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[BO] Molotov contro la sede di CasaPound, tre arresti

In campagna elettorale, il sindaco Virginio Merola aveva dichiarato che a Bologna non sarebbe stata aperta alcuna sede neofascista, ma CasaPound Bologna ha inaugurato subito dopo la sua nuova sede in via Malvolta.

Sabato 24 novembre una manifestazione popolare di migliaia di persone ha percorso il Quartiere Santo Stefano per chiedere la chiusura della sede neofascista, ma non ha trovato il minimo ascolto né nell’amministrazione comunale, né presso il consiglio di Quartiere, né altrove.

Come di consueto, non potendo denigrare in altro modo l’antifascismo bolognese, il “Resto del Carlino” ha scritto soltanto che i negozianti avrebbero chiuso i loro negozi (!?) e “Repubblica” – che fra i suoi giornalisti accoglie un intellettuale organico alla destra neofascista – ha messo il solito trafiletto che riduce la protesta civile a folklore immotivato.

Dopo la strage di Firenze compiuta da un militante di CasaPound, dopo le tante e tante aggressioni squadriste e razziste attuate da aderenti a CasaPound, la manifestazione di sabato 24 novembre esprimeva un sentire diffuso in questa città: il fatto che Bologna ha già pagato prezzi altissimi per la violenza fascista e neofascista e che il metodo di CasaPound è quello di insediarsi con fittizie attività «sociali» per poi procedere all’attività squadrista magari con la copertura informale di qualche esponente delle forze dell’ordine…

Non è un caso che Alessandro Vigliani detto Chopper, il primo capofila di CasaPound a Bologna, sia stato perseguito per «associazione a delinquere finalizzata alle lesioni personali, al porto abusivo di armi improprie, alla violenza privata e alla discriminazione, odio o violenza per motivazioni razziali, etniche, nazionali, religiose».

Non è un caso che in giro per l’Italia vi siano stati fin troppi casi di collaborazione fra neofascisti e Questure, ad esempio nell’intimidazione extralegale contro vagabondi, mendicanti, abusivi, migranti, campi rom…

Ora, pare che verso le 2 del mattino del 28 novembre tre giovani abbiano compiuto un atto dimostrativo gettando un ordigno incendiario contro la saracinesca chiusa di CasaPound Bologna e, di ciò, la responsabilità ricade anzitutto sulle istituzioni cittadine che non hanno né discusso né mosso un dito contro la presenza provocatoria dei neofascisti.

Anzi, pare che la polizia abbia istituito – con il denaro dei contribuenti – un presidio fisso a difesa della sede bolognese di CasaPound, e che abbia aspettato che i tre compissero il loro gesto… per poi arrestarli in flagranza di reato.

Ora, dopo averli lasciati fare, la polizia li accusa di «atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi, fabbricazione e detenzione di congegni esplosivi o incendiari, resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale» e anche di «detenzione di sostanze stupefacenti» (piantine di marijuana!).

Si direbbe il solito uso abnorme e vendicativo della legge, sempre a senso unico.

Ma finché non si prenderà atto dell’ostilità diffusa verso le organizzazioni apertamente neofasciste e copertamente antisemite e razziste, la presenza di CasaPound a Bologna resterà un problema non solo di civiltà, ma anche di ordine pubblico.

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