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In margine alla contestazione de “Gli Altri”


Qui si può vedere il video della contestazione alla festa de “Gli Altri” dopo il loro appello a favore della libertà di manifestare per le organizzazioni neofasciste.

Sì, “fate tutti un po’ come cazze ve pare, basta che nun me rovinate l’aperitivo che me so svenato pe’ i salatini”.

Al riguardo riceviamo e condividiamo questa breve riflessione ispirata dalla risposta de “Gli Altri” (Chi? − No, non noi… quell’artri!).


* * *

Nel video Sansonetti dice: “L’importante è non impedire le manifestazioni, salvaguardare la libertà di manifestare, per tutti. Poi ognuno si rivendica quello che vuole”.

Ma…
…CHI ha impedito cosa?

Perché Sansonetti usa questa formula retorica tirando in mezzo “la libertà” in senso assoluto, chiaramente ponendosi sul piano delle “regole democratiche”, quindi formale, a-storico, assoluto. Volutamente, non è una vera “presa di posizione” è un affermazione “super-partes”. A tutti piacerebbe aver scritto sulla libertà come Rousseau. Ma questi fanno i giornalisti, mica i filosofi. Un’opinione “super-partes” in politica è un vuoto, un’inutile ripetizione, oppure è il segno che proprio le “regole di base” traballano.

E quindi io “vedo”, vengo a vedere su quel piano, ma da un punto di vista “reale”, materialistico, mi verrebbe da dire, analizzo la situazione politica che si è creata intorno a quella manifestazione del Blocco, ma che si crea da tempo e si continuerà a creare finché non sarà chiaro una volta per tutte quello che significa “la libertà di manifestare per i fascisti”.

La manifestazione non è stata vietata. Anzi. Da principio erano tutti ben contenti di vedere il Blocco in piazza, sia chi si richiama al pluralismo (la “sinistra” − il “politically correct”, ricordate?), sia chi ne fa bacino elettorale e intellettuale (Pdl, Lega − abbiamo già analizzato questo tante, troppe volte). Non è lo Stato, e nemmeno la Politica che ha impedito la “marcia a Roma”. Sono stati gli antifascisti. Ovvero una componente politica della società.

Ora questo, per non rischiare di ri-cadere nella manfrina “pluralista”, non è solo parte del “gioco democratico” (riassunto: ci sono diverse parti, “avversarie”, che “dibattono” con i mezzi della politica − ivi compresa la contestazione e l’attacco frontale). È anche il segno di un’altra cosa, che qualifica in maniera diversa la posizione degli antifascisti: lo Stato, oggi, non è antifascista − lo è stato mai? − possiamo rispondere solo “formalmente, sì”, poi la Storia parla da sé…

La dinamica è chiara: è stata vietata la manifestazione non per ragioni di carattere ideologico (il “pluralismo” tanto caro ai vari Sansonetti e “Altri” ha vinto, o meglio, non ha perso), ma per ragioni di ordine pubblico.

Questo dicevo qualifica l’antifascismo: da un lato perché si pone in maniera diciamo “costituente”, nel senso che propone sé stesso come limite base: non voglio vivere in uno Stato che non sia ALMENO antifascista. Condizione minima. E questa è una posizione per fortuna ancora largamente condivisa e quindi “sacrosanta”, ma chiaramente “istituzionale”, “costituente” appunto.

Poi, c’è il piano “positivo” dell’antifascismo. Che coglie l’occasione per ragionare dei contenuti del vivere insieme (società). E allora vediamo uscire, finalmente, la critica all’autoritarismo, il tentativo di una rinnovata visione di classe (inciso: finché continuerà ad esistere “almeno una classe” − la borghesia − la società sarà classista. Il fatto che non si riesca più “a trovare” l’altra classe, quella proletaria, è un problema sicuramente, un problema che ci dobbiamo assumere noi “antagonisti” in particolare, ma non vuol dire che le classi sono sparite), una riconcettualizzazione della dimensione collettiva, della solidarietà, dell’inclusione, del rapporto con “l’Altro” (non il giornale neh?). Tutto questo va oltre la “costituzione” di uno Stato, in molti casi va oltre lo Stato stesso come forma di gestione della società.

Se riusciamo ad appuntire queste “armi”, non solo e non più “armi della critica”, ma “attrezzi da costruzione”, e a superare questo momento in cui si va verso la peggiore negazione della libertà, quella fatta da ignoranza (populismo), paura (controllo), odio (razzismo e xenofobia in genere, compreso il sessismo), avremo gli strumenti per cominciare, ricominciare e continuare a costruire. Non più “Falce e Martello” (per quanto rimanga un simbolo a me caro) ma “Cazzuola e Secchiello”.

RedCat

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