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2 Agosto 2021

Anche quest’anno siamo tornate al fianco dei familiari delle vittime del 2 agosto consapevoli che lo stato prosegue nelle sue politiche di terrore.

Per questo abbiamo abbandonato la piazza dopo il minuto di silenzio e continueremo a ribadire che la presenza di esponenti del governo in questa giornata è completamente fuori luogo. Non c’è soluzione di continuità fra i governi che hanno coperto e organizzato la strategia della tensione per fermare le lotte operaie studentesche e quelli odierni.

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Noi sappiamo chi è STATO, Noi non dimentichiamo

Concentramento ore 9.00, Piazza del Nettuno

Ricorre l’anniversario della strage alla stazione di Bologna e come negli ultimi 40 anni saremo in piazza, accanto all’associazione dei familiari delle vittime ma distinti e distanti dalle istituzioni che a vari livelli portano la corresponsabilità di quella strage come delle innumerevoli stragi che hanno martoriato l’Italia.

Le più anziane fra noi erano già in piazza la sera del 2 agosto 1980, alcune impegnate nei soccorsi e a chi parlava di incidente, di scoppi accidentali, ribattevamo che dell’ennesima strage si trattava e che le responsabilità andavano cercate all’interno degli apparati statali.
Anche il lento incedere delle inchieste giudiziarie e dei vari processi che si sono susseguiti (non solo concernenti la strage alla stazione di Bologna) stanno facendo emergere stralci di ricostruzioni storico-giudiziarie che confermano quello che abbiamo sempre affermato con forza: fascisti prezzolati istigati, coordinati, finanziati, coperti da gangli tutti interni alle istituzioni statali. Alti funzionari civili e militari, lobbisti di ogni risma, personaggi “influenti” della politica e dell’economia erano tutti collegati nel miasma che voleva reprimere ogni istanza di libertà e di autodeterminazione per mezzo del terrore, quando la “normale” repressione non fosse bastata.

Continueremo a gridare che la strage è di stato, che le bombe nelle stazioni le mettono i fascisti ma le pagano i padroni, che l’antifascismo è nostro e non lo deleghiamo.
Non si tratta di condannare un generico terrorismo ma di individuare con chiarezza le politiche liberticide ed antisociali che il potere politico-giuridico-militare continua a perpetrare. Il nostro antifascismo non è rituale. Oggi più che mai individua il nemico non solo nei nostalgici in orbace ma in tutte quelle manifestazioni che tendono a reprimere il diritto inalienabile alla libertà. Libertà a tutto tondo che non può essere conculcata in base a criteri emergenziali e deve essere esercitata in prima persona
da tutte noi.
La strategia neoliberale e autoritaria dello Stato si è composta di stragismo, di morti in mare (abbiamo parlato negli anni scorsi di Str-agi/Naufr-agi di Stato), e nell’ultimo anno pandemico ha visto Confindustria – che allora pagava i fascisti per distruggere i picchetti operai – intervenire e influenzare le decisioni su ogni aspetto della politica sanitaria, dall’apertura delle fabbriche durante il lockdown alle pressioni per lo sblocco dei licenziamenti, dalla copertura delle morti sul lavoro alla polarizzazione del dibattito sull’obbligo vaccinale creata allo scopo sempre di arricchire la classe dirigente, protetti dal paravento di una presunta difesa della salute quando al contrario nulla di serio è stato fatto per potenziare il sistema sanitario pubblico. Stessi attori di allora, stesse pratiche criminali e liberticide.

Non possiamo poi non ricordare che quello stesso Stato si è reso responsabile delle stragi nelle carceri a seguito delle rivolte scoppiate ad inizio pandemia per la mancanza di quella stessa sicurezza sanitario di cui le istituzioni si riempiono la bocca, nonché dei pestaggi e delle torture documentate nei giorni successivi, tristemente una pratica costante nel sistema carcerario. E le istituzioni chiamate a parlare saranno rappresentate proprio dalla Ministra della Giustizia Cartabia, che pur dovendo timidamente prendere posizione dopo i video sui selvaggi pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nulla ha detto dei 12 morti, di cui 9 nel carcere di Modena.

Infine non possiamo non ricordare che quelle stesse istituzioni che, mentre piangono lacrime di coccodrillo, si rifiutano di desecretare i documenti relativi alle stragi fasciste, sono le stesse che perseverano nel perseguire i processi di lotta di quegli anni – nei mesi passati la richiesta di estradizione degli esuli francesi o le condizioni inumane a cui sono sottoposti tuttora i prigionieri politici lo stanno a dimostrare, in quella che non si può definire altro che vendetta di stato.

Continueremo quindi ad affermare che la presenza di esponenti del governo in questa giornata è completamente fuori luogo. Non c’è soluzione di continuità fra i governi che hanno coperto e organizzato la strategia della tensione per fermare le lotte operaie studentesche degli anni ‘60 e quelli odierni.

Da piazza Fontana, a Brescia, passando per l’Italicus, a Bologna, al rapido 904 a San Benedetto val di Sambro, dalla Uno Bianca alla Falange Armata, dal Fronte Nazionale ai NAR, a Forza Nuova, a Casa Pound:

Noi non dimentichiamo.
Noi sappiamo chi è STATO.

Ora e sempre resistenza.

Realtà Antifasciste Bolognesi

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La loro sicurezza non è che fascismo

Diapositiva di un tipico militante della legaApprendiamo dai media mainstream della morte di “Youns El Bossettaoui, 40 anni di origini marocchine”, ucciso da un colpo della pistola di Massimo Adriatici assessore alla sicurezza del comune di Voghera, avvocato ed ex funzionario di polizia, da ottobre del 2020 militante della Lega.

Adriatici dal momento della sua nomina ad assessore è stato autore di svariate ordinanze antidegrado e si è più volte pronunciato a favore di una più ampia interpretazione del concetto di legittima difesa.

Le speculazioni sulla intenzionalità di questo gesto ci interessano ben poco. Siamo certə che l’assessore pensasse di brandire un mazzo di fiori.

La realtà è che episodi di questo genere nascono nel contesto della guerra culturale che i neofascisti portano avanti in questo paese siano essi mascherati da naziskin, nogender o vichinghi dagli elmi cornuti.
Queste persone propagandano incessantemente odio e paura nei confronti del diverso. Quel che è successo a Voghera altro non è che uno dei frutti del loro lavoro.

Ora più che mai è fondamentale mantenere attiva la vigilanza e il contrasto nei confronti di questo genere di immondizia.

Noi siamo amanti della pulizia e ci faremo trovare ai nostri posti.

Eja eja alla larga!

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Patrioti a Bologna? Alla larga!

Sabato 1 maggio, ci giunge notizia, alle ore 15, in P.zza della Pace avrà luogo un raduno dei soliti disgustosi personaggi, questa volta sotto l’insegna del “patriottismo”.

La patria è un concetto per cui milioni di persone sono state sacrificate nel corso della storia a beneficio delle classi dominanti. È significativo che questi soggetti vi facciano riferimento.

Bologna eroica città della resistenza non può accettare che le venga fatto un tale sfregio, tanto più il 1 maggio, giornata internazionale di lotta per le lavoratrici e i lavoratori.

Invitiamo tutte e tutti a partecipare alle iniziative di mobilitazione messe in campo il Primo Maggio

Patrioti? Eja eja, alla larga!

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25 aprile, contro tutti i fascismi ora come sempre!

«Solo sconfiggendo l’individualismo e l’egoismo in ciascuno di noi si può fare la differenza. Sono tempi difficili lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza. Mai!»
Lorenzo Orsetti – Orso Tekoşer

Scarpe rotte eppur bisogna andar

Il 76° anniversario della liberazione dal nazifascismo si presenta con alle
spalle oltre un anno di pandemia globale gestita in maniera fallimentare sia dal punto di vista sanitario che sociale. Il covid-19 ha rivelato la debolezza di un sistema liberista sempre più antisociale, a partire dalla privatizzazione della sanità che non è in grado di rispondere alle necessità popolari, ed è fondamentale individuare le responsabilità politiche precise di chi ci ha portato in questa situazione.

In nome dell’emergenza si calpestano i diritti dei/lle più deboli e si prospetta una situazione sempre più desolante in materia di occupazione, casa, reddito, diritti democratici e autodeterminazione.

Non siamo tuttə sulla stessa barca. Lo dice il numero delle donne licenziate, lo dice la situazione disumana e di abbandono in cui sono costrette le persone migranti nei centri di accoglienza che di accogliente hanno solo il nome, lo dice il sovraffollamento delle carceri, lo dice chi non si può permettere una sanità privata.
La retorica sulla quarantena felice ha fatto pena da subito lasciando il posto a persone con reddito dimezzato o annullato, aumento della violenza domestica a discapito delle donne, aumento delle difficoltà per chi lavora in nero o con contratti con poche garanzie. Il tutto ahinoi aumentando una guerra tra poveri di cui si nutrono consapevolmente le istituzioni e i padroni.

La retorica del destino comune si contrappone alla necessità di rispondere a quella che sembra essere l’approfondirsi di una guerra di classe dall’alto per l’affermazione delle logiche di mercato in ogni ambito delle nostre vite. Un sempre più pervicace autoritarismo si esercita in virtù di un emergenzialismo che permette per via amministrativa di conculcare libertà fondamentali.
Che cosa fare in questa situazione? Di fronte all’impossibilità delle consuete mobilitazioni potevamo stare in un angolo a lagnarci e invece abbiamo riscoperto come ancora una volta il mutuo appoggio sia una forma attiva di conflitto e resistenza.

In questo anno abbiamo visto nascere progetti dal basso di autorganizzazione e solidarietà, che hanno saputo mettere in campo dinamiche di mutuo soccorso e pratiche di resistenza alla crisi sociale.
Sicuramente non sufficienti, ma che dimostrano come l’autogestione e l’esistenza di spazi e collettivi siano punti di riferimento fondamentali per rompere il meccanismo della solitudine e fondamentali per chi viene lasciat* indietro.

Il governo nazionale guidato da Draghi ha il sostegno di tutto l’arco parlamentare, in continuità con le politiche di distruzione dei diritti civili, sociali e sindacali che sono il patrimonio delle lotte delle classi popolari.

Il 25 aprile non è solo un fatto cerimoniale o commemorativo ma è il giorno in cui quelle lotte fatte di antifascismo antirazzismo e femminismo tornano a imporsi nello spazio pubblico per dire che un altro mondo è possibile, un mondo senza sfruttatə e senza sfruttatori.

È per noi infatti centrale che questa giornata non guardi solo al passato, ma soprattutto al futuro: un futuro che sembra sempre più oppressivo e distopico, se non ci adoperiamo sin da oggi per rompere questo presente attraverso la lotta e l’opposizione a coloro che ci governano.

A partire dalla richiesta di copertura vaccinale per tutte e tutti, senza subire i ricatti degli interessi privati, che lapolitica tutta antepone alla salute benessere pubblico, dal pretendere la sicurezza sui posti di lavoro, uniche attività ancora permesse, la sicurezza nelle strutture scolastiche, il diritto alla socialità, ma soprattutto rivendicando il diritto a mobilitarsi contro la drammatica crisi che avanza.

Per questo chiamiamo un concentramento domenica 25 aprile, alle ore 10, IN PIAZZA DELL’UNITA’ a cui seguirà un corteo.

Se unione deve essere, che sia di interessi popolari e, per dare un senso alle parole, ora e sempre resistenza!

Realtà Antifasciste Bolognesi.

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Revisionisti e fascisti? Fuori da Bologna!

Ci giunge voce di questa iniziativa sulla strage del 2 Agosto

Abbiamo già denunciato numerose volte i tentativi di depistaggio messi in campo da fascisti e revisionisti.

Ora, giovedì 17 settembre alle ore 21, presso la Sala dell’Angelo, un gruppo di estremisti di destra vorrebbe tenere un’iniziativa per negare la matrice neofascista della Strage di Bologna.

Negare la matrice neofascista della strage è solo un modo per rivendicare la loro violenza e poterla riproporre in futuro.

Non abbiamo bisogno di verità alternative.

L’unica verità è che la strage è fascista!

 

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[BO] Sappiamo chi è STATO: domenica 2 agosto tutte e tutti in P.zza Nettuno alle ore 9.15

2 agosto 1980
Strage fascista – Strage di Stato

Nel 40° anniversario della strage del 2 agosto 1980, utilizzando le disposizioni anti-covid, le commemorazioni ufficiali chiudono alla possibilità della cittadinanza di partecipare in modo attivo e fattivo al ricordo ed alla costernazione per l’efferato delitto.

Ma noi non ci stiamo. Saremo in piazza per partire in corteo verso Piazzale Medaglie d’Oro.

La sera del 2 agosto 1980 Piazza Maggiore era gremita e a chi paventava l’incidente (una bombola di gas) la piazza rispose unanime: la strage è fascista, la strage è di stato.

Da 39 anni la cittadinanza bolognese e molte e molti che vengono anche da altre città, hanno percorso le vie di Bologna per non dimenticare, per chiedere verità, perché lo Stato apra i suoi archivi e permetta un accertamento giudiziario che da un punto di vista storico è ormai inoppugnabile.

Le disposizioni anti-covid non fermano invece la manifestazione negazionista/fascista che è prevista in piazza Carducci il 2 agosto alle 18. Una provocazione che va fermata ad ogni costo.

Le sottoscritte realtà metropolitane: collettivi, spazi, sindacati, associazioni, partiti, invitano la cittadinanza tutta a ritrovarsi in Piazza Nettuno alle 9,15 per poi partire in corteo verso la stazione di Bologna.

Noi non dimentichiamo. Noi sappiamo chi è STATO.

Ora e sempre resistenza.

Assemblea anarchiche e anarchici imolesi
Associazione Bianca Guidetti Serra
Associazione Primo Moroni
Circolo Anarchico Camillo Berneri
Coordinamento Antifascista Murri
Laboratorio Smaschieramenti
Noi Restiamo
Potere al Popolo Bologna e provincia
Pratello R’esisite
Sindacato Generale di Base
Sindacato Cobas Lavoro Privato

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Un altro prigioniero politico curdo impiccato in Iran

Oggi l’Iran detiene il primato mondiale per numero di prigionieri politici in rapporto alla popolazione ed è capillare la repressione di ogni dissenso politico, culturale, religioso o esistenziale: giornalisti, artisti, scienziati, studenti, insegnanti, femministe, attivisti per i diritti dei bambini, ambientalisti, attivisti per i diritti umani, minoranze religiose ed etniche, atei, persone LGBTQ…

UN ALTRO PRIGIONIERO POLITICO CURDO IMPICCATO DA TEHERAN
di Gianni Sartori

Ci risiamo. Pur sotto il tiro perenne della Casa Bianca, il regime iraniano non trova niente di meglio che intensificare la repressione. Sui curdi del Rojhilat (Kurdistan dell’Est, territori curdi sotto amministrazione-occupazione iraniana) in particolare.

Un altro militante curdo, Hedayat Abdollahpour, è stato impiccato e la famiglia – tenuta all’oscuro e a cui non era stata nemmeno concessa l’ultima visita – lo ha saputo soltanto 20 giorni dopo (il 10 giugno). Inoltre, come avviene regolarmente, il corpo non è stato restituito ai parenti ma sepolto in un luogo segreto.

Quanto alla richiesta di informazioni avanzata dei familiari, per ora le autorità iraniane non l’hanno nemmeno presa in considerazione.

Hedayat Abdollahpour era stato arrestato nel giugno 2016 con altri sei curdi nei pressi di Oshnavieh (Azerbaidjan occidentale). Tutti loro erano accusati di aver fornito cibo e riparo a esponenti del PDKI (Partito democratico del Kurdistan d’Iran). Stando alle accuse mosse in tribunale, si sarebbe trattato di guerriglieri che poco prima si erano scontrati con alcuni Guardiani della rivoluzione, il braccio armato del regime.

Una prima condanna nei confronti di Hedayat (finora, a quanto è dato di sapere, l’unico condannato a morte tra i sette arrestati) era stata annullata dalla Corte suprema e rinviata al Tribunale rivoluzionario islamico di Oroumihe per essere riesaminata. Nuovamente condannato a morte, la sentenza veniva definitivamente confermata anche dalla Corte suprema.

Come in Bakur (territori curdi sotto amministrazione-occupazione turca) anche nel Rojhilat la popolazione curda subisce discriminazioni e repressione. Vive in condizioni di povertà (in buona parte dovute alla politica di Teheran nei confronti di questi territori) e viene penalizzata in ogni modo. Quello di non restituire i cadaveri dei giustiziati e di inumarli in località sconosciute è solo un esempio. Un inasprimento brutale, un ulteriore carico di sofferenza per i familiari.

Negli ultimi mesi nei territori curdi posti entro i confini iraniani si è registrato un incremento delle esecuzioni capitali. Per Hedayat Abdollahpour la cosa è stata ancora più grave in quanto l’impiccagione di un prigioniero il cui caso è ancora sottoposto alla Commissione di amnistia e di grazia risulterebbe illegale (stando alla legislazione iraniana). Non mancano tuttavia i precedenti. Nel settembre 2018 nella prigione di Rajai Chahrun veniva ugualmente impiccato un altro detenuto curdo, Ramin Hossein Panahi. E anche il suo caso avrebbe dovuto venir prima esaminato dalla Commissione di amnistia e di grazia.

Gianni Sartori

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[Vicenza] Attacco incendiario alla sede del Caracol Olol Jackson e manifestazione antifascista giovedì 18 giugno

Riceviamo e condividiamo la notizia di un attentato neofascista a Vicenza. Giovedì 18 giugno si terrà una manifestazione a Vicenza per protestare contro l’abolizione della cosiddetta “clausola antifascista” per la concessione di spazi pubblici e per denunciare la vicinanza della giunta a esponenti del neofascismo vicentino.

VICENZA: ATTACCO INCENDIARIO FASCISTA ALLA SEDE DI CARACOL OLOL JACKSON E DI ADL COBAS

È successo stanotte, è stata attaccata la realtà che maggiormente in questo momento a Vicenza rappresenta e pratica i valori della solidarietà e della giustizia sociale, una realtà che incarna l’antifascismo dalla A alla Z.

Durante il lockdown, nei festeggiamenti del 25 aprile, era stato attaccato uno striscione al primo piano del Caracol Olol Jackson e della sede sindacale di Adl Cobas con su scritto “Ieri partigiani, oggi antifascisti”.

Questa notte, ignoti lo hanno bruciato, tentando poi di dare fuoco alla pensilina di ingresso e facendo altri danni alla struttura, lasciando infine una croce celtica incisa sul portone di ingresso. Abbandonata sulla strada un’artigianale bottiglia incendiaria con un adesivo di stampo fascista con scritto “boia chi molla”.

A due giorni dalla cancellazione della clausola antifascista proposta da Silvio Giovine e approvata dal consiglio comunale, probabilmente qualcuno ora si è sentito più legittimato ad attaccare una sede sindacale e la sede del Banco aiuti alimentari di mutuo soccorso e della scuola popolare del Caracol Olol Jackson.

Se pensate di intimidirci, avete perso il vostro tempo, la sede sindacale ha già riaperto, il banco aiuti alimentari continua le sue attività quotidiane di consegna di spese alle famiglie in difficoltà e giovedì 18 giugno saremo in Piazza Castello alla manifestazione antifascista, perché “l’antifascismo è una responsabilità morale”, come ci dicono dalle piazze “Black Lives Matter” di questi giorni negli Stati Uniti.

Caracol Olol Jackson

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Scioperi della fame di Grup Yorum

Continuano e si inaspriscono gli orrori repressivi dello Stato turco contro ogni forma di dissenso. Riceviamo e condividiamo un intervento di Gianni Sartori.

SCIOPERI DELLA FAME DI GRUP YORUM
di Gianni Sartori

Premessa a carattere personale, quasi intima.

La morte di Helin Bolek (curda, cantante della band Grup Yorum) mi aveva lasciato… come dire? attonito, tetanizzato…

Al punto che avevo deciso di non scriverne più. Perlomeno di scioperi della fame fino alla morte. Troppi ricordi, troppe analogie. Non solo con quelli irlandesi del 1981. Anche con altri scioperi in Turchia, quelli del1996 (12 vittime) e poi del 2000 e oltre. Con oltre un centinaio di vittime tra prigionieri e familiari.

Poi è morto anche Mustafa Koçak e questa ennesima tragedia annunciata aveva rinforzato la mia decisione.

Ma solo in un primo momento. Quasi inconsapevolmente, poi ho cambiato idea.

Al momento di scrivere non è dato di sapere se Ibrahim Gökçek (39 anni, bassista di Grup Yorum, in sciopero della fame dal 17 maggio 2019) sia ancora in vita. In ogni caso le sue condizioni rimangono disperate e personalmente non mi faccio illusioni sulle conclusioni.

Ricapitoliamo.

Helin Bolek è morta il 3 aprile dopo 288 giorni di sciopero della fame (trasformato da gennaio in death fast) nella sua abitazione nel quartiere Sariyer.

Era stata arrestata l’anno scorso insieme a Ibrahim Gokcek durante una perquisizione domiciliare nel Centro culturale Idil a Istanbul. Entrambi venivano accusati di far parte del Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (DHKP-C), organizzazione di sinistra illegale. Rilasciata nel novembre 2019 aveva proseguito nella sua azione di protesta contro la repressione nella “Casa della Resistenza”. Continued…

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