Nel 1998, con la legge Turco-Napolitano, si apriva in Italia un lungo periodo di stragi di migranti nel Mediterraneo, di razzismo crescente, di soprusi e impunità per le forze dell’ordine e una soffocante politica bipartisan della paura e della «sicurezza».
Forse proprio il senso di colpa per quelle centinaia di migliaia di morti in mare è oggi uno dei fatti trasversali agli schieramenti e alle ideologie. Come trasversale fu lo schieramento che nel 1998 portò all’approvazione della legge Turco-Napolitano, voluta dal governo Prodi e votata da quasi tutto il Parlamento: dai postfascisti di AN fino al Partito Democratico, a Rifondazione Comunista e ai Verdi. Favorevoli furono fra gli altri Nichi Vendola, Ugo Boghetta, Francesco Giordano, Ramon Mantovani, Paolo Cento…
Adesso l’Europa paga svariati miliardi di euro per fermare i migranti al di fuori dei suoi confini, in Turchia, in Libia, in Sahel, dentro carceri e campi di detenzione dove subiscono di tutto. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore.
Ma forse proprio quel senso di colpa alimenta oggi il razzismo diffuso su cui speculano neofascisti, democratici e persino «antimondialisti di sinistra», pur con sfumature diverse, ma con un repertorio comune di parole d’ordine, discorsi, mistificazioni, eufemismi e menzogne.
Non c’è solo Forza Nuova che il primo novembre ha effettuato una ronda in zona Santa Viola solo per manifestare il proprio odio contro gli «africani» e provare a diffondere la paura dell’«invasione»…
Ci sono anche associazioni come Venti Pietre che il 26 ottobre scorso ha promosso la presentazione del volume Migranti!? Migranti!? Migranti!? di tal Anna Bono, un’anziana ricercatrice dell’Università di Torino che trova spazio regolare sul «Giornale» e su «Libero» per sofismi razzisti intorno all’orrore…
Chi sono allora gli emigranti che arrivano da noi sui barconi?
«In maggioranza non appartengono ai ceti più poveri della società africana. Le caratteristiche che mi sembrano accomunarli sono: giovani, in prevalenza maschi, sicuramente scolarizzati anche con titoli di studio da scuola media superiore, in grande maggioranza partiti da centri urbani dove avrebbero potuto continuare a vivere, in situazioni che magari ai nostri occhi sembrano invivibili, ma che in Africa rappresentano già un traguardo rispetto alle centinaia di milioni di persone realmente in miseria».
Insomma sulle barche della speranza c’è la middle class africana?
«Diciamo il ceto intermedio, che però teme di scendere di uno o più gradini nella scala sociale».
Insomma, una lettura di classe! Non sono affatto «poveri e disperati», ma temono soltanto di scendere «uno o più gradini» al di sotto di condizioni che «ai nostri occhi sembrano invivibili»…
Davvero questi sofismi vergognosi ci interessano?