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Di nuovo gli antiabortisti in città

L’11 giugno, alle ore 14, nella piazzetta di San Giovanni in Monte, si ritroverà il comitato no194, per svolgere una preghiera e in seguito una “riflessione” per promuovere le ignobili idee antiabortiste. Già dai manifesti presenti in città si può capire il livello di infamia di tale raduno.
Si legge infatti: “Evento di preghiera e riflessione sull’olocausto dimenticato di oltre 6.000.000 di vite di bambini soppresse in maniera legale e sicura”.
Che si può dire di un comitato che mette sullo stesso piano l’Olocausto (quello vero) messo in pratica in maniera sistematica dai regimi nazista e fascista e la libera scelta di una donna di interrompere una gravidanza? Eppure sembra quasi strano che condannino il regime nazista, poiché nel 2020 il presidente del comitato, Pietro Guerini (“casualmente” un uomo, che non dovrà mai portare avanti una gravidanza personalmente né partorire), ha affermato che “la fredda pianificazione delle gravidanze è frutto di una visione totalitaria, espressione della cultura da cui si origina la legalizzazione dell’aborto volontario, ricordo che il primo paese che ha effettuato tale legalizzazione è stato significativamente l’URSS nel 1921, paese a cui sono seguiti altri regimi comunisti dell’Est, con una sola eccezione: la Germania nazista di Hitler”. In pratica, secondo questa visione, almeno sotto il regime nazista era vietato per legge l’aborto, il che lo rende, se non un buon regime, il meno peggio.

Appare chiaro che il comitato no194 ripropone la solita logica patriarcale della donna come sforna-bimbi. Sempre il già citato Guerini: “la nascita di una figlia o di un figlio dovrebbe essere considerata il più grande regalo che una donna possa farsi e se fossi una donna consigliata di abortire non esisterei a scaricare metaforicamente a pedate chiunque per invidia, interesse economico, irresponsabilità, ideologia, comodità o altro mi desse tale consiglio”. Non risparmia neanche le compagne femministe e chi si batte per l’autodeterminazione dei corpi, tutti i corpi, “le femministe non rappresentano le donne ma solo la loro sottomissione al comunismo culturale se non politico, molto ben organizzato, pur se non come in passato, e che detiene la democrazia sostanziale in Italia, dominando i programmi di approfondimento televisivo, con conduttrici che addirittura tolgono platealmente l’audio a chi (anche votato da milioni di elettori) esprime concetti non condivisi”. Femminismo=cattivo, uomo oppressore=buono, quindi.

La città più progressista dell’Emilia-Romagna non è da meno. E’ oramai evidente come il Comune di Bologna dia spazio e visibilità a queste associazioni catto-fasciste mediante l’affissione di manifesti anti-abortisti negli spazi appositi comunali e, successivamente, permettendo loro di organizzare giornate di preghiera durante le quali, ancora una volta si avanzano istanze contro l’aborto, contro l’autodeterminazione delle donne di poter scegliere sui propri corpi, così come giornate di preghiere davanti agli ospedali, se non davanti ai padiglioni di ginecologia durante i giorni in cui viene effettuate l’ivg. In  precedenza abbiamo assistito a piazze e presidi della Papa Giovani XXIII, così come le sfilate dei NoGender in Piazza Maggiore e la libertà di suddetti gruppi di poter entrare e veicolare le direzioni all’interno delle strutture ospedaliere e dei consultori.

Leggendo tutto questo, oltre alla rabbia, viene spontaneo domandarsi quanto ancora ci si dovrà battere per la conquista dell’autodeterminazione, contro l’oppressione istituzionalizzata o meno di chi ritiene giusto il diritto a possedere e regolare il corpo delle donne. Inoltre, viene spontaneo anche guardare con avversione non solo chi queste idee le tiene vive e le porta nelle strade, ma anche chi concede loro di farlo, rendendosi loro complice nel nome della “libera espressione”.

ABORTO LIBERO, SICURO, GRATUITO PER TUTTə

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