Mentre ci sono i mondiali, in Russia torturano gli anarchici e gli antifascisti: vedi qui e qui.
In Italia, invece, per ora ci si limita quasi solo alle menzogne istituzionali e alle persecuzioni giudiziarie.
Una volta all’anno, per decisione del Consiglio regionale lombardo, in tutte le scuole della Lombardia dovrà essere ricordata d’ora in poi la morte del neofascista Sergio Ramelli come vittima degli Anni di piombo.
Sergio Ramelli fu un giovane squadrista del Fronte della Gioventù che nel Giovedì Nero del 12 aprile 1973 era fra le schiere neofasciste che a Milano gettarono tre bombe a mano contro la folla ferendo varie persone e uccidendo l’agente 22enne Antonio Marino. Erano anni in cui i neofascisti uccidevano decine di attivisti di sinistra o anche solo persone che potevano sembrarlo. Erano gli anni delle bombe e delle stragi di estrema destra. E oggi Sergio Ramelli è l’icona del vittimismo dei neofascisti che strumentalizzano un episodio tragico per legittimare la propria ideologia e la propria violenza.
Guarda caso, se il morto non è neofascista, non interessa. Così alcuni attivisti di Amnesty International sono stati fermati, minacciati e identificati per aver esposto uno striscione dove si chiedeva verità per la morte di Giulio Regeni durante una manifestazione elettorale del ministro dell’Inferno, Matteo Salvini.
Sono cose già viste. Nel romanzo 1984 di George Orwell, scritto nel 1948, il Partito Unico fa risuonare ovunque gli slogan indiscutibili della «neolingua», che non deve più nominare la realtà, ma solo piegarsi al potere e distruggere ogni significato: «la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l’ignoranza è forza».
Perderanno, ancora una volta.