Qualche anno fa il Consiglio comunale di Bologna ha approvato a larga maggioranza un ordine del giorno che chiedeva «la messa fuorilegge del movimento politico Forza Nuova per ricostruzione del partito fascista» rilevando che vi erano «diversi dirigenti e militanti di Forza Nuova più di una volta coinvolti in episodi di violenza razzista e fascista».
Tuttavia, secondo la Questura di Bologna, la propaganda neonazista, l’istigazione all’odio razziale, i vandalismi, le minacce, la violenza simbolica di richiamarsi ai totalitarismi del Novecento non sono altro che «opinioni» che vanno legittimate e difese.
Così, in base a questa ottica falsamente neutra se non addirittura complice, la Questura di Bologna dice di aver usato il «bilancino del farmacista» denunciando 7 antifascisti e un neonazista cinquantacinquenne per «porto abusivo di strumento atto ad offendere». E bastano anche solo i numeri a far vedere come il «bilancino» sia truccato.
Tanto più che, con fine ipocrisia, la Questura valuta ora anche di «vietare» la manifestazione di Forza Nuova del 18 ottobre per «gravi motivi di ordine pubblico», dopo che per anni e anni ha sempre legittimato e difeso le provocazioni neonaziste con ingente schieramento di forze dell’ordine.
Roberto Fiore, ex leader di Terza Posizione, viene da quel mondo dell’eversione armata di estrema destra che in Italia ha portato avanti la strategia delle stragi, si trovava a Bologna con Gabriele Adinolfi nel marzo del 1980 «per organizzare attentati» (Processo «Quex»), e oggi i suoi ritorni a Bologna, senza mai una presa di distanza dal suo passato, risultano di fatto una rivendicazione implicita dello stragismo nero e un oltraggio a questa città.
«In giro c’è ancora troppo fascismo», ha detto il presidente nazionale dell’ANPI Carlo Smuraglia commemorando il 5 ottobre scorso la strage nazifascista di Marzabotto e invitando a contrastare il neofascismo in ogni sua manifestazione.
Dinanzi a tutto ciò, dichiarare come ha fatto il sindaco Virginio Merola che «è evidente che Forza Nuova o qualunque realtà neonazista non ha cittadinanza in questa città» e poi non muovere mai un dito, vuol dire misconoscere la storia, la memoria sociale, i sogni di libertà e insomma il sentimento profondo e plurale di Bologna, che si è espresso con gioia, ognun* a suo modo, nella protesta contro le «sentinelle» omofobe e i loro fiancheggiatori neonazisti.
Per questo, in una città che ha subito episodi feroci di violenza neofascista dalla strage del 2 agosto 1980 fino ai poliziotti della Uno Bianca, le denunce della Questura ci appaiono solo un segno dell’arroganza del potere, a cui noi contrapponiamo la solidarietà dal basso, la pratica della libertà, la creatività antigerarchica, la resistenza concreta contro ogni discriminazione e contro ogni tentativo di imporre dall’alto un modo di esistere uguale per tutti.
Solidarietà a tutte e tutti gli antifascisti denunciati!
Nodo sociale antifascista