Come ha scritto Furio Jesi, la «cultura di destra» si fonda sempre su una qualche «religione della morte» e su una mitologia sacrificale e perciò stragista. A ottant’anni dai bombardamenti di Durango e di Guernika, quella violenza non è stata estirpata, ma resta ancora viva, in altre forme, nelle mitologie identitarie e nelle pratiche razziste dell’Europa di oggi.
1937-2017: A OTTANTA ANNI DAI BOMBARDAMENTI DI DURANGO E GERNIKA
di Gianni Sartori
Come ogni anno nel giorno di Pasqua migliaia di baschi parteciperanno all’Aberri Eguna (Giorno della Patria Basca) inalberando striscioni e ikurrinas (bandiere basche). Risale al 1964 la prima celebrazione dell’Aberri Eguna in Hegoalde (Paese basco sotto amministrazione spagnola) durante la dittatura franchista. Non casualmente si svolse a Gernika, la cittadina bombardata nell’aprile 1937, 80 anni fa. Mentre è ormai universalmente conosciuta la responsabilità dell’aviazione nazista, è meno noto che al mitragliamento partecipò anche l’aviazione italiana con i Savoia-Marchetti. Quasi sconosciuto poi il ruolo italiano nel bombardamento, propedeutico a quello di Gernika, di Durango (cittadina di Bizkaia) del 31 marzo 1937.
È di questi giorni la notizia che la Agrupacion Cultural Gerediaga ha sporto querela per crimini di guerra nei confronti dei piloti e degli equipaggi, finalmente identificati (44 su 45) con nome e cognome, responsabili dell’attacco condotto con tre bombardieri italiani contro Durango. Attacco che causò la morte di 336 persone. Inizialmente i bombardieri erano quattro, ma uno fu costretto a rientrare alla base di Soria per avaria. Ogni aereo portava un carico di 20 bombe da 50 chili l’una e altre 4 bombe incendiarie di 20 chili. Una decina di aerei caccia erano incaricati di scortarli e tra un bombardamento e l’altro si dedicarono al mitragliamento della popolazione civile.
Alla richiesta di una condanna, per quanto tardiva, si è associata anche l’Ayuntamiento di Durango. La sindachessa di Durango, Aitziber Irigoras, si augura che «con tutte queste informazioni raccolte sia possibile che la nostra denuncia venga accolta».
Una curiosità. Aitziber Irigoras ha riferito che sono stati scoperti anche gli pseudonimi adottati dai piloti, in quanto ufficialmente l’Italia non partecipava alla Guerra civile tra i fascisti di Franco e i Repubblicani.
All’identificazione dei responsabili si è giunti dopo una approfondita ricerca d’archivio (sia nell’Archivo General e Historico del Aire di Madrid, sia nell’Archivio dello Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Italiana di Roma). Dalle ricerche è emerso che l’Italia partecipò alla Guerra civile spagnola con 70 aerei dell’Aviazione legionaria, mentre la Germania nazista fornì 80 aerei della Legione Condor. Durango non era un obiettivo militare e l’unico scopo era quello di colpire e terrorizzare la popolazione civile. Molte delle vittime stavano assistendo alla prima messa del mattino e non ebbero scampo. L’attacco si svolse in tre fasi successive, il primo alle otto del mattino, i due successivi nel pomeriggio. Analogamente a quanto avvenne nei Paesi baschi, molti obiettivi civili vennero colpiti dall’aviazione al servizio dei franchisti anche in Catalunya. Oltre a Granollers (da allora conosciuta come la «piccola Gernika»), aerei fascisti italiani bombardarono ripetutamente la Rosa de foc (Barcellona) provocando più di tremila morti tra i civili. Anche Barcellona come Durango aveva sporto querela contro l’Aviazione italiana per questi crimini di guerra. Crimini su cui la nostra opinione pubblica ha sempre steso il velo, poco pietoso, del solito luogo comune degli «Italiani, brava gente».
GERNIKA, SIMBOLO DELL’INDIPENDENZA BASCA
Grazie anche alla nota opera del pittore Picasso, è invece relativamente nota la data del 26 aprile 1937.*
Quel giorno l’aviazione nazista, alleata di Franco, radeva al suolo la città di Gernika, depositaria dei Fueros tradizionali e simbolo dell’indipendenza. Ricordo che Gernika e Durango non furono le uniche località basche a subire i bombardamenti dei golpisti del 18 luglio 1936. Anche Elgueta venne devastata dall’aviazione di Mussolini.
Gli aerei italiani (Savoia-Marchetti) si resero responsabili del mitragliamento sulla piazza del mercato di Gernika. Poi intervennero Junker e Heinkel per uno dei primi bombardamenti a tappetto su un obiettivo civile della Storia. Come ricorderà Goering al processo di Norimberga «raccomandai al Fuhrer di appoggiare Franco in ogni modo per avere la possibilità di provare la mia giovane Luftwaffe dal punto di vista tecnico». Fu un vero e proprio esperimento, la prova generale per la Seconda Guerra Mondiale. I rapporti tra il generale Franco e lo stato maggiore nazista (come del resto i rapporti tra i monarchici spagnoli e i fascisti italiani) risalivano a prima del 18 luglio 1936, consolidandosi ulteriormente al momento della ribellione contro il legittimo governo repubblicano. Già il 22 luglio il capitano Francisco Arranz partì con una lettera personale di Franco per Hitler, in compagnia dell’esponente nazista Adolfo Langenheim, e dell’industriale tedesco Johannes Berhardi (dirigente della sezione economica dell’Ufficio Affari Esteri, Auslandorganisation). Giunsero a Berlino il 25 luglio e, grazie all’appoggio dell’ammiraglio Canaris, le loro richieste vennero accolte, nonostante l’indecisione del ministro degli Esteri Neurath.
Più ancora di quello di Canaris, risultò decisivo l’appoggio di Herman Goering, capo della Luftwaffe. Le popolazioni insorte della penisola iberica diventarono agli occhi dei gerarchi nazisti le indispensabili cavie per i loro piani di riarmo. Non fu quindi un caso che a essere bombardate in modo così indiscriminato siano state soprattutto città basche e catalane. Una conferma che Euskal Herria e Paisos Catalans venivano considerati da Franco e dalle oligarchie spagnole alla stregua di colonie interne. Al ministero della guerra tedesco venne creata una sezione speciale (COS «V») per reclutare uomini ufficialmente volontari e per inviare materiale bellico in Spagna. Il primo invio consistette in trenta aerei da trasporto Junker. Seguirono truppe specializzate, aerei, carri armati. In cambio, oltre agli esperimenti che interessavano a Goering, gli industriali tedeschi (tra cui Willi Messerschmidt) ottennero precise garanzie economiche. Il 6 novembre 1936, per ordine di Hitler, venne costituito a Siviglia la Legione Condor, al comando del generale Von Sperre. Si trattava di 6500 uomini, appoggiati da aerei da caccia, da bombardieri e da compagnie corazzate. Successivamente entrò a far parte della Condor anche il gruppo Mare del Nord che operava a bordo di due corazzate. La Condor si distinse per i suoi interventi spietati sia al fronte che nelle retrovie, in operazioni dette di «limpieza» (pulizia), una tecnica qui sperimentata e destinata ai noti successivi sviluppi nell’Europa occupata dai nazisti.
Il ruolo maggiore lo svolse l’aviazione, ottemperando in pieno all’obiettivo fissato da Goering: addestrare i piloti e testare l’efficienza degli aeroplani. Le missioni svolte sulla penisola iberica costituirono l’anticipo di tutti quei bombardamenti indiscriminati che pochi anni dopo avrebbero distrutto tante città europee. All’epoca mitragliare e bombardare città indifese (ancora sprovviste di contraerea) e popolazioni civili inermi comportava ben pochi rischi. Guernika (Gernika in lingua basca), cittadina a dieci chilometri dal mare e a trenta da Bilbao, non aveva più di sette-ottomila abitanti (oggi poco più che raddoppiati), costituiva un piccolo centro apparentemente insignificante. Eppure questa città, da secoli, è il simbolo delle tradizioni basche, puntigliosamente difese all’epoca delle guerre carliste. Già nel medioevo, sotto il suo famoso rovere millenario, si riunivano i rappresentanti dei diversi paesi per decidere le sorti politiche della nazione basca e perfino i re spagnoli qui avevano dovuto giurare di rispettare leggi e consuetudini locali, i Fueros. Da questo punto di vista, il bombardamento acquistava tutte le caratteristiche di una rappresaglia contro quelle che i franchisti chiamarono le «province ribelli» (Bizkaia, Gipuzkoa, Araba). Lunedì 26 aprile 1937 alle quattro e mezzo del pomeriggio, giorno di mercato, le campane suonarono annunciando l’arrivo di uno stormo di aerei. Gli Heinkel 111 apparvero alle cinque meno venti, bombardando e mitragliando sulle strade. E secondo lo storico Claudio Venza (Università di Trieste) al mitragliamento presero parte anche aerei italiani. Di seguito altri aerei, Junker 52. La popolazione che cercava di mettersi in salvo nei campi e nei boschi venne ulteriormente mitragliata. Fino alle otto meno un quarto, ogni venti minuti si succedettero ondate di aerei che scaricavano anche bombe superiori ai cinque quintali. La città risultò completamente devastata e incendiata. Per lo storico Hugh Tomas quel giorno morirono 1654 persone e 889 rimasero gravemente ferite. Cifre inferiori riportate da altri fonti si riferivano ai solo abitanti di Gernika, senza aver calcolato che molte delle vittime provenivano dalle località vicine.
Miracolosamente, il palazzo sede del parlamento basco e la Quercia restarono illesi. Tali avvenimenti vennero confermati da tutti i testimoni oculari, sindaco compreso, dal governo basco e da tutte le formazioni politiche repubblicane. Vennero raccontate nei dettagli dai corrispondenti del Times, del Daily Telegraph, della Reuter, di Star, di France Soir e del Daily Express che visitarono immediatamente il luogo (molti la sera stessa) e raccolsero frammenti di bombe di fabbricazione tedesca. La propaganda fascista ha poi sostenuto per anni che a distrugger Gernika sarebbero stati gli stessi baschi per screditare Franco. Fino a qualche anno fa (il celebre quadro di Picasso era già stato trasferito in Spagna dal Moma newyorchese) la vera storia di Gernika era ancora ignorata da molti spagnoli. In molti libri di Storia (come in quelli di Manuel Aznar, storico ufficiale del regime e amico personale di Franco) si sosteneva che se non erano stati proprio i baschi, in alternativa, i responsabili andavano individuati in un battaglione di minatori repubblicani delle Asturie. Nel 1987 alle cerimonie per il cinquantenario avevano preso parte anche due deputati tedeschi, i Verdi Petra Kelly e Gert Bastian, destinati a morire pochi mesi dopo in circostanze misteriose**. La loro presenza esprimeva sia una volontà di riconciliazione, sia l’ammissione della colpa da parte dei tedeschi. Attualmente Gernika è gemellata con la città tedesca di Pforzeim il cui centro storico venne distrutto per l’80% dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.
Gianni Sartori
*nota 1: Altra data ricordata dal popolo basco è quella della caduta di Irunea (Pamplona) il 21 luglio.
Nel febbraio 1512 con una bolla pontificia di Giulio II venivano scomunicati i «Baschi cantabrici» (peraltro cattolicissimi) e cancellati i diritti di Caterina de Foix e Juan de Albret, legittimi sovrani della Navarra. Premessa indispensabile per l’invasione da parte delle truppe spagnole. Dopo un lungo assedio, Irunea capitolerà il 21 luglio 1512. Il cardinale Cisneros che dal 1499 aveva condotto una campagna di conversioni forzate a Granada, venne incaricato di reprimere e uniformare ogni possibile dissenso, sia religioso che politico. L’Inquisizione ebbe mano libera e procedette all’eliminazione fisica, oltre che di eretici, presunte streghe e minoranze etnico-religiose, di tutti quei nobili ed esponenti delle élites intellettuali che non intendevano sottomettersi al nuovo ordine. Non era un caso che una delle formazioni della sinistra indipendentista, sorte dopo l’illegalizzazione di Herri Batasuna prima e di Batasuna poi, si fosse data il nome di Amaiur, la fortificazione dove i nobili di Navarra si riunirono per l’estrema resistenza e ultimo caposaldo a cadere in mano all’esercito castigliano.
Invece il 27 settembre si celebra il Gudari Eguna («Giorno del combattente basco») in memoria del Txiki e di Otaegi, due etarras fucilati nel 1975 dal regime franchista già agonizzante.
**nota 2: Anche Dulcie Septembre, rappresentante dell’ANC in Francia, venne assassinata dai servizi segreti sudafricani dopo aver partecipato ad una manifestazione indetta da Herri Batasuna a Gernika.