Mentre il regime turco continua ancora oggi a negare il genocidio armeno del 1915-1916 che costò la vita a un milione e mezzo di persone, di fatto prosegue la medesima politica…
ROJAVA: ANCHE GLI ARMENI COSTRETTI A LASCIARE I TERRITORI OCCUPATI
di Gianni Sartori
Ne prendano nota coloro che per mesi hanno evocato inesistenti “pulizie etniche” operate dalle YPG in Rojava. Una ingiusta e gratuita criminalizzazione della Resistenza curda che – di fatto – ha contribuito a spianare la strada all’esercito turco e ai suoi ascari.
È invece evidente che – come già in Afrin – dopo l’invasione turco-islamista a doversene andare per non lasciarci la pelle sono anche gli armeni, non solo i curdi.
In questi giorni, diverse famiglie armene di Serekaniye (Ras al-Ain) si sono dovute trasformare per la seconda volta in sfollati e contemporaneamente alcune loro chiese diventavano caserme o “quartier generale” per i lanzichenecchi di Ankara.
Stando alle dichiarazioni della co-presidente dell’Ufficio delle religioni, Aziza Khanafar, l’assassinio a Qamishlo del sacerdote armeno Hosib Bidoyan e di suo padre (Hanna Bidoyan) non sarebbe un episodio isolato, ma “rientra nel progetto turco di eliminazione delle minoranze religiose”. Un crimine propedeutico alla sostituzione etnica già in atto nei territori occupati.
La chiesa cattolica armena di Tel-Abyed era già stata semi-distrutta dalle milizie dell’Isis (tra il 2013 e il 2015) diventando in parte prigione, in parte ugualmente quartier generale dei mercenari islamici.
Dopo l’avvenuta liberazione da parte di YPG e YPJ, gran parte degli abitanti membri di qualche minoranza erano rientrati in città, soprattutto gli Armeni ortodossi. L’amministrazione autonoma aveva poi avviato la ricostruzione delle chiese danneggiate o distrutte, ma tutto ora sembra ricominciare daccapo. Nuovamente cacciate le famiglie armene (una trentina sono fuggite a Raqqa, Hasakah…) e nuovamente danneggiate le chiese per diventare alloggio dei miliziani islamici.
Rivolgendosi alla Comunità internazionale, Aziza Khanafar ha chiesto misure di protezione per i luoghi di culto con l’applicazione delle norme e convenzioni internazionali che li tutelano.
Come è noto nel nord e nell’est della Siria vi sono antichi santuari, luoghi di culto e di valore storico, numerose testimonianze di una vasta pluralità culturale e religiosa. Simboli concreti delle religioni e dei popoli che su questi territori hanno convissuto per secoli.
Quanto al numero complessivo degli sfollati, si calcola che finora oltre 300mila persone, in maggioranza curdi, abbiano già dovuto lasciare le loro case dopo l’invasione.
Gianni Sartori