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Religio mortis

Non v’è dubbio che la «cultura di destra» si fondi su una «religione della morte» e sia una cultura omicida e sacrificale.

Dominique Venner, 78 anni, ex paracadutista volontario in Algeria, saggista di estrema destra e oppositore alla legge sui matrimoni omosessuali, al mattino ha aggiornato il suo blog invocando «gesti nuovi, spettacolari e simbolici per scuotere le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini». Poche ore dopo, intorno alle 16, è entrato nella cattedrale di Notre-Dame, simbolo di quella civiltà cristiana occidentale che lui riteneva minacciata, si è messo la pistola in bocca, ha sparato ed è morto fra turisti spaventati.

Non è certo un mistero che nelle mitologie razziste agisca una spinta anche autopunitiva o autodistruttiva proiettata al di fuori, un tentativo di disconoscere una parte di sé distruggendo l’Altro, l’inconfessata rimozione di una parte della propria identità proiettata sul «capro espiatorio». Ma se il «capro espiatorio» si sottrae, ecco che il vuoto inconoscibile delle «origini» chiede comunque il suo tributo di sangue…

Hitler sconfitto, prima di spararsi, invocava la totale distruzione del suo stesso «popolo»:

«Se la guerra è persa, non mi importa che il popolo muoia. Non verserò una sola lacrima per loro. Non meritano nulla di meglio».

Quello di Dominique Venner è stato lodato da Marine Le Pen come uno splendido «gesto politico».

Ma è solo la farsa tragica di un vecchio fascista vittima della sua stessa «cultura».

Sarebbe anzi quasi un episodio di lugubre comicità, se implicitamente il «bel gesto» non invocasse una violenza autoritaria e normalizzatrice. Che riposi in pace.

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