Certo, gli ultimi sindaci di questa città hanno dovuto destreggiarsi assai.
Senza fare una piega né interrompere il suo discorso, nel 2007 Sergio Cofferati accoglieva a Bologna per la festa del primo maggio il sindacato di estrema destra UGL, che gli srotolava davanti uno striscione in solidarietà allo stragista nero Luigi Ciavardini: «Strage di Bologna: Ciavardini innocente». Nessun commento.
Nel 2010, subito dopo la sua grottesca caduta, Flavio Delbono risultò «amico» di leghisti xenofobi e «socio in affari» di neofascisti come Francesco Stagni, storico militante dell’MSI, segretario del Fronte della Gioventù negli anni Settanta, negli ultimi quindici anni sempre in prima fila a negare la matrice neofascista della strage del 2 agosto, e poi vicino alla Fiamma di Storace.
Per ora l’ultimo della serie, Virginio Merola, è intervenuto a cose fatte per revocare una sala comunale a CasaPound, non ha detto nulla intorno al presidio dei neonazisti di Forza Nuova, ma sulla scia di Galeazzo Bignami se la prende però con la Frocessione prevista per l’8 dicembre.
Con l’inizio del nuovo regime dei tecnici, secondo Merola la libertà va subordinata ad altre logiche: «Ognuno ha la sua libertà d’idee, ognuno può manifestare, ma abbiamo passato un secolo nella logica ‘amico-nemico’: Berlusconi sta andando a casa, cerchiamo di superarla».
Più esplicita tal Silvia Noè che ha presentato un esposto alla polizia per «denunciare il reato commesso dagli organizzatori» nel non chiedere autorizzazioni, «perché a fronte di un diniego sarebbe stato difficile sfilare».
Silvia Noè ha anche riscontrato con disappunto che i server dei blog promotori dell’iniziativa si trovano in Brasile e in Olanda, «per cui sarebbe necessaria una rogatoria per ottenerne l’oscuramento».
Forse un bombardamento chirurgico, una guerra umanitaria, una tortura etica, una crociata pluralistica potrà risolvere il problema?