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L’incubo scontri del perbenismo autoritario

Pare che un nuovo spettro si aggiri per le strade e le piazze d’Italia: è l’incubo scontri. Non la speranza che una generazione sfruttata e umiliata trovi il coraggio di ribellarsi. Non la speranza che al fascismo e al razzismo giunga a opporsi una forte resistenza civile. Insomma, non la speranza di uno scontro che schiuda le porte a un avvenire migliore per tutte e tutti, ma l’incubo scontri di un perbenismo borghese che sogna ordine, affari e disciplina…

Ma pare che l’incubo abbia gambe solide. A Genova, a Macerata, a Bologna, a Palermo, a Torino, a Milano, a Roma…

Tanto che l’estrema destra ha provato a ricavare qualche spot elettorale gratuito con bugie, provocazioni e vittimismi. A Bologna ci ha provato Matteo Salvini che, rimasto per una volta senza contestazioni, ha immaginato un terribile agguato di finti giornalisti ai suoi danni…

Ci ha provato anche il ducetto di CasaPound Simone Di Stefano che se ne è venuto a Bologna con i soliti discorsi provocatori, restando però a becco asciutto. Ha fatto la sua comparsata con i cinquanta camerati che si era portato dietro, chiuso fra due file di guardie che proteggevano la saletta di un hotel e nessuno se ne è accorto. «Noi non rinneghiamo il fascismo», ha detto a poche centinaia di metri dal luogo della strage cercando di attirare un po’ d’attenzione…

Ma se Di Stefano non rinnega il fascismo, ormai c’è una gara a chi la spara più grossa.

A Palermo la lezione di buona educazione impartita a un pericoloso squadrista di Forza Nuova dapprima risulta «tentato omicidio» e poi si apprende invece che il medico si è limitato a prescrivere qualche giorno di riposo…

A Fermo, dove un anno fa un neofascista ha ucciso davvero un ragazzo africano a pugni, Francesco Pacini di CasaPound è convinto che il cittadino italiano «sia razzista perché l’unica razza che tollera è la propria»…

Ma chi cerca spot elettorali a spese dell’antifascismo non sta solo a destra. A Roma ieri hanno sfilato i Gentiloni, i Renzi e tutti gli altri tragici figuri della politica di centrosinistra che negli ultimi vent’anni non hanno fatto altro che promuovere sfruttamento, militarismo, guerre, razzismo, stragi in mare. Le loro responsabilità storiche sono sotto gli occhi di sempre più persone. E non si potranno nascondere dietro a un dito.

Ma sarebbe un errore, di fronte a queste strumentalizzazioni, dire «Antifascismo? No, grazie» come fa ora anche Franco Berardi detto Bifo.

Forse non è efficace agire solamente in modo reattivo. Forse è necessario cercare di non imbarbarirsi combattendo la barbarie squadrista e razzista. Sia pure. Ma oggi è però importante ribadire il principio dell’autodifesa sociale e della lotta antifascista contro la violenza, contro la discriminazione e contro l’indifferenza complice che dà fiato alle parole di odio e di sopraffazione.

Invocare la pazienza e il perdono per i neofascisti, come fa Bifo, risulta oggi una posizione grottesca, divisiva e non molto diversa dal timore di scontri della borghesia benpensante:

«La cosa più stupida che possa accadere nei prossimi mesi è una riedizione dell’antifascismo militante, con scaramucce nelle strade e nelle piazze, morti e feriti soprattutto dalla nostra parte. Nei confronti dei miserabili occorre esercitare la pietà, l’ironia terapeutica e la pazienza. Perdona loro perché non sanno quello che fanno. Perdona loro perché sono vittime come le loro stesse vittime. È bene saperlo: la società non è oggi in grado di difendersi né dal nazismo finanziario né dal fascismo degli impotenti. Può solamente esercitare la pazienza, la comprensione e l’autonomia».

Ed è una posizione tanto più ambigua e incomprensibile perché proprio Bifo è stato uno degli sdoganatori storici del neofascismo intellettuale, e pare che gli anni e i decenni trascorsi non gli abbiano ancora fatto capire quanto sbagliava.

Infatti, nel 1992 Bifo organizzò a Bologna tavole rotonde con Alain De Benoist e Marco Tarchi, partecipò a presentazioni di riviste neofasciste come «Elementi» e collaborò a una di queste, «Trasgressioni», seguendo l’idea che si dovesse uscire dal Novecento, che fossimo già nel futuro e che le contrapposizioni ideologiche fra destra e sinistra dovessero ormai considerarsi un residuo opprimente di un mondo passato.

Nel 1993 Bifo giunse a scrivere il «Il Manifesto della nuova Tolleranza» e a organizzare, in nome del «meticciato ideologico» fra destra e sinistra, una festa per riconciliare gli opposti estremismi, neofascisti e antagonisti insieme:

«Proprio per esorcizzare la paura del “contatto” con i naziskin, lunedì 26 aprile, alle ore 22, alla discoteca Akab di Roma, si terrà una manifestazione per salutare “Il Manifesto della nuova Tolleranza” ideato da Franco Berardi: giovani con simpatie “estremiste” opposte si ritroveranno a ballare e a parlare insieme per un happening che qualcuno ha già definito “storico”»
«Il Resto del Carlino», 23 aprile 1993

Fu così che nacque l’idea balorda e autoritaria secondo cui neofascisti e neonazisti si dovessero curare e che il vero nemico fosse invece quell’antifascismo militante – quelle persone che, nel volume Come si cura il nazi, Bifo volle chiamare «i Rudi» – che impedivano la cura benefica del dottor Bifo irrigidendo gli steccati ideologici e producendo, appunto, scontri

Purtroppo non siamo affatto usciti dal Novecento. Oggi il nostro orizzonte è chiuso e, se vogliamo un futuro, dovremo aprirci una strada tutte e tutti insieme, senza paura e senza incertezze. Non si tratta di avere la verità in tasca, ma di segnare insieme una linea di fuga da un presente devastante. Resistere con intelligenza è possibile e opportuno! Non un passo indietro!

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