti con diverse realtà nazionali (quali Torino, Roma, Milano, Trento ecc.) e frequente ricorso a volantini e manifesti divulgati, anche, sulla rete internet ed oggetto di incontri ristretti, manifestazioni e presidi».
Lasciamo perdere che la persecuzione antianarchica abbia prodotto una mole enorme di intercettazioni preventive senza alcuna rilevanza penale e sia costata centinaia e centinaia e centinaia di migliaia di euro…
Il fatto è che, mentre ogni pretesto o montatura era buono per perseguire l’antagonismo sociale, Bologna e l’Emilia-Romagna sono diventate nel frattempo «terra di ’ndrangheta»: un’ampia area di riciclaggio di fiumi di denaro sporco e anche di spaccio mafioso di droghe nocive e pericolose per controllare una società impoverita, inquieta e senza prospettive.
Insomma, nulla di nuovo sotto il sole.
A Torino la celere ha caricato la gente che si faceva l’aperitivo per far rispettare l’ordinanza antialcool. A Roma invece i partecipanti a un presidio di Amnesty International sono stati identificati e minacciati per aver espresso contrarietà al decreto Minniti. E anche a Bologna i giornali di regime mettono le mani avanti…