Si sa, gli intellettuali accademici che analizzano il fenomeno neofascista e neonazista europeo offrono sempre un quadro alquanto tranquillizzante, come se certe cose non potessero mai più tornare. Anzi, vi è una sorta di rimozione del fatto evidente che il nostro 2018 non rappresenta il futuro del Novecento, ma pare ancora del tutto interno al lungo trauma cominciato con i massacri del 1914, con l’industrializzazione della guerra e il dominio estensivo dell’economia capitalistica.
Quando negli anni Ottanta fu decretata la «fine delle ideologie», tutti ripetevano una sola parola, «complessità»!
– Un lenzuolo è bianco?
– Nient’affatto! la cosa è ben più complessa, a ben guardare qualche fibra è lievemente più scura, qualcuna è stata sbiancata, qualcuna ha una sfumatura che tende al giallo. È tutto più transitorio, eterogeneo, mutevole di quel che sembra! Non si può dire che il lenzuolo sia bianco, è una semplificazione!
Così, prima sono stati disarticolati dall’interno i linguaggi sociali, e poi, man mano che si faceva il vuoto, si è provato a imporre dall’alto, con qualche successo, una neolingua futuribile e autoritaria tutta fiorita di prefissi come post-, pseudo-, meta-.
Pare non faccia eccezione, adesso, l’inutile volumetto di Enzo Traverso su I nuovi volti del fascismo. Qui un estratto del libro.
Secondo Traverso la categoria del «neofascismo» ingenera confusione perché si basa su «analogie superficiali» fra il vecchio fascismo e la nuova destra. E si tratta invece di passare al concetto assai più rassicurante e vago di «postfascismo»:
«non più fascismo, ma neppure qualcosa di completamente nuovo e diverso, per definire un insieme di esperienze transitorie, eterogenee, ancora mobili, in bilico tra un passato concluso ma ancora vivo nella nostra memoria e un futuro assolutamente incerto».
Secondo noi, che il fascismo sia un «passato concluso» è una tesi preconcetta, semplicistica e fuorviante. Tanto più che è lo stesso Traverso a dire che il post– potrebbe diventare un pre– e aprire la strada a un fascismo istituzionalizzato:
«Nel quadro di uno scioglimento dell’Ue e della crisi economica che ne deriverebbe, le estreme destre potrebbero radicalizzarsi: il postfascismo potrebbe così assumere i tratti di un neofascismo. Con un effetto domino, questo processo potrebbe estendersi da un paese all’altro. Questa ipotesi non può essere esclusa ed è per questo che insisto sul carattere transitorio e instabile delle destre “postfasciste”».
Sarebbe come dire che il partitino nazionalsocialista di Hitler negli anni Venti era un partito post-nazista…
il partitino tedesco di Hitler veniva qualche anno dopo il carnaio della prima guerra mondiale, che aveva “educato” intere generazioni a risolvere i conflitti col reciproco sterminio. Senza quel propellente, non ci sarebbe mai stata la violenza politica diffusa del primo dopoguerra che portò al regime nazista.
Dov’è la “pedagogia dello sterminio” del 2018?