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[Portland] Agguato neonazista contro militanti antifascisti

Sean “Armenio” Kealiher

Un noto attivista antifascista è stato ucciso a Portland nelle prime ore di sabato 12 ottobre fuori dal locale Cider Riot, popolare punto di ritrovo per l’attivismo libertario e antifascista nel nord-est della città.

Sean “Armenio” Kealiher, 23 anni, è stato investito da un SUV poco dopo la mezzanotte, all’uscita dal Cider Riot. È morto poco dopo l’arrivo in ospedale per le ferite riportate. Dopo che Sean era stato investito, dal SUV sono stati anche sparati colpi d’arma da fuoco.

Dopo il flop della manifestazione neonazista a Portland del 17 agosto e l’ampia mobilitazione antifascista della città, il vile omicidio di Sean mostra bene quale sia la politica dell’estrema destra.

Ora e sempre resistenza!

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[Berlino] Resoconto della manifestazione in solidarietà al Rojava

Kampf dem Faschismus Überall

“Ad Halle come in Rojava, combattere il fascismo ovunque”

Ieri, mentre anche noi gridavamo per le strade di Bologna la nostra rabbia contro le minacce d’invasione turca del Rojava e il regime fascista di Erdogan, tante altre manifestazioni hanno fatto lo stesso da Minneapolis a Sydney e un po’ ovunque… A Bologna la prossima mobilitazione sarà domani sabato 12 ottobre alle ore 15. Riceviamo e condividiamo un resoconto della manifestazione di ieri a Berlino.

Berlino. 10 ottobre 2019. Circa 2.000 persone sono scese in piazza per manifestare la propria solidarietà con la lotta del Rojava, rispondendo all’appello per una mobilitazione internazionale contro l’invasione turca dei territori del nord-est della Siria, dove da anni è in corso un’esperienza di autogoverno fondata su uguaglianza e solidarietà. Il corteo, partito poco dopo le 18 da Oranienplatz, a Kreuzberg, si è snodato per le vie del quartiere, passando per Neukölln e la popolare Hermann Platz per concludersi infine a Kottbusser Tor.

Oranienplatz alla partenza

Un corteo determinato che, negli interventi e negli slogan, ha attaccato il sanguinoso regime autoritario di Erdogan e la sua efferata politica espansionista, ricordando le responsabilità dei Paesi europei e in particolare della Germania, che con la Turchia intrattengono uno stretto di rapporto di collaborazione che comprende anche la vendita di armi.

Lungo il percorso del corteo ci sono stati alcuni momenti di tensione al passaggio di alcune sedi di associazioni legate al partito di governo in Turchia, l’AKP di Erdogan, presidiate dalla polizia. In particolare a Neukölln, quartiere abitato in prevalenza da migranti provenienti da tutto il mondo ma dove la comunità turca è particolarmente numerosa – a Berlino la popolazione di origine turca conta circa 200.000 persone.

Nel corso della manifestazione ci sono state svariate provocazioni da parte di nazionalisti turchi, presenti nella zona anche con varie imprese commerciali, quali il conosciuto ristorante “Hasir” e la catena “La Femme”. Singoli o piccoli gruppi al lato della strada hanno infatti fatto il così detto “saluto del lupo” in direzione del corteo, simbolo direttamente associato ai lupi grigi – gruppo nazionalista di estrema destra il cui braccio politico ha sostenuto Erdogan – presenti in città e tristemente noti per i loro attacchi in occasione di diverse manifestazioni contro l’antisemitismo. Hanno fatto seguito diversi tafferugli tra manifestanti e provocatori, prontamente protetti dalla polizia.

Numerosa è stata la partecipazione al corteo della comunità curda, che era già scesa in strada la mattina del 9 ottobre, appena appreso dell’inizio dell’invasione turca dei territori del Rojava, con una manifestazione che ha contato la presenza di circa 1.500 persone.

Nei pressi di Kottbusser Brücke il corteo ha raccolto la solidarietà di un centinaio di manifestanti di Extinction Rebellion, movimento che ha lanciato una settimana di mobilitazioni per la giustizia climatica, culminate il 9 ottobre con il blocco simultaneo dei principali ponti sulla Sprea che per alcune ore hanno diviso in due la città.

All’arrivo della manifestazione a Kottbusser Tor, sotto una pioggia scrosciante, in diversi interventi sono state annunciate per i prossimi giorni ulteriori mobilitazioni e iniziative in solidarietà con la resistenza del Rojava e in opposizione all’invasione turca.

Kampf dem Faschismus überall

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Giovedì 10/10 presidio contro l’occupazione turca del Rojava

GIOVEDì 10 OTTOBRE
PRESIDIO CONTRO L’INVASIONE TURCA DEL ROJAVA
H 17:00 PIAZZA VERDI, BOLOGNA

Invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza , a mobilitarsi per non rimandere indifferenti verso ciò che sta accandendo sul confine turco – siriano.
La solidarietà è un’arma e in questo momento dobbiamo utilizzarla difendere l’esperienza del confederalismo democratico del Rojava minacciata dal secondo esercito della Nato.

Fino alla vittoria!

#RiseUp4Rojava
#DefendRojava
#WomanForRojava

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Da Bologna mobilitazione per il Rojava

SABATO 12 OTTOBRE H 15:00 PIAZZA DEL NETTUNO

***IN CASO DI IMMEDIATO ATTACCO DA PARTE DELLA TURCHIA TUTT* PRONT* PER SCENDERE IN PIAZZA IL PRIMA POSSIBILE***

12 ottobre giornata mondiale di mobilitazione e azione contro l’occupazione turca e la pulizia etnica dei curdi nella Siria settentrionale e orientale.

Dal Comitato di solidarietà del Rojava in Europa
“Sin dall’istituzione dell’autonomia autonoma democratica curda nella Siria settentrionale e orientale (DASA), il confine tra Turchia e Siria settentrionale e orientale è stato molto sicuro e nessuna azione armata contro la Turchia ha avuto origine da questo territorio. In recenti colloqui mediati dall’amministrazione statunitense tra la DASA e lo stato turco, le forze democratiche siriane (SDF) hanno dimostrato la loro volontà di lavorare per una pace duratura.

La nuova dichiarazione rilasciata dalla Casa Bianca, dal presidente degli Stati Uniti D. Trump, ha violato l’accordo negoziato tra la DASA e lo stato turco. Questa affermazione dimostra che gli Stati Uniti hanno apparentemente abbandonato i curdi, risultando in un’area che è stata, fino ad ora, un’oasi di stabilità e coesistenza in Siria, dovendo affrontare un altro periodo di sanguinosi conflitti.

Erdogan e il suo regime autoritario rappresentano la dittatura totalitaria, il militarismo e la violenta persecuzione delle minoranze, dei curdi e dei loro alleati nella Siria settentrionale e orientale. Più di 11.000 uomini e donne delle forze di sicurezza della Siria settentrionale e orientale hanno dato la vita per liberare questa regione dall’ISIS, per proteggere i popoli della Siria settentrionale e orientale e per fornire loro un futuro migliore, e oltre 22.000 altri sono rimasti feriti in questa campagna combattuta duramente. In questo modo, il mondo è stato protetto dalla brutalità dell’ISIS.

Un’invasione della regione da parte delle forze turche creerà le circostanze in cui l’ISIS può essere rianimato e commettere crimini contro l’umanità, diventando ancora una volta una minaccia per tutto il Medio Oriente, l’Europa e il mondo causando morte e distruzione indicibili e costringendo milioni di persone a fuggire dalle loro case e diventare rifugiati.

Pertanto, chiediamo alle comunità internazionali e alle organizzazioni della società civile in tutto il mondo di agire contro l’occupazione turca e la pulizia etnica contro i curdi nella Siria settentrionale e orientale il 12 ottobre 2019. ”

ENGLISH VERSION

URGENT CALL
FOR A GLOBAL ACTION DAY ON THE 12th OCTOBER

Against the Turkish Occupation and Ethnic cleansing of KURDS in North & East Syria

Since the establishment of the Kurdish democratic autonomous self-administration in North and East Syria (DASA), the border between Turkey and North and East Syria has been highly secure, and no armed actions against Turkey have originated from this territory. In recent talks mediated by the US administration between the DASA and the Turkish state, the Syrian Democratic Forces (SDF) have demonstrated their willingness to work for lasting peace.

The new statement released by the White House, US President D. Trump has violated the agreement negotiated between the DASA and the Turkish state. This statement demonstrates that the US has seemingly abandoned the Kurds, resulting in an area which has been, until now, an oasis of stability and coexistence in Syria, having to face another period of bloody conflict.

Erdogan and his authoritarian regime represent totalitarian dictatorship, militarism and violent persecution of minorities, and the Kurds and their allies in North and East Syria. More than 11,000 men and women from the security forces of North and East Syria gave their lives to liberate this region from ISIS, to protect the peoples of North and East Syria and to provide them with a better future, and over 22,000 more were wounded in this hard-fought campaign. By doing this, the world was protected from ISIS brutality.

An invasion of the region by Turkish forces will create circumstances in which ISIS can be revived and commit crimes against humanity, once again becoming a threat to the entire Middle East, Europe and the world causing untold death and destruction and compelling millions to flee their homes and become refugees.

Therefore, we call upon the international communities and civil society organizations worldwide to take action against the Turkish Occupation and Ethnic cleansing against KURDS in North & East Syria on the 12th October 2019.

-Stop the Turkish occupation
-Stop Turkish Ethnic cleansing

Rojava Solidarity Committee

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Trump dà il via libera a Erdogan per invadere la Siria del Nord

Ieri il presidente Usa Donald Trump ha parlato al telefono con l’omologo turco Recep Tayyip Erdogan. Recita il comunicato della Casa Bianca: “La Turchia procederà presto con la sua operazione, pianificata da tempo, nella Siria del Nord. Le forze armate degli Stati Uniti non supporteranno né saranno coinvolte nell’operazione e, avendo sconfitto il ‘Califfato’ territoriale dell’Isis, non saranno più presenti nell’area. Il governo degli Stati Uniti ha fatto pressione su Francia, Germania e altre nazioni europee, da dove provengono molti ocmbattenti Isis, perché li riprendessero, ma loro hanno rifiutato. Gli Stati Uniti non li tratterranno per un periodo che potrebbe durare anni con grande costo per i contribuenti americani. La Turchia sarà ora responsabile per tutti i combattenti Isis catturati nell’area negli ultimi due anni“.

Una dichiarazione che avalla il piano turco di occupare l’intero Rojava per insediarvi i milioni di rifugiati siriani attualmente all’interno dei suoi confini (e grazie ai quali tiene in scacco l’Europa), e che soprattutto sancisce la fine dell’appoggio alle Syrian democratic forces, unità di combattimento della Federazione democratica della Siria del Nord, che hanno liberato città come Kobane, Manbij e Raqqa sconfiggendo lo Stato Islamico. La Federazione, che oggi si estende su oltre un quarto del territorio siriano, è oggi una regione autonoma dove trovano concreta attuazione i principi di autonomia, uguaglianza, municipalismo teorizzati da Abdullah Öcalan. Un’area, in pieno medioriente, dove le donne sono protagoniste e religione ed etnia non sono ostacolo alla convivenza sociale, dove politica ed economia sono in mano a consigli popolari e non a tiranni o istituzioni teocratiche.

Crediamo sia dovere di chiunque creda nella libertà e nella giustizia sociale difendere con ogni mezzo la Rivoluzione della Siria del Nord che oggi subisce la grave minaccia di uno dei più potenti eserciti della Nato, e non solo: l’attacco ad Afrin di inizio 2018 ha dimostrato come Erdogan non abbia ritegno di reclutare contro il Rojava tagliagole provenienti dallo stesso Isis e della milizie qaediste.

Di seguto il comunicato diffuso stamattina dalle Sdf:

Ai media e all’opinione pubblica internazionale,
Nonostante tutti gli sforzi che abbiamo fatto per evitare conflitti, il nostro impegno per l’accordo sul meccanismo di sicurezza e l’adozione delle misure necessarie a garantire la pace, le forze statunitensi non hanno adempiuto alle loro responsabilità e si sono ritirate dalle aree di confine con la Turchia. L’attacco non provocato della Turchia ai nostri territori avrà un impatto negativo sulla nostra lotta contro l’ISIS e sulla stabilità e la pace che abbiamo creato nella regione negli ultimi anni. Come Forze democratiche siriane, siamo determinati a difendere la nostra terra a tutti i costi. Chiediamo al nostro popolo curdo, arabo, assiro e siriaco di rafforzare la propria unità e sostenere l’SDF in difesa della propria terra.

Comando generale delle Forze democratiche siriane – Federazione della Siria del Nord 7 ottobre 2019
(traduzione: Rojava Resiste)

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[Montichiari BS] Un presidio contro il fascismo dei reparti psichiatrici e dell’elettroshock

Riceviamo e volentieri condividiamo la notizia di una mobilitazione contro il fascismo coercitivo dei reparti psichiatrici e dell’elettroshock. Dolore e morte di cui i media non parlano quasi mai…

SABATO 19 ottobre a MONTICHIARI (BS) – alle ore 15 c/o ingresso reparto Via G. Ciotti 154, PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK E CONTRO GLI ABUSI NEI REPARTI PSICHIATRICI.

STOP ELETTROSHOCK, STOP ABUSI E MORTI NEI REPARTI!

Il 13 agosto, nell’ospedale papa Giovanni XXIII di Bergamo, divampa un incendio. A seguito di ciò muore una ragazza di diciannove anni, legata ad un letto di contenzione. Il suo nome è Elena. La direzione sanitaria si affretta, attraverso gli organi di stampa, a giustificare la contenzione come forma di tutela esercitata proprio “a beneficio” della paziente, rea di aver precedentemente tentato il suicidio.

La morte di Elena, è sicuramente un dramma personale che esige cautela nell’affrontarlo. Rispettando soprattutto il dolore di chi l’ha amata. Tuttavia non si può neppure considerare un episodio isolato.

Vorremmo ricordarli tutti e tutte. Nome per nome. Ma la lista di quanti e quante hanno perso la vita in reparto in circostanze, per certi versi analoghe, è interminabile. Le morti in SPDC (Servizi psichiatrici diagnosi e cura) esprimono realisticamente lo stato dell’arte della democratica psichiatria post manicomiale a più di 40 anni dall’entrata in vigore della legge 180. La mesta continuità con cui si verificano evidenzia la contraddizione di una presa in carico giustificata dalla cura del paziente, che passa attraverso la coercizione, la disumanizzazione, il panottismo. Continued…

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L’insurrezione naxalita: una lotta lunga cinquant’anni

In India la guerriglia naxalita è considerata “terrorismo” dalle autorità, ma ha una dimensione ampia e radicata nelle regioni rurali in cui è presente. Secondo uno studio del “Times of India”, il 58% dell’opinione pubblica ha una percezione positiva dei guerriglieri, contro un 19% che sta dalla parte del governo. Riceviamo al riguardo un intervento di Gianni Sartori.

ANCHE LE FORESTE SANGUINANO…

INDIA 2009-2019: DIECI ANNI DALL’AVVIO DI GREENHUNT
(QUALCHE CONSIDERAZIONE E UN RIEPILOGO DEGLI EVENTI PIÙ RECENTI)
di Gianni Sartori

In India per coloro che si oppongono con vigore alla politica del partito di maggioranza scatta automaticamente la definizione di “naxaliti urbani”.

E chi mai sarebbero ’sti naxaliti?

Sono guerriglieri comunisti – maoisti – in genere acquartierati nelle foreste (e quindi soprattutto rurali). Al momento rappresentano probabilmente la maggior fonte di preoccupazione per il grande capitale e per i suoi devastanti progetti di sfruttamento.

Arundhati Roy ne aveva parlato nel libro-testimonianza “Camminando con i compagni” (edizioni Rapporti sociali). La scrittrice indiana vi narrava l’esperienza vissuta tra i guerriglieri contribuendo a farne conoscere sia le motivazioni che il notevole livello di radicamento tra gli adivasi (gli “abitanti originari”, i tribali). Continued…

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Anarchico iraniano in sciopero della fame

Oggi l’Iran detiene il primato mondiale per numero di prigionieri politici in rapporto alla popolazione ed è capillare la repressione di ogni dissenso politico, culturale, religioso o esistenziale: giornalisti, artisti, scienziati, studenti, insegnanti, femministe, attivisti per i diritti dei bambini, ambientalisti, attivisti per i diritti umani, minoranze religiose ed etniche, atei, persone LGBTQ… Non è un fatto di “arretratezza”. È un sistema basato sul “consenso”, ed è forse un’immagine di quel che sta per avvenire anche da noi…

ANARCHICO IRANIANO IN SCIOPERO DELLA FAME
di Gianni Sartori

Rinchiuso a Evin (una prigione che sorge a nord della capitale Teheran) l’anarchico Soheil Arabi, fotografo e padre di una bambina, è in sciopero della fame dal 20 settembre.

La sua protesta deriva dall’arbitrario arresto della madre Farangis Mazloum, al momento ancora posta in isolamento.

Soheil venne arrestato nel 2013 dai Guardiani della rivoluzione e in carcere – oltre all’isolamento – ha subito maltrattamenti e torture. Condannato inizialmente a morte, la sua pena è stata poi ridotta a sette anni e mezzo di carcerazione.

La sua colpa, aver pubblicato foto delle rivolte del 2009 e alcune caricature di Khamenei. Oltre ad alcuni articoli, critici nei confronti del regime, su internet.

L’accusa nei suoi confronti è di quelle preoccupanti: “propaganda contro lo Stato, apostasia, blasfemia contro il profeta e insulti alla santità”.

In seguito è stato condannato ad altri tre anni di carcere e a trenta colpi di frusta per “insulti ai dirigenti del regime”.

In cambio della commutazione della pena di morte dovrà sottoporsi a “due anni di ricerca religiosa” attraverso la lettura di tredici volumi di libri religiosi da cui dovrà ricavare un adeguato riassunto. Inoltre dovrà scrivere un documento utilizzando altri cinque libri, sempre di natura religiosa. Il suo lavoro verrà sottoposto ogni tre mesi alla corte e la pena di morte gli verrà definitivamente condonata soltanto se dimostrerà al tribunale di essere “veramente pentito”.

Gianni Sartori

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[BO] ven 20 set h.10.30: mobilitazione antifascista in Via del Pratello

Riceviamo e condividiamo il comunicato del Pratello R’Esiste in merito a una manifestazione di estrema destra prevista per venerdì 20 settembre. Aderiamo all’appello e invitiamo tutt* a partecipare alla mobilitazione antifascista. Non un passo indietro!

Venerdì 20 settembre alle ore 10.30 è prevista una manifestazione di alcuni gruppi di destra in Via del Pratello, di fronte al carcere minorile.

Dopo l’incursione di lunedì mattina, credono di potersi ripresentare in strada senza disturbo.

Come Pratello R’Esiste e come comunità del Pratello non possiamo e non vogliamo tollerare una presenza simile, perciò ci rivolgiamo alle realtà antifasciste cittadine per essere quante e quanti più possibile presenti in strada venerdì mattina per far capire ai fascisti che per loro non c’è e non ci sarà mai alcun posto né qui né altrove.

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Stragismo padronale in nome del profitto

Il bollettino della violenza padronale si è chiuso nel 2018 con 1113 morti sul lavoro. Erano quasi 900 nel 2017. Ogni tanto si sente qualche parola di circostanza, i media parlano di «tragica fatalità» o di «imprevedibile disgrazia», ma in realtà è una guerra dei ricchi contro i poveri che devasta e uccide ogni giorno, ovunque, sotto il velo dell’ipocrisia e del silenzio. Per i poteri che ci sovrastano siamo solo numeri buoni per riempire una statistica. Ma i responsabili della strage non sono affatto ignoti…

PADOVA MAGGIO 2018: OMICIDI BIANCHI ALLE ACCIAIERIE VENETE
di Gianni Sartori

L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Valeria Anzari ha confermato quanto già si presupponeva, ossia «la violazione delle norme per la tutela della salute e della sicurezza in ambiente di lavoro». Il tragico evento, costato la vita a due lavoratori, risaliva al 13 maggio dell’anno scorso.

Alle Acciaierie Venete di Riviera Francia (provincia di Padova), a causa della rottura di un perno, era precipitata una siviera piena di acciaio fuso.

Il materiale incandescente colpì alcuni operai ustionandoli. Due lavoratori morirono dopo – rispettivamente – settimane e mesi di agonia, altri due sopravvissero.

Le vittime sono Sergio Todita (moldavo) e Marian Bratu (rumeno). Per i due sopravvissuti (Simone Vivian e David Di Natale) – rispettivamente – 40 e 300 giorni di prognosi.

Sei gli iscritti al registro degli indagati. Cinque per omicidio colposo e lesioni (Alessandro Benzato e Giorgio Zuccaro, presidente e direttore dello stabilimento di Acciaierie Venete; Dario Fabbro, presidente della Danieli centro Cranes spa; Giampietro Benedetti e Giacomo Mareschi Danieli, presidente e amministratore delegato della Danieli & C. officine meccaniche), uno (Vito Nicola Plasmati della Hayama Teac Service) solo per lesioni.

Tre le aziende ritenute «responsabili amministrative del tragico evento». Oltre a quelle di Acciaierie Venete, per le altre due aziende (Danieli & C. e Danieli Centro Cranes) è stata individuata una precisa responsabilità sia nella inadeguatezza del perno che sosteneva la siviera, sia nel non aver segnalato nel libretto di manutenzione la necessità di controllarlo, né compiuto verifiche adeguate. I manager di Acciaierie venete, oltre a non aver adottato la normativa vigente sulla distanza di sicurezza, non avrebbero informato la Hayama Teac che aveva preso in appalto le lavorazioni.

Tale ditta comunque a sua volta non avrebbe adottato sistemi di sicurezza adeguati nei riguardi dei suoi dipendenti.

Secondo il PM, i reati sarebbero stati commessi nell’interesse e vantaggio delle aziende allo scopo di contenere i costi produttivi e accelerare tempi e ritmi di lavoro per aumentare la produttività. Da manuale.

Gianni Sartori

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