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Acca Larentia dell’ipocrisia

Mancava ancora un film ipocrita e revisionista sulla «strage di Acca Larentia» del 1978 in cui furono uccisi due giovani neofascisti da fantomatici «Nuclei Armati di Contropotere territoriale» che misero a segno un agguato atipico con una mitraglietta Skorpion che era allora di proprietà di un ispettore di polizia e passò, molti anni dopo, in mano alle Brigate Rosse.

Si direbbe il solito prodotto del sottobosco governativo della destra romana che ha potuto realizzare un film con ben 150 attori «con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale per il Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali». Ed essendo anche «riconosciuto di Interesse Culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali», il film sarà distribuito in dvd nelle scuole secondarie come monito contro lo scontro fra «opposti estremismi».

Il solo assente da questa ricostruzione è ovviamente lo Stato e la «strategia delle stragi» portata avanti in quegli anni da neofascisti e servizi segreti. Ed è una rimozione che arriva, nel trailer e nell’intervista alla regista Emma Moriconi, fino all’ipocrisia di omettere che il terzo morto di Acca Larentia fu ucciso dal capitano dei carabinieri Eduardo Sivori. Sparò mirando ad altezza d’uomo, ma la sua arma si inceppò. L’ufficiale si fece allora consegnare la pistola dal suo attendente e sparò di nuovo centrando in testa il neofascista diciannovenne Stefano Recchioni. E sarà un altro carabiniere, l’anno dopo, a uccidere un altro neofascista ventenne nell’anniversario della strage.

Usare questi eventi per propaganda politica nelle scuole è un tentativo sordido e mistificante di non fare i conti con la «cultura omicida» dell’estrema destra italiana che ha causato centinaia e centinaia di morti e migliaia di feriti. E continua a farne anche adesso, nel nome di ciò che il film chiama, con impagabile eufemismo, «un’idea che si vive intensamente»…

Gridare oggi che «a Piazzale Loreto c’è ancora posto» o che «uccidere un fascista non è reato» è un modo, forse un po’ rozzo, per rivendicare il diritto all’autodifesa e alla resistenza rispetto a una cultura che pratica invece l’omicidio e la strage senza mai rivendicarli. Tanto più negli ultimi decenni in cui forze dell’ordine e cultura neofascista hanno trovato spesso forme coperte di sinergia e collusione. Dalla Uno Bianca a Bolzaneto, alla Panda Nera e oltre…

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