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«Vanity Fair» e finti ribelli del neofascismo patinato

Uno dei segni più evidenti del rapporto fra squadrismo neofascista e potere economico sono i tanti articoli elogiativi che i grandi rotocalchi patinati dedicano al neofascismo come nuova moda giovanile.

Dopo l’elogio di «Marie Claire» alle militanti nazistoidi e antisemite di CasaPound, ecco ora «Vanity Fair» che fa un quadretto oleografico del Blocco studentesco per opera di tal Silvia Nucini.

Ovviamente non si fa menzione delle sistematiche aggressioni e pestaggi di studenti antifascisti. L’obiettivo dell’articolo è solo quello di attribuire al neofascismo un qualche fascino di ribellione, per farne una moda. E certo non è facile farlo su una rivista patinata e perbenista, tanto che trucchi e stereotipi sono sempre gli stessi: la mamma era antifascista, poi il bravo ragazzo, con buoni voti, ha scelto l’eroismo, ma niente cinghiamattanza né Marinetti, e legge invece Dante e Petrarca odorando una italica margheritina…

Questa continua campagna pubblicitaria su tivù e rotocalchi conferma il fatto che i neofascisti cercano di passare per ribelli e per idealisti, ma sono sovvenzionati, sostenuti e coccolati proprio dai padroni.

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