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Palestinesi e curdi: due popoli, medesima repressione

Con gli oppressi contro gli oppressori, sempre! Riceviamo e condividiamo una riflessione al riguardo di Gianni Sartori.

PALESTINESI E CURDI: DUE POPOLI, MEDESIMA REPRESSIONE
(ma i “campisti” nostrani non vogliono capirlo)
di Gianni Sartori

Avevano protestato contro l’invasione turca del Rojava. Ora sono in isolamento e sotto inchiesta per “propaganda a favore di un’organizzazione terrorista”.

La decisione nei confronti di 57 prigionieri politici curdi è stata presa dalla Direzione di Sakran, centro di detenzione ad alta sicurezza situato nella provincia di Izmir (Turchia occidentale).

Condannati a undici giorni di isolamento, verranno anche indagati per apologia di terrorismo.

Sanzioni di cui si è venuti a conoscenza, il 31 ottobre, per le dichiarazioni di Fatma Cig.

La madre del prigioniero politico Huseyin Cig ha anche spiegato che i detenuti vengono regolarmente sottoposti a sanzioni disciplinari del tutto arbitrarie. Una reazione delle autorità carcerarie per lo sciopero della fame (costato la vita a otto prigionieri) avviato in primavera per protestare contro l’isolamento a cui è sottoposto Abdullah Ocalan.

Nella stessa giornata, alle tre del mattino di giovedì 31 ottobre, a Ramallah le forze di occupazione israeliane sono entrate – brutalmente, a quanto riferito – nell’abitazione di una esponente palestinese, la femminista Khalida Jarrar. Almeno settanta soldati e 12 veicoli militari, quasi un’operazione di guerra.

La militante di sinistra era uscita di prigione appena otto mesi fa, dopo una carcerazione amministrativa (ossia senza specifiche accuse e senza processo) di 20 mesi. Del resto non era la prima volta. Nel 2017, a 13 mesi da una precedente liberazione, era stata ugualmente imprigionata di nuovo. E ancora nel 2015 era stata posta in detenzione amministrativa per 20 mesi.

La sua colpa? Aver sempre lottato per i diritti dei prigionieri palestinesi anche come vicepresidente e direttrice esecutiva dell’associazione Addameer.

Membro del Consiglio legislativo palestinese, eletta nell’aggregazione di sinistra Abu Ali Mustafa (legata al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) Khalida Jarrar aveva presieduto il Comitato dei prigionieri.

Contribuendo inoltre a denunciare i crimini di guerra (in particolare: gli attacchi a Gaza, la confisca di terre palestinesi e la costruzione di colonie, gli arresti di massa e indiscriminati…) di cui si sarebbero reso responsabili alcuni esponenti politici israeliani. Inoltrando formale richiesta di portarli in giudizio davanti alla Corte penale internazionale.

Una considerazione finale. Amara ma necessaria. Brilla per particolare miopia (se non per autentica malafede) la posizione di alcuni “campisti” (soidisant “antimperialisti” e pure di “sinistra”) che continuano ad accusare i curdi (tutti indiscriminatamente: senza la capacità – o la volontà – di distinguere tra il PDK e le YPG) di aver collaborato con l’imperialismo a stelle e strisce “tradendo” la patria (quella con capitale Damasco, beninteso). Qualcuno, non tanto tempo fa, si augurava addirittura che per questo venissero severamente puniti. Adesso forse sarà contento…

Tali campioni di “antimperialismo” (talvolta sostenitori, se non addirittura, ammiratori, della Repubblica islamica iraniana) si mostrano più realisti del re. Infatti, nonostante inevitabili divergenze, la sostanziale solidarietà delle organizzazioni rivoluzionarie palestinesi nei confronti del popolo curdo si è mantenuta nel tempo. Vedi le dichiarazioni di vari esponenti del FPLP durante lo sciopero della fame dei prigionieri curdi e contro l’invasione del Rojava. Ugualmente YPG e PKK hanno solidarizzato con le manifestazioni palestinesi, duramente represse, del venerdì al confine della Striscia di Gaza.

Due domande: cosa avrebbero dovuto fare i curdi mentre l’Isis massacrava, stuprava, rapiva… le donne e i bambini curdi yazidi? Forse allearsi con Assad, il pavido Assad che cedendo ai ricatti turchi aveva scacciato Ocalan dalla Siria (dando così un contributo non indifferente alle difficoltà in cui versa il movimento di liberazione)?

O forse affidarsi a Putin, quello che non aveva voluto accogliere come rifugiato il leader curdo quando era atterrato all’aeroporto di Mosca? A far precipitare del tutto la situazione ci pensarono poi Massimo D’Alema (sotto richiesta di Clinton, si presume), l’ambasciata Greca in Kenya (che lo ha letteralmente venduto) e il Mossad.

Speculare la posizione di alcuni – tardivi – sostenitori dei diritti del popolo curdo che però ignorano sistematicamente quanto avviene settimanalmente ai confini della Striscia di Gaza o nelle galere israeliane.

Entrambi questi personaggi (filo curdi o filo palestinesi, ma in esclusiva) sembrano applicare le regola del “due pesi, due misure” (o anche, come sottolineava uno studioso catalano quella delle “indipendenze a geometria variabile”).

Pur tra mille difficoltà, incongruenze e talvolta contraddizioni, dovrebbe invece rimanere saldo un principio: “Con gli oppressi contro gli oppressori, sempre!”. Certo, talvolta è difficile orientarsi, ma è comunque necessario. Senza allinearsi con qualche regime (laico o teocratico che sia) che mentre magari sostiene – altrove – una lotta di liberazione, a casa propria reprime duramente. Vedi Israele e Iran, per fare qualche esempio. Dando per scontata – almeno si spera – l’unanime, universale condanna per quanto avviene in Turchia dove la repressione colpisce più o meno indistintamente sia i curdi che l’opposizione di sinistra.

Gianni Sartori

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