Non c’è dubbio che il trionfo sguaiato e aggressivo della destra sia stato reso possibile dalle furbizie, dai compromessi e dai tradimenti di una sedicente «sinistra democratica» senza più idee e senza memoria.
Negli ultimi vent’anni non solo vi sono stati tanti sdoganatori di neofascisti e tanti revisionisti in cerca di notorietà.
In parallelo vi è stato anche chi ha voluto coniugare a sinistra le idee della destra cercando di ritagliarsi il suo piccolo bacino politico-elettorale per piccole e comode carriere. A cominciare, nel lontano 1998, dalla legge razzista Turco-Napolitano, voluta dal governo Prodi e votata da quasi tutto il Parlamento: dai postfascisti di AN fino al Partito Democratico, a Rifondazione Comunista e ai Verdi. Favorevoli furono fra gli altri Nichi Vendola, Ugo Boghetta, Francesco Giordano, Ramon Mantovani, Paolo Cento…
Non sorprende allora trovare Ugo Boghetta tra i nuovi «sovranisti di sinistra» che, al pari di Lega e neofascisti, si contrappongono a una mitica «invasione» di «stranieri»…
Così, dopo la presentazione a Venti Pietre del libello xenofobo Migranti!? Migranti!? Migranti!?, ecco che il 14 dicembre 2018 al bar La Linea di Piazza Re Enzo 1 si terrà alle ore 18.30 la presentazione del volume Sovranità o barbarie. Il ritorno della questione nazionale con una manciata di intellettuali rossobruni e nazionalsocialisti.
Oltre Boghetta, ci sarà anche l’associazione Marx21 che ha recentemente elogiato la lotta «antimperialista» di Putin (!?) e Assad (!?) e ha condannato la rivoluzione del Rojava come complotto del Pentagono…
Storicamente, l’ideologia del Fascismo è nata proprio da una rete di scambi e ibridazioni fra «destra» e «sinistra», combinando lotta di classe e nazionalismo, dittatura del proletariato e stirpe eletta, socialismo e razzismo. Tutti dicono che siamo nel futuro, ma finché il capitalismo non sarà abbattuto continueremo a rivivere l’orrore del Novecento ancora e ancora e ancora…
Ora e sempre resistenza!
Vedi anche:
Rifondazione alla deriva nazionalpopulista
S’ode a destra uno squillo razzista, a sinistra risponde uno squillo!?…
Un esempio del fervido clima intellettuale destato dal libro…
Forse aspirano solo ad avere finanziamenti dallo zar Putin come leghisti, fascisti e integralisti cattolici in modo da fare l’ennesimo inutile partitino e prendersi un bel vitalizio mentre la catastrofe continua!
Una volta cercavano di spostare a sinistra il PCI e PD, ora ci provano con la Lega:
«Patria? Mi sento un patriota»
(Carmine Morciano, del Fronte Sovranista Italiano)
«A me sarebbe piaciuto molto che Liberi e Uguali avesse fatto da sinistra ciò che oggi fanno i Fratelli d’Italia da destra verso questo governo: tentare di influenzarlo, negoziare su due o tre punti programmatici, senza pregiudizi»
(Fausto Sorini, ex dirigente di Rifondazione Comunista)
«L’immigrazione di massa è una presente (e futura) invasione del nostro territorio nazionale che il governo non riesce né a pensare, né tanto meno a controllare»
(Ugo Boghetta)
Sono ridicoli!!!!
Perché non provate a leggere il libro anziché esibirvi con questa fatwa da operetta?
Il fatto di auto-identificarsi come anti-fascisti non autorizza a feticizzare in alcun modo una tradizione socialista molto più variegata, ma caso mai di studiare e capire come si traduca ogni volta il conflitto di classe attraverso la complessità dei processi storici:
“LE ACCUSE DI NAZIONALISMO SONO INETTE se si riferiscono al nucleo della questione.
Se si studia infatti lo sforzo dal 1902 al 1917 da parte di maggioritari (nota: Bolscevichi) se vede che la loro originalità coniste nel depurare l’internazionalismo di ogni elemento vago e puramente ideologico (in senso deteriore) per dargli un contenuto di politica realistica.
Il concetto di egemonia è quello in cui si annodano le esigenze di carattere nazionale e si capisce come certe tendenze di tale concetto non parlino o solo lo sforino.
Una classe di carattere internaizonale in quanto guida di strati sociali strettametne nazionali (intellettuali) e anzi spesso meno ancora che nazionali, particolaristi e municipalisti (i contadini), deve ‘nazionalizzarsi’, in un certo senso, e questo senso non è d’altronde molto stretto, perché prima che si formino le condizioni di un’economia secondo un piano mondiale, è necessario attraversare fasi molteplici in cui le combinazioni regionali (di gruppi di naizoni) possono essere varie.
Che i concetti ‘non nazionali’ (cioè, non riferibili a ogni singolo paese) siano sbagliati si vede per assurdo: essi hanno portato alla passività e all’inerzia in due fasi ben distinte: 1) nella prima fase, nessuno credeva di dover cominciare, cioè riteneva che incominciando si sarebbe trovato isolato, nell’attesa che tutti iniseme si muovessero, nessuno intanto si muoveva e organizzava il movimento;
2) la seconda fase è forse peggiore perché si apsetta una forma di ‘napoleonismo’ anacronistico e antinaturale (poiché non tutte le fasi storiche si ripetono nella stessa forma)”.
Antonio Gramsci – Note sul Machiavelli, la politica, e lo Stato moderno (Quaderni dal carcere)
“Si è ritenuta spenta in Gramsci in questo periodo una tematica di carattere consiliare e se ne è ricondotta la causa a una pesante intrusione dall’esterno nello sviluppo autonomo del suo pensiero.
Giudizio che ritengo discernere piuttosto da una ‘visione mitizzata’ del Consiglio di Grmasci, quando in lui vi è un’affermata continuità di ricerca dal 19 al 24 in una nuova situazione in cui viene maggiormente chiaro il carattere ‘democratico’ della concezione ordinovista come rivitalizzazione del tessuto politico e sociale del paese.
Come si riflette del resto nella sua conezione del governo operaio e contadino NON inteso come formula di auto-governo di classe ma riassumente tutte le rivendicazioni antifasciste dei partiti e dei ceti democratici:
‘E’ la formula che deve contenere tutti i motivi della lotta generale contro il fascismo sul PIANO NAZIONALE, condotta attraverso l’alleanza degli operai con i contadini, sepcialmetne delle masse contadine dell’Italia meridionale’ ..”
Stefano Merli – Fronte antifascista e politica di classe
“E’ RIDICOLO PENSARE CHE LA CLASSE OPERAIA POSSA STACCARSI, scindersi dalla NAZIONE.
La classe operaia moderna è il nerbo delle nazioni, non solo per il suo numero, ma per la sua funzione economica e politica. L’avvenire della nazione riposa innanzi tutto sulle spalle delle classi operaie.
I comunisti, che sono il partito della classe operaia, non possono dunque staccarsi dalla loro nazione se non vogliono troncare la loro radici vitali. Il cosmopolitismo è una ideologia del tutto estranea alla classe operaia.
Esso è invece l’ideologia caratteristica degli uomini della banca internazionale, dei cartelli e dei trusts internazionali, dei grandi speculatori di borsa e dei fabbricanti di armi. Costoro sono i patrioti del loro portafoglio. Essi non soltanto vendono,ma si vendono volentieri al migliore offerente tra gli imperialisti stranieri.”
Palmiro Togliatti – Il patriottismo dei comunisti (Rinascita 1945)
“Il vero Essere, era stato affermato nella Logica, è l’Universale, il quale è in se stesso individuale e ha in sé il particolare.
Questo vero Essere, definito nella Logica concetto, ritorna ora come Stato, in cui si manifestano concretamente la Ragione e la Libertà.
Esso è ‘L’Universale’ che ha sviluppato la sua vera razionalità’ e rappresenta l’identità della volontà generale e della volontà particolare’. LO STATO RAPPRESENTA L’INCARNAZIONE DELLA LIBERTA’ CONCRETA, in cui la persona e i suoi particolari interessi trovano il loro completo sviluppo e ricevono un adeguato riconoscimento dei loro diritti’.
Gli interessi particolari degli individui non devono in nessuna circostanza essere trascurati o repressi; tutto dipende dall’unione dell’universalità e della particolarità dello Stato.
[…]
L’IDEA LIBERALE DELLO STATO VENIVA COSì DEMOLITA.
Affinché lo schema dell’ordine sociale costituito non venga infranto, l’interesse comune deve dipendere da un’istituzione autonoma e l’autorità dello Stato deve essere posta al di sopra del campo di battaglia tra gruppi sociali in concorrenza.
LO STATO ‘DEIFICATO’ DI HEGEL NON PUO’ IN NESSUN MODO ESSERE MESSO A CONFRONTO CON QUELLO FASCISTA.
Quest’ultimo, infatti, rappresenta proprio quel livello dello sviluppo sociale che lo Stato di Hegel doveva evitare, cioè il dominio diretto e totalitario sull’insieme da parte di interessi particolari (di classe)”.
Herbert Marcuse – Ragione e rivoluzione
“Per un verso, non possiamo non renderci conto di una integrazione economica in costante aumento, la quale spinge oggettivamente nella direzione di un essere economico unitario del genere umano.
Anche la nazione difatti non avrebbe potuto imporsi come forma di unità più ampia senza la base di questa tendenza all’integrazione economica […].
Per l’altro verso, vediamo con quanta forza le tendenze unitarie integrarsi in nazioni si oppongono a tutte le forme nuove di unificazione a livelli economici più alti […]”.
Se finiranno per fondersi completamente l’una con l’altra, come i normanni e i sassoni in Inghilterra, oppure continueranno a esistere fianco a fianco come nazioni (etnie), al modo degli scozzesi, gallesi, ecc.?
Ancora in Inghilterra è un problema di sviluppo sociale (politico), che in pratica non tocca il momento evolutivo generale (arretramento delle barriere naturali) e di regola è riconducibile a tendenze concrete presenti nello sviluppo socio economico […].
Il PROCESSO SOCIALE, in quanto adattamento attivo dell’uomo al suo mondo ambiente, in quanto trasformazione di tale ambiente in base ontologica al servizio dei bisogni sociali, FA Sì CHE LE UNITA’ CONCRETE , ogni volta in funzione, NON POSSEGGANO PER PRINCIPIO UN CARATTERE FISSATO DEFINITIVAMENTE […]”
Gyorgy Luckàcs – Ontologia dell’essere sociale
“Il compito della teoria del nazionalismo deve abbracciare entrambi i corni del dilemma.
Essa deve vedere il fenomeno nella sua totalità, in un modo che si innalzi al di sopra di questi aspetti ‘positivi’ e ‘negativi’.
[…] (Tali) distinzioni non implicano l’esistenza di due tipi di nazionalismo, uno sano e uno malato. Sia progresso che regresso sono iscritti infatti nel codice genetico di principio’ (Tom Nirin, cit.).
Nè quest’insistenza sul carattere simultaneamente ideologico e utopistico del fenomeno nazionale è un problema meramente teorico.
Al contrario, è sempre chiaro nel mondo d’oggi (semmai fosse stato in dubbio) che una sinistra che non sia in grado di capire l’immensa attrazione utopistica del nazionalismo (non più di quanto sia in grado di comprendere quella della religione e del fascismo) non può avere molte speranze di riappropriarsi di tali energie collettive ed è inevitabilmente condannata all’impotenza politica”.
Frederic Jameson – L’inconscio politico
“È infatti su questa svolta epistemologica e pratica che l’incrinatura si stratifica in una prima differenza di tipo geografico, espressione però di un denso nucleo teorico.
La questione coloniale rinviando a quella nazionale, vale a dire ad un’emancipazione che si può realizzare solo attraverso il riconoscimento del diritto dei popoli oppressi a costituirsi quali Stati nazionali indipendenti, chiama alla storica resa dei conti alcuni presupposti ingenui del marxismo occidentale: l’estinzione dello Stato, la fine dell’economia del denaro, la sfiducia nella scienza-tecnologia, una visione restrittivamente sciovinista dell’idea di nazione.
E dunque, mentre a Oriente il marxismo si concentra sulla questione coloniale attraverso un tormentato processo di apprendimento che andava a ridefinire il ruolo della nazione, dello Stato, dello sviluppo economico, a Occidente questo processo non viene compreso nella sua drammaticità e nella sua forza costruttiva.
In questo caso a condurre alla divaricazione è la lettura che in Occidente marxisti come il giovane Lukács, Bloch, Benjamin fanno dello Stato alla luce dell’apparato statale e militare quale espressione della volontà di potenza e di conquista e del nazionalismo che ha trasformato lo Stato-nazione in una macchina di morte e distruzione.
La giusta critica che si fa alla connotazione che in un determinato periodo storico la forma Stato assume viene generalizzata in una critica assoluta che identificando Stato, potere, dominio e violenza sfocia in toni anarcoidi.
Toni che evidenziano la carente comprensione della lotta che i popoli coloniali iniziavano a rivendicare non solo per liberarsi dallo sfruttamento economico, ma anche per il riconoscimento della loro capacità di autogovernarsi: «a ispirare la rivoluzione dei popoli coloniali è la parola d’ordine non di “uno Stato in via di estinzione”, bensì di uno Stato in via di formazione» (p. 10).
È ancora una volta la parola d’ordine del marxismo-leninismo ereditata alla luce della concreta situazione di oppressione e di disprezzo in cui si trovano i popoli colonizzati, si pensi soprattutto alla Cina di Mao, ad esigere la formazione di Stati nazionali indipendenti tanto necessari per liberarsi dall’oppressione del colonialismo e dell’imperialismo”.
Elena Fabrizio su “Marxismo occidentale” di Domenico Losurdo – Sinistra in rete