Ancora omicidi di Stato in Colombia mentre si allarga la protesta sociale in tutto il paese…
ALMENO SESSANTA EX GUERRIGLIERI ASSASSINATI IN COLOMBIA NEL 2019
di Gianni Sartori
Risale al 21 dicembre l’ennesima uccisione di un ex guerrigliero colombiano.
Ender Elias Ravelo, in passato militante delle FARC, smobilitato con gli accordi di pace, è stato ammazzato nel quartiere di Santander della municipalità di Tibu. I suoi assassini erano a bordo di una motocicletta e hanno sparato sia contro Ender che contro la moglie. Ormai l’eliminazione fisica di ex guerriglieri da parte delle squadre della morte (si presume parastatali) è un evento abituale nella Colombia “pacificata” (?). Con questo ultimo episodio siamo ormai alla sessantesima vittima, almeno tra quelle accertate.
Solo un mese fa, il 9 novembre, era stato rinvenuto a Santa Isabel di Tolima il corpo senza vita di Carlos Asrena, altro ex guerrigliero diventato militante del FARC (Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune, il partito politico derivato dalla smobilitazione delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia e di cui mantiene l’acronimo). Sempre il 9 novembre il partito FARC denunciava l’assassinio di un altro suo membro, Diego Fernando Campo, nella regione del Cauca (sud-ovest della Colombia).
Ancora in maggio erano almeno 22 gli ex guerriglieri assassinati dall’inizio del 2019 (o almeno quelli di cui si era conoscenza). All’epoca l’ultimo a cadere sotto il piombo di una squadra della morte nel dipartimento di Arauca era stato Juan Vicente Carvajal («Misael»), già comandante del 10° fronte delle FARC e liberato dal carcere in seguito agli accordi di pace del novembre 2016.
In ottobre le vittime erano già una quarantina (tra ex guerriglieri e loro sostenitori) a cui si dovevano aggiungere almeno una decina di leader comunitari che in qualche modo apparivano legati al nuovo partito, legale, denominato FARC.
Come è noto, le ripetute uccisioni di ex guerriglieri hanno costituito il principale motivo per cui in molti hanno ripreso le armi riunendosi a quella componente delle FARC che aveva rifiutato di sottoscrivere gli accordi di pace (pace a senso unico, evidentemente, almeno per le forze filogovernative).
Sulla stessa linea l’annuncio, risalente al 7 ottobre, della comandante del 18° fronte (un gruppo dissidente delle FARC). «La Reina», nome di battaglia, aveva annunciato che la loro formazione si riconosceva nel progetto di Ivan Marquez (l’ex negoziatore che in agosto aveva annunciato di riprendere le armi) per rifondare le FARC. Quindi, aveva precisato «La Reina», il 18° fronte avrebbe seguito le direttive del gruppo guerrigliero formato da Marquez, Seuxis Pausias Hernandez («Jesus Santrich») e Hernan Dario Velez («El Paisa»).
Il 18° fronte, posizionato su un’area della Colombia occidentale (dipartimenti di Antioquia e di Cordoba) conterebbe su un totale di circa 120 combattenti, tra guerrigliere e guerriglieri.
Altra questione irrisolta, quella relativa ad almeno 600 prigionieri ex combattenti delle FARC che nonostante gli accordi rimangono ancora in cella.
Alcuni di loro, detenuti nella prigione di La Picota (Bogotà) il 18 dicembre hanno diffuso alcune rivendicazioni, in particolare di poter usufruire dell’amnistia concordata nel 2016.
Alcuni rischiano l’estradizione in paesi stranieri e molti denunciano di essere stati ripetutamente torturati.
A complicare ulteriormente la faccenda, il fatto che il partito FARC riconosce non a tutti, ma soltanto a circa 200 di loro lo status di ex combattente e di prigioniero politico.
Gianni Sartori