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Fascisti, rosso-bruni e qualche sedicente “antimperialista” hanno tirato la volata ad Erdogan…

Silenzi, reticenze, ipocrisie e falsità hanno variamente segnato il discorso pubblico di questi anni e di questi giorni intorno alla rivoluzione curda. A ciò si unisce ora l’ambigua solidarietà di sovranisti, nazionalisti, rossobruni e qualche “antimperialista”. Ma fosse anche soltanto per il breve tempo di un lampo, la rivoluzione confederalista del Rojava ha proiettato una intensa luce di verità dentro le cupe profondità della notte in cui viviamo. E alla fine la verità è sempre più forte della notte. Riceviamo e condividiamo una riflessione di Gianni Sartori.

FASCISTI, ROSSO-BRUNI E QUALCHE SOIDISANT “ANTIMPERIALISTA” HANNO TIRATO LA VOLATA A ERDOGAN…
di Gianni Sartori

La prendo larga. Vedere la firma di Fernando Aramburu in calce all’appello di Saviano per i Curdi mi ha fermato in tempo, prima di sottoscriverlo. Giusto o sbagliato, sarebbe stato comunque imbarazzante per entrambi.

Sull’autore di “Patria” penso di aver già detto la mia. Chissà, se nasceva curdo invece che basco, forse avrebbe sparlato del PKK…

Stesso discorso, o quasi, per Vargas Llosa, pure lui firmatario dell’appello (insieme ad altre migliaia di brave persone comunque) e transitato da ideali progressisti all’apologia del neoliberismo.

E poi Saviano, il giovane Saviano…

Analogamente a quanto aveva già fatto per Ken Saro-Wiwa chiedendo il boicottaggio della Shell (ma soltanto quando la multinazionale venne ufficialmente inquisita; altri lo avevano fatto in epoca non sospetta – a rischio querele – già nel 1995, quando il poeta eco-pacifista e altri otto militanti Ogoni vennero impiccati), oggi Saviano scopre la tragedia del popolo curdo. Fuori tempo massimo e ormai in dirittura d’arrivo. E lo fa recriminando sulla non avvenuta entrata in Europa della Turchia. Ritenendo forse che tale evento avrebbe contribuito alla sua democratizzazione mentre altri temono invece – non senza ragione – che contribuirebbe piuttosto ad una ulteriore fascistizzazione dell’Europa stessa.

Inoltre tra gli “sconfitti” – a causa dell’invasione turca del Rojava – inserisce lo Stato di Israele che avrebbe potuto – sempre secondo Saviano – trarre beneficio dalla nascita di uno Stato curdo in quanto avrebbe funzionato da cuscinetto tra Gerusalemme e Teheran.

Fornendo così a certi  “antisionisti” e soidisant “antimperialisti” (di destra e di sinistra, comunque schierati con Bashar al Assad e la Repubblica Islamica dell’Iran) ulteriori pretesti per gettare fango sui Curdi. Dimenticando entrambi, sia Saviano che tali “antisionisti”, che il Confederalismo democratico non implicava necessariamente la nascita di uno stato curdo, ma caso mai il superamento della forma-stato. E dimenticando anche che fu opera del Mossad la cattura di Ocalan in Kenya e la consegna ai suoi aguzzini turchi venti anni fa. Quando invece il PKK era effettivamente ancora separatista e indipendentista.

Detto questo, non posso nemmeno escludere che l’appello di Saviano – sottoscritto da tante personalità illustri – possa tornare utile ai Curdi. Per quanto forse tardivo.

D’altra parte, come ho detto, in rete circola di peggio. Molto di peggio.

Gentaglia rosso-bruna – di fatto, se non di nome – che anche di fronte al rischio concreto di genocidio non ha rinunciato a ironizzare sulla tragedia del popolo curdo. Sostenendo – anche dopo il barbaro assassinio di Hevrin Khalaf, stuprata e lapidata, e di tanti altri esponenti curdi – che in fondo “se la sono cercata” (per il patto, di natura esclusivamente militare anti-Isis, con gli USA), continuando a evocare una inesistente “pulizia etnica” operata dai curdi nei territori del nord-est della Siria e confondendo – volutamente o meno – l’operato di YPG (Rojava, Kurdistan “siriano”) e PKK (Bakur, Kurdistan “turco”) con quello del PDK (Basur, Kurdistan “irakeno”). Il partito di Barzani, tendenzialmente collaborazionista, sia con gli USA che con Ankara (talvolta, spesso, anche ai danni del loro fratelli curdi del Bakur).

Ci sarà tempo per discutere se e quanto l’esperienza del Rojava sia paragonabile alla Comune di Kronstadt del ’21 o alle collettivizzazioni libertarie del 1936-1939.

Eppure, anche se la notte continua a scendere in questa Valle di lacrime, fin da ora possiamo affermare che “per il tempo di un lampo la luce della coscienza d’identità, della coscienza per sé ha acceso l’orizzonte della storia” (Jean Ziegler). In faccia al mondo e a quelli che verranno.

Gianni Sartori

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