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La macchina dei rastrellamenti


Quando si monta una macchina, l’uso che poi se ne fa può essere più ampio di quello originario. Chi crede che i rastrellamenti di «clandestini» non possano riguardare gli «italiani», può incominciare a scuotere le proprie certezze dinanzi al sindaco leghista di un paese trevigiano, Riccardo Missiato, che ha avviato la propria crociata contro i gay: «I gay sono malati e deviati, hanno bisogno di aiuto psicologico – dice il sindaco – dobbiamo scoprire dove sono e identificarli, e se sono clandestini devono venir espulsi. I cittadini li hanno visti sul Piave, sulla Pontebbana e nei parchi pubblici. Dire che queste pratiche sono vergognose è poco, siamo al degrado morale. E i gay non devono invadere la libertà altrui: sono stato a verificare, li ho visti che si appartavano».

Quando si monta una macchina, continua a funzionare e finanziarsi da sola. Le autorità libiche hanno «chiuso e svuotato» i lager per migranti e hanno rilasciato i 205 eritrei rinchiusi nel carcere di Al Biraq, chiedendo loro solo 800 dollari ciascuno. Le persone liberate sono state accompagnate a Sebah, 75 chilometri dal carcere, in pieno deserto, senza soldi e senza documenti, con solo un permesso di permanenza nel territorio libico valido 3 mesi. Ma, secondo una testimonianza pubblicata da Repubblica, «la polizia libica continua indiscriminatamente a fare veri e propri rastrellamenti in tutto il paese e a Tripoli, in particolare, dove proprio stamattina [15 luglio] sono stati catturati un altro centinaio di profughi eritrei e somali, in fuga dai loro paesi. Anche il loro destino sarà quello di essere presi in consegna da poliziotti, veri o falsi, che si arricchiscono chiedendo denaro in cambio di una libertà che non arriva mai».

Quando si monta una macchina, poi si deve educare qualcuno ad usarla. Pensate quanti poliziotti o carabinieri italiani, da Genova in poi, sono stati educati alla tortura sottobanco, all’angheria quotidiana verso chi è debole socialmente, all’impunità per ogni violenza o bugia. Pensate quanti addetti in carceri e CIE si allenano ogni giorno a una piena, completa disumanità verso altri esseri umani. Pensate ai soldati e mercenari italiani in teatri di guerra. Per diventare spontaneamente disumani occorre infatti un tirocinio, un esercizio costante, un’abitudine lungamente sedimentata.

Oggi siamo tutti più consapevoli che in Europa il fascismo è di nuovo possibile. Per abbattere la macchina occorre restare umani, sconfiggere la paura, praticare la solidarietà.

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