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Fine dell’isolamento per Ocalan?

Oggi il carcere ha prevalentemente una funzione di distruzione umana del detenuto o di vendetta sociale contro i poveri e contro chi non riesce a “integrarsi”. Basta pensare alle sevizie e alla morte di Stefano Cucchi… Per questo le carceri vanno abolite e occorre denunciare con ogni mezzo l’ipocrisia delle istituzioni europee preposte alla “prevenzione della tortura”…

FINE DELL’ISOLAMENTO PER OCALAN?
di Gianni Sartori

Ma sarà poi veramente così? In molti lo speriamo, sinceramente.

Il 16 maggio, giovedì – al 190° giorno di sciopero della fame di Leyla Giuven – è piombato un fragoroso annuncio del ministero della Giustizia turco. Le misure che finora hanno impedito agli avvocati di Ocalan di incontrare il loro assistito stavano per essere tolte.

Il gruppo di avvocati e giuristi (gabinetto giuridico Asrin) che garantiscono la difesa dell’universalmente noto prigioniero politico curdo ha immediatamente emesso un comunicato-stampa in cui le autorità turche vengono sollecitate a “passare dalle parole ai fatti”.

Dal testo del comunicato prodotto dagli avvocati:

Il Ministero dell’Interno ha dichiarato pubblicamente che le restrizioni giudiziarie in merito al diritto del nostro cliente, il signor Abdullah Ocalan, di incontrare i suoi avvocati erano state tolte e che la possibilità di visitarlo era stata assicurata.

Come avevamo segnalato nel corso della conferenza stampa, avevamo incontrato il nostro cliente il 2 maggio (il primo incontro dopo otto anni di proibizione N.d.A.). Avevamo inoltre precisato che il tribunale criminale di Bursa aveva, a seguito di un nostro ricorso, annullato la decisione giudiziaria che proibiva le visite degli avvocati.

Nessun altro incontro è avvenuto dopo quello del 2 maggio, nonostante avessimo ogni giorno deposto richieste di visita (…). Vogliamo precisare che la fine di tali misure restrittive contrarie alla legge deve consentire le visite periodiche degli avvocati. Questo implica inoltre che tutti i diritti fondamentali del signor Ocalan vengano ristabiliti, in particolare il suo diritto di comunicare per lettera e per telefono”.

Va anche ricordato che contemporaneamente il ministero della giustizia turco forniva la notizia di una visita nell’isola-carcere di Imrali del CPT (Comitato europeo per la prevenzione della tortura). La prima dal 2016.

Su questo evento gli avvocati hanno dichiarato di aspettarsi che “il CPT si occupi direttamente della situazione e pubblichi al più presto le sue osservazioni e raccomandazioni in proposito”.

Nel frattempo rimangono in vigile attesa.

Come ricordavano gli avvocati, la decisione del ministero deriverebbe quindi sia da quella del tribunale di Bursa (in risposta al ricorso, l’ennesimo, degli avvocati della difesa) di annullare la precedente con cui le visite venivano proibite. Sia – e forse soprattutto – dalla visita del CPT. Sempre rinviata, ormai inaspettata.

Da segnalare anche che continuavano ugualmente a rimanere inevase – sistematicamente rigettate in base a pretestuose misure disciplinari – le richieste di visita da parte dei familiari.

Gianni Sartori

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