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Ennesima strage di suprematisti bianchi in USA

Una settimana fa Santino William Legan, un suprematista bianco 19enne, aveva sparato sulla folla in California uccidendo un bimbo di 6 anni, un’adolescente di 13 e un ragazzo di 25.

Ieri 3 agosto, c’è stata un’altra strage razzista in Texas alla periferia di El Paso: 20 morti e 26 feriti fra cui anche bambini. Ad aprire il fuoco Patrick Crusius, un 21enne che ha dichiarato di combattere contro la presunta «invasione di ispanici in Texas» e contro il complotto della «Grande Sostituzione».

Anche Nikolas Cruz, il 19enne che, un anno fa, ha ucciso 17 persone in una scuola di Parkland in Florida, era membro di un gruppo suprematista bianco dell’estrema destra statunitense. E la lista sarebbe lunga…

Oggi lo stragismo identitario non fa che mettere in pratica i messaggi d’odio dell’estrema destra.

Dalle nostre parti, il neofascista Gianluca Casseri, che nel 2013 sparò su un gruppo di senegalesi uccidendo due persone, era un intellettuale organico alla destra identitaria e affiliato a CasaPound.

Anche Amedeo Mancini e Luca Traini erano vicini alla Lega Nord e a CasaPound, e hanno ricevuto solidarietà implicita o esplicita da molti partiti ed esponenti dell’estrema destra.

Non si tratta di persone isolate, né di gesti di follia, ma di atti di terrorismo politico che hanno dietro precise strategie autoritarie e razziste.

Non a caso in Europa è sempre più evidente la fascistizzazione di gruppi interni all’esercito e alle forze di polizia: in Inghilterra, in Germania e un po’ ovunque…

Neofascisti e razzisti in divisa abbondano anche in Italia, ma chi ha cercato di studiare il fenomeno è stato prontamente zittito

Ora e sempre resistenza!

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Difendere la Terra? Cosa buona e giusta, ma pericolosa…

Tutti i media parlano del cambiamento climatico, ma non della violenza capitalistica che sta devastando vite, territori, ecosistemi… Riceviamo e condividiamo un intervento al riguardo.

DIFENDERE LA TERRA? COSA BUONA E GIUSTA, MA PERICOLOSA…
di Gianni Sartori

Si battevano contro progetti minerari, contro la deforestazione, contro il moloch agro-industriale… e sono stati assassinati.

Sono almeno 164 i morti ammazzati (quelli accertati, beninteso), mentre lottavano contro la devastazione di Madre Terra, nel corso del 2018.

I dati sono quelli forniti da Global Witness. Secondo questa ONG il paese più mortifero per gli ambientalisti attivi sarebbero le Filippine con un record, l’anno scorso, di 30 persone uccise (tra ecologisti e indigeni che difendevano le loro terre ancestrali). Tra le vicende più gravi, l’uccisione di donne e bambini da parte di milizie armate – sul libro paga dei proprietari delle coltivazioni di canna da zucchero – nell’isola di Negros. Successivamente anche l’avvocato delle famiglie delle vittime è stato ucciso a sua volta.

Seguono nella graduatoria, quasi a pari merito, la Colombia (dove il fantomatico “processo di pace” in realtà ha riaperto ampi territori forestali – prima controllati dalle FARC – alla speculazione e al saccheggio) con 24, e l’India (nonostante l’eroica resistenza di adivasi e naxaliti) con 23. Il piccolo Guatemala, già teatro nel secolo scorso di un autentico genocidio nei confronti degli indios, si conferma come il paese con la più alta percentuale di vittime (16) rispetto al numero di abitanti.

Tra gli episodi più gravi, quello avvenuto in Tamil Nadu (sud dell’India) il 23 maggio 2018 dove 13 persone sono state assassinate dalla polizia dopo una manifestazione contro la fonderia Sterlite (gruppo Vedantaui) responsabile dell’inquinamento di aria e acqua nella città di Thoothukudi.

I manifestanti chiedevano la chiusura dell’impianto per la lavorazione del rame. Tra le vittime anche una giovane di 17 anni.

Il movimento autodenominatosi “anti Sterlite” ha riunito migliaia di persone e negli scontri dopo la sparatoria mortale venivano dati alle fiamme numerosi mezzi dell’azienda e auto della polizia. I feriti sono stati oltre una sessantina.

Solo nello stato del Para (Brasile) sono almeno otto i morti accertati tra la popolazione in conflitto con i grandi proprietari dell’industria della soia.

Gianni Sartori

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[Bulgaria] L’antifascista Jock Palfreeman rimane in carcere

Ovviamente la “legittima difesa” vale ovunque a senso unico, per ricchi, benpensanti, razzisti, neofascisti e affini. Ed è evidente che spesso le forze dell’ordine, l’estrema destra e il narcotraffico trovano margini d’intesa… Solidarietà a Jock e a tutt* coloro che contrastano il fascismo che avanza!

BULGARIA: L’ANTIFASCISTA JOCK PALFREEMAN RIMANE IN CARCERE
di Gianni Sartori

Dopo aver già trascorso oltre undici anni nelle carceri bulgare, Jock Palfreeman si è visto rifiutare nuovamente la libertà condizionale. Arrestato a Sofia nel 2007, il trentaduenne antifascista australiano era stato condannato nel 2009 a venti anni per aver ucciso un estremista di destra (definito un “hooligan”, ossia un teppista del calcio, ma imparentato con un noto pezzo grosso della politica) che con altri neonazisti stava aggredendo e picchiando due rom.

L’australiano era intervenuto in difesa delle vittime del brutale pestaggio consentendo loro di mettersi in salvo, ma venendo a sua volta aggredito dal gruppo di fascisti. Nello scontro uno di loro rimaneva ucciso da una coltellata inferta, per legittima difesa, da Jock.

Lo svolgimento del processo risale al 2008-2009, l’appello al 2010-2011. Nonostante in questa circostanza venisse confermata la versione di Jock (ossia di essere intervenuto per fermare il pestaggio dei rom) la condanna è rimasta invariata.

Pare che le autorità bulgare abbiano messo in campo ogni genere di sotterfugi per impedire un processo equo (per esempio impedendo alla difesa di visionare le immagini delle telecamere di sicurezza), ottenere una pena esorbitante e rifiutarne (in contrapposizione anche ai propri stessi trattati) l’estradizione in Australia.

E nonostante tutti gli appelli contro la condanna non gli viene ancora consentito di poter rientrare nel suo paese per scontarvi gli anni di pena residui.

In aprile Jock era entrato in sciopero della fame (per 33 giorni) per protestare sia contro i maltrattamenti inflitti ai detenuti, sia contro la corruzione e gli abusi di potere delle dalle autorità carcerarie (in particolare del capo del personale della prigione di Sofia, Desilav Angelov Traykov).

Altro scioperi della fame, e azioni di protesta organizzati dalla BPRA (Bulgarian Prisoners’ Rehabilitation Association, Associazione dei prigionieri bulgari), si erano svolti nel 2018 (uno sciopero era iniziato ancora nel dicembre 2017) per ottenere le dimissioni del direttore del carcere centrale di Sofia, Peter Krestev.

Costui si era reso responsabile di un inasprimento delle condizioni detentive: riduzione e soppressione delle attività, dei congedi penitenziari, dell’ora d’aria e della possibilità di acquistare alimenti e altro. Non solo. Durante il suo mandato erano aumentati gli episodi qualificabili come tortura e alcuni gruppi di narcotrafficanti – protetti se non addirittura manovrati dalla direzione – agivano indisturbati con ogni genere di abusi nei confronti degli altri detenuti.

Le azioni di protesta erano proseguite nonostante la repressione (i detenuti in agitazione rischiavano il raddoppio puro e semplice della pena) ottenendo che il primo ministro Borissov richiedesse le dimissioni sia del direttore Krestev, sia di Svilen Tsvenatov (responsabile dell’esecuzione delle pene).

Significativamente Jock ha sempre chiesto che eventuali donazioni in suo favore vengano inviate alla BPRA di cui è stato tra i fondatori nel 2014.

Gianni Sartori

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[BO] Take a Break: tutte le mattine dalle h.6.30 colazione resistente a Xm24!

Contro il fascismo che avanza, contro il nulla che cresce, non c’è nulla di meglio che una bella colazione resistente a Xm24!

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In carcere per una scritta…

Ci sono fenomeni riconoscibili solo per gli effetti che producono. Ad esempio, il pianeta Nettuno fu scoperto solo per la distorsione gravitazionale che modifica l’orbita di Urano. Così oggi la crescente e capillare criminalizzazione del dissenso mostra che la rivoluzione sociale è di nuovo in cammino. A Nantes un compagno è in carcere per una scritta…

MILITANTE COMUNISTA IN SCIOPERO DELLA FAME A NANTES
di Gianni Sartori

Da quando è stato arrestato (il 23 luglio) a Nantes, l’operaio di 27 anni Théo El Ghozzi è in sciopero della fame. Militante comunista (maoista), Théo rivendica la sua identità di prigioniero politico esigendo quindi che tale status gli venga riconosciuto. Richiede inoltre di venir trasferito alla prigione di Riom e la liberazione di alcuni prigionieri politici (in particolare di George Ibrahim Abdallah).

Théo era stato arrestato e incarcerato in quanto sospettato di essere l’autore della scritta apparsa sul muro dell’abitazione di Francois De Rugy (ex ministro dell’ecologia implicato in numerosi scandali) a Orvault (periferia nantese).

La scritta, piuttosto lunga, portava la firma del Parti Communiste Maoiste e recitava “Les parasites comme De Rugy qui se goinfrent de homard, vivent dans le luxe et profitent de logemnet sociaux grace à l’argent volé aux travailleurs doivent etre dénoncés et combattus” [“Parassiti come De Rugy che s’ingozzano di aragosta, vivono nel lusso e godono di alloggi sociali grazie ai soldi rubati ai lavoratori devono essere denunciati e combattuti”].

Tutto qui. Un appello alla legalità contro i parassiti sociali di alto bordo che si arricchiscono e fanno la bella vita rubando e saccheggiando a spese dei lavoratori. Già in passato l’abitazione nantese del deputato di Loire-Atlantique era stata oggetto delle attenzioni – non solo scritte – dei suoi detrattori (così come l’altra sua residenza sull’isola di Ouessant).

Ricordo che Nantes viene universalmente considerata come la capitale storica della Bretagna. Tuttavia il dipartimento 44 fa parte non della Bretagna ma della Loire-Atlantique (una separazione forzata risalente ancora al maresciallo Pètain, collaborazionista dei nazisti).

Gianni Sartori

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[BO] sab 20 lug h.21: ancora «Sentinelle» omofobe in Piazza San Domenico

Sabato 20 luglio alle ore 21, in Piazza San Domenico, tornerà a Bologna l’estrema destra integralista delle «Sentinelle in piedi» per la solita manifestazione d’odio contro gay, lesbiche e trans, proprio mentre in città la destra neofascista moltiplica le aggressioni squadriste contro gay e trans.

Il pretesto è il caso di Bibbiano, giacché le deportazioni di minori dalle loro famiglie sarebbero avvenute, secondo le «Sentinelle» dell’integralismo cattofascista, «per diffondere l’ideologia LGBT che in questa inchiesta ha mostrato il suo vero volto, quello violento e dispotico di chi è disposto a tutto per ottenere i propri scopi».

A noi pare che il caso di Bibbiano non consista propriamente nei presunti abusi sessuali, ma nel fatto che un sistema ipersecuritario di tutela dell’infanzia, considerato da tutti un modello per decenni, abbia prodotto ingiustizia, violenza e dolore come accade in tutti i sistemi securitari.

Oggi un’incredibile quantità di violenza di Stato si scarica su chi è socialmente più debole e i fascisti e i perbenisti sono spesso in prima fila a divulgare fandonie o urlare minacce e insulti.

Fra chi è socialmente debole vi sono anche i bambini di Bibbiano, figli di gente povera deportati in istituti e «famiglie affidatarie» solo per «sicurezza» e affari. E non è tanto diverso da altre deportazioni, in cui il PD e le destre si sono distinti da 20 anni a questa parte…

Oggi bambini e ragazzi stanno pagando un prezzo molto alto per quest’età spietata di autoritarismo, di «sicurezza», di paura, di deportazioni, di misoginia, di razzismo, di omofobia, di «Prima gli italiani» a cui anche le «Sentinelle» hanno contribuito in questi anni.

Riteniamo strumentale e gravemente diffamatoria la manifestazione delle «Sentinelle in piedi» e consideriamo inaccettabile che il dolore di bambini e famiglie venga sfruttato per una miserabile propaganda politica collaterale alle aggressioni omofobe di questi giorni.

Riteniamo inoltre inaccettabile che la Questura di Bologna, autorizzando questa manifestazione diffamatoria nei confronti del mondo LGBTQ, continui a contrapporsi al sentire diffuso di questa città: una città che rifiuta l’omofobia, il sessismo, il razzismo, l’antisemitismo, l’integralismo e l’islamofobia.

Invitiamo tutte e tutti alla vigilanza, alla resistenza e alla creatività antiautoritaria.

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[BO] Assolto l’antifascista mandato a processo da Ilaria Giorgetti

Dopo sei udienze, alla fine è stato assolto il nostro compagno mandato a processo da Ilaria Giorgetti per aver definito «fascisti squallidi e improbabili» l’ex presidente del Quartiere Santo Stefano e il suo vice Mario De Dominicis.

Un tentativo di criminalizzare la critica e il dissenso che costituisce un’ulteriore dimostrazione dell’atteggiamento prepotente e autoritario di Ilaria Giorgetti, rappresentata dall’avvocato Marco Lisei già noto come amministratore «a sua insaputa» del sito facebook «Al diavolo i centri sociali!», pieno di insulti razzisti e omofobi, di minacce squadriste, di entusiasmi per i successi elettorali della destra neofascista…

Più dettagli su Zic.

Ma se in questo caso il tentativo di criminalizzare il dissenso non ha funzionato, non si ferma però la persecuzione di antifascisti e anarchici da parte della destra autoritaria che è ora al governo. Fino al sequestro e alla deportazione di Divine con un decreto di espulsione ad personam firmato direttamente dal ministro Salvini e ora bloccato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo…

Più dettagli su Zic.

Ora e sempre resistenza!

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[BO] ven 2 ago h.8.30: Str-agi / naufr-agi di Stato: Piazza Fontana, Bologna 1980, Mar Mediterraneo…

PIAZZA FONTANA – BOLOGNA 1980 – MAR MEDITERRANEO
STR-AGI / NAUFR-AGI DI STATO

Ieri le bombe, oggi i porti chiusi: vecchie strategie per una nuova tensione.

Il 12 dicembre 1969 Piazza Fontana (17 morti) aprì la stagione della “strategia della tensione” che proseguì fino alla strage di Natale del Rapido 904 (1984 – 17 morti), passando per piazza della Loggia a Brescia (1974 – 8 morti), l’Italicus (1974 – 12 morti) e la Stazione di Bologna il 2 agosto 1980 con gli 85 morti che ricordiamo oggi.

I depistatori di questa strategia erano i servizi segreti, le forze politiche di governo, la P2 e alti ufficiali dell’esercito; gli esecutori erano manovalanza reclutata tra le formazioni neofasciste di Ordine Nero, Ordine Nuovo e dei NAR. Mandante era lo Stato.

Uno scopo della strategia era diffondere tra la popolazione uno stato di tensione e di paura per creare le condizioni psicologiche, sociali e politiche perché fosse auspicabile e giustificabile una politica repressiva che facesse quadrato attorno alle istituzioni “democratiche” messe in discussione dalle bombe. Strumento criminale dell’ideologia stragista sono stati i depistaggi che, attraverso un costante sforzo di occultamento della verità, hanno indirizzato, e continuano a indirizzare, le indagini verso inverosimili colpevoli.

La strategia della tensione è pratica di governo e di controllo sociale ricorrente nei periodi di crisi: le bombe di oggi sono i naufragi nel Mar Mediterraneo, “l’emergenza” da contrastare è “l’invasione” di migranti “nullafacenti e delinquenti”, il rischio che corriamo è la “sostituzione etnica”, i soggetti da criminalizzare sono tutti coloro che attuano accoglienza e protezione… La paura è servita, la strategia per alimentarla anche: fake news, blitz, allarmi creati ad hoc, provvedimenti attuati con il falso scopo di risolvere i problemi del nostro paese sottraendo diritti a rifugiati e richiedenti asilo, nel perverso meccanismo di renderli più fragili, più esposti, più soli, più “pericolosi”…e ricominciare, fomentando paura e odio razzista che legittimino politiche repressive e alimentino campagne elettorali.

Ciò che dovremmo realmente temere è l’autoritarismo liberticida che oggi muove le leve del governo: lo slogan “prima gli italiani” e il consenso ottenuto sulla guerra alle persone migranti celano la volontà di azzerare, attraverso la repressione, il conflitto e l’opposizione sociale e le forme in cui si esprimono. Una vera e propria strategia di disorientamento con cui vengono tolte risorse (scuola, sanità, politiche occupazionali, ecc..), non per “colpa” di chi migra, ma di un governo incapace di una visione sociale.

Nera era ieri la strategia della tensione, nera è oggi.

Matteo Salvini, “utile idiota” per attuare questa nuova strategia, è uomo di estrema destra, nutrito di retorica e di odio razzista e di frequentazioni nell’entourage postnazista, da Franco Freda noto esponente del gruppo eversivo Ordine Nuovo, al suo discepolo Maurizio Murelli, 18 anni di galera alle spalle, fondatore di Orion mensile della destra radicale, a Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, a Roberto Fiore, tra i fondatori di Terza Posizione, persona informata sui fatti della strage di Bologna, che in tribunale, sentito come testimone, non sa dire altro che “non so” e “non ricordo”, ma appare loquace e indisturbato a ogni campagna elettorale di Forza Nuova nelle piazze della città.

Ci troveremo alle ore 8.30 in Piazza Nettuno dietro lo striscione “Str-agi / naufr-agi di Stato”.

NESSUNA MEMORIA CONDIVISA OGGI COME ALLORA!
NESSUNO SPAZIO AI FASCISTI!
ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Nodo sociale antifascista – Bologna

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Quegli antisemiti di Forza Nuova…

Dopo la maglietta «Auschwitzland» esibita a Predappio dalla neonazista Selene Ticchi e giustificata come «humor nero» alla faccia di sei milioni di ebrei assassinati dal Nazismo, Forza Nuova aveva ipocritamente espulso dal «partito» la protagonista di quell’odioso episodio di antisemitismo.

Ma il lupo perde il pelo, ma non il vizio. E adesso sul facebook di Forza Nuova Bologna i neonazisti si strizzano l’occhio con apologie di Hitler (qui detto «il baffetto») e di Codreanu…

È questa gente che Questura e polizia hanno difeso il 20 maggio scorso con una carica ingiustificata, lunga, violenta, in una via stretta e senza vie di fuga, gremita di persone tanto che la compressione della gente era stata davvero pericolosa e aveva messo a rischio l’incolumità dei manifestanti.

E chi, dopo quella carica brutale, ha chiesto ai poliziotti «Voi da che parte state?», prima è stata sbattuta a terra e ora deve subire un «procedimento disciplinare» per aver manifestato la propria contrarietà al neonazismo.

Nessun «procedimento disciplinare», invece, viene mai avviato per il sadismo della polizia o per le istigazioni alla violenza e all’odio razzista di politici e professori

Ora e sempre resistenza!

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Ma in Perù lo stato ha paura anche dei morti?

In quest’età in cui si manipola incessantemente il passato, ogni traccia di conflitto deve essere cancellata…

MA IN PERÙ LO STATO HA PAURA ANCHE DEI MORTI?
di Gianni Sartori

Il 6 luglio diversi esponenti di Afadevig (Associazione delle famiglie dei prigionieri politici scomparsi e delle vittime del genocidio) si sono riuniti per una manifestazione davanti alla Corte costituzionale di Arequipa per denunciare l’incostituzionalità della legge n° 30868. Con questa legge si è arrivati a modificare – perfino – il regolamento su funerali e cimiteri. Non solo. Applicandola in maniera retroattiva le autorità peruviane hanno potuto far riesumare i resti dei maoisti uccisi da polizia e militari nel corso dei massacri del 1986.

Un breve ripasso. Il 19 luglio 1986 nelle prigioni di El Fronton, Lurigancho e Callao scoppiava la rivolta dei militanti comunisti del PCP-SL (Sendero luminoso) qui rinchiusi. Interveniva l’esercito massacrando circa 250 prigionieri. Alcuni familiari avevano voluto onorarli costruendo il piccolo mausoleo di Comas che inizialmente conservava sette corpi. In seguito ne vennero qui raccolti una cinquantina. Nel corso degli anni a Comas si erano svolte alcune iniziative in memoria dei prigionieri uccisi, con un corteo che attraversando le strade della città approdava al mausoleo. Forse proprio per questo, per impedire altre manifestazioni pubbliche, nel 2018 il Congresso aveva votato una legge (91 voti a favore, uno contrario, nove astensioni) che ne consentiva la distruzione in quanto “apologia di terrorismo”. Cosa poi avvenuta nel gennaio di quest’anno, nonostante le proteste dei familiari.

Dopo averli dissepolti, le autorità hanno predisposto – almeno ufficialmente – una nuova sepoltura dei cadaveri in diverse località, ma tutte sconosciute. Senza che i parenti possano ora rendere visita alla tomba dei loro cari.

Gianni Sartori

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